Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37726 del 30/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 37726 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARBERO ALBERTO N. IL 24/03/1960
avverso l’ordinanza n. 46/2012 TRIB. LIBERTA’ di CUNEO, del
25/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;
„letté/sentite le conclusioni del PG Dott.

04, -42 Amilb

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 30/04/2013

Con ordinanza in data 25.7.12 il Tribunale di Cuneo rigettava l’istanza di riesame che
la difesa di BARBERO Alberto e MANTOVANI Franca aveva formulato avverso i
decreti emessi dal GIP del Tribunale di Alba che disponevano il sequestro preventivo
di due immobili,essendo i predetti indagati per delitti di cui agli artt.110 CP-219-216
co.1,n.2-216,in rel.all’art.223 co.I eh I n.i della legge fallimentare,in riferimento agli
artt.262 1-false comunicazioni sociali-e 2634 C.Civ. —infedeltà patrimonialeIl Tribunale evidenziava che il provvedimento cautelare era stato emesso sulla base di
quanto illustrato nella relazione formulata dal curatore fallimentare della società
ZETAPASTA s.r.1.(dichiarata fallita in data 22.7.2010),rilevando che il complesso
immobiliare ubicato in località Guarene(che comprendeva fabbricati e terreni) era
stato oggetto di trasferimento dalla Albadoro S.p.a. alla FINBAR GROUP.srl.,nel
febbraio 2005 al prezzo di €1.500.000, e che nell’ aprile 2005 la stessa società
alienante aveva stipulato un contratto di locazione con la Finbar per il medesimo
immobile.
La società Albadoro (poi denominata ZETAPASTA)aveva all’epoca maturato delle
perdite (€9.788.258)che erano state risolte con una delibera che aveva ridotto il
capitale,ripartito tra BARBERO GROUP.al 99%,e FINBAR GROUP all’1%Erano stati rilevati per la società fallita artifici contabili per operazioni inesistenti
attribuite alla BARBERO GROUP.,che aveva tratto vantaggio dalla stipula di un
contratto preliminare di compravendita di altro immobile,sito in Peschiera
Borromeo,oggetto di cessione dalla società DRAY PASTA srl.,che aveva
compensato un debito che aveva verso la società R.Pasta srl. (dichiarata fallita)Inoltre era stato stipulato contratto di affitto di tale cespite,come descritto dal
Tribunale a f1.5.
In merito a tali risultanze era stato ipotizzato dal PM. a carico degli indagati il reato
di bancarotta fraudolenta,rilevando il pericolo di reiterazione di analoghe
condotte,onde aveva chiesto al GIP di emettere i decreti di sequestro preventivo.
Il Tribunale del riesame aveva ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione del
sequestro preventivo,in virtù delle indagini eseguite dalla Guardia di finanza e degli
accertamenti eseguiti dal curatore fallimentare,evidenziando che,quanto all’immobile
sito in Peschiera Borromeo,ceduto alla società DRAY PASTA non risultava
corrisposto il prezzo pattuito in euro 3.500.000;per l’immobile sito in Guarene,
ceduto dalla società fallita alla FINBAR,per euro1.500.0001a società Albadoro aveva
dichiarato di aver ricevuto il prezzo,e successivamente aveva preso in locazione lo
stesso cespite dalla acquirente al canone annuo di euro240.000,oltre IVA ritenuto
eccessivo rispetto ai prezzi di mercato.
Tali operazioni si ritenevano idonee ad arrecare pregiudizio per la società fallita —
Avverso l’ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore di BARBERO
Alberto,legale rappresentante della “FINBAR GROUP srl.”,indagato nel
procedimento di cui si tratta,deducendo:

RITENUTO IN FATTO

Evidenziava a sostegno del gravame che il GIP aveva adottato il provvedimento
cautelare a seguito del fallimento di due società-ossia la ZETAPASTA e la RPASTA,che erano state dichiarate fallite dal Tribunale di Alba con sentenza del
22.07.2010 e del 15.11.2010-e che la misura cautelare riguardava immobili che erano
di proprietà della FINBAR s.r.1.,che li aveva acquistati e pagati alle società fallite ,nel
2005-e 2006—
In tal senso il ricorrente rilevava che l’alienazione era avvenuta sette anni prima del
fallimento,onde riteneva insussistenti le esigenze cautelari legittimanti la misura
cautelare, e rilevava l’erronea motivazione dell’ordinanza emessa dal Tribunale del
riesame circa i presupposti del sequestro preventivo adottato nei confronti di beni di
un terzo.
2-In secondo luogo deduceva che la motivazione dell’ordinanza doveva ritenersi
meramente apparente,non essendo specificata dal Tribunale la relazione tra i beni
oggetto di sequestro e l’attività illecita ipotizzata nei confronti del BarberoPertanto il difensore rilevava che in sostanza il provvedimento impugnato era diretto
a tutelare il patrimonio della società fallita,e in tal senso non ricorrevano le
condizioni di applicazione del sequestro preventivo.

RILEVA IN DIRITTO
Il ricorso è privo di fondamento.
Invero il Tribunale del riesame ha adeguatamente illustrato a sostegno della decisione
i presupposti di legge che consentono l’applicazione della misura cautelare del
sequestro preventivo,come previsto dall’art.321 CPP.
A riguardo va precisato che secondo i principi sanciti da questa
Corte(Sez.III,1/7/1992,Chiodega ed altri)in tema di sequestro preventivo ,oggetto di
riesame da parte del Tribunale e di verifica da parte del giudice di legittimitàè la
sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’art.321 CPP e tra questi del fumus del
reato,senza alcuna possibilità di apprezzamento in ordine alla insussistenza del reato
stesso.
Inoltre,versandosi in tema di bancarotta fraudolenta,secondo la giurisprudenza di
questa Corte può farsi luogo al sequestro preventivo anche nell’ipotesi in cui la
distrazione dei beni sia già stata consumata(Cass.sez.V,e.12.2001,n.44818-RV
220817-)Premesso che la difesa non pone in discussione l’esistenza di un quadro indiziario
concernente la fattispecie di bancarotta fraudolenta,nella specie,devono ritenersi prive
di fondamento le deduzioni della difesa che evidenziano come i beni sottoposti al
vincolo cautelare fossero usciti dal patrimonio delle società dichiarate fallite fin dal
2005.

1 ;ai sensi dell’art.606 comma 1 lett.B) CPP. la violazione dell’art.325 CPPper
erronea applicazione della misura in riferimento ai presupposti di cui all’art.321 CPP.

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processualiRoma,deciso in data 30 aprile 2013Il Consigliere relatore

Tale circostanza deve infatti ritenersi ininfluente nella specie,avendo il Tribunale
delineato,con puntuali riferimenti agli esiti delle indagini eseguite a cura della
guardia di Finanza e dal curatore fallimentare,i trasferimenti avvenuti con modalità
che consentivano il depauperamento effettivo del patrimonio dell’impresa fallita.
Risulta pertanto correttamente verificata l’esistenza del fumus delicti.
D’altra parte ricorre chiaramente,alla stregua di quanto specificato dal Tribunale il
rapporto di pertinenzialità dei cespiti sottoposti alla misura cautelare ed il reato
ipotizzato,atteso che dal testo del provvedimento si desume,sia pure implicitamente,i1
legame funzionale e non occasionale tra i beni e le attività distrattive(va annoverata
sul concetto di cosa pertinente al reato sentenza di questa Corte-Sez.VI,del
18/6/1998,n.469-RV 211131-)
Devono infine ritenersi inammissibili le censure inerenti ai vizi della
motivazione,secondo giurisprudenza delle Sezioni Unite(v.sentenza del 13-22004,n.5876 )Per tali motivi deve essere pronunziato il rigetto del ricorso,non essendo configurabili
le dedotte violazioni di legge.
A tale pronunzia consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali-

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