Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37724 del 19/06/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37724 Anno 2018
Presidente: TRONCI ANDREA
Relatore: CRISCUOLO ANNA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COZZOLINO ALFONSO nato a CERCOLA il 13/10/1976

avverso la sentenza del 01/06/2017 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO;

Data Udienza: 19/06/2018

Motivi della decisione

Ne chiede l’annullamento per violazione dell’art. 368 cod. pen. e vizio di motivazione in
ordine all’elemento psicologico della calunnia in danno di Longobardi Leonella, accusata
falsamente di truffa ai danni dello Stato. Deduce che nella sentenza impugnata si afferma che la
Longobardi effettivamente svolgeva attività lavorativa, ma non percepiva alcuna pensione di
invalidità, essendo affetta da patologia diversa da quella indicata per la quale era riconosciuta
una invalidità inferiore al 74%, cosicché la calunnia consisterebbe nella falsa indicazione della
percentuale di invalidità e il dolo nella consapevolezza della falsità delle circostanze descritte
nelle missive. Si evidenzia che il ricorrente non poteva effettuare preventive verifiche sulle
circostanze indicate nelle missive, in quanto non avrebbe potuto acquisire dall’INPS notizie
riservate sulla salute della donna e sulla pensione erogata: pertanto, tale impossibilità invalida la
valutazione effettuata in sentenza sul dolo; peraltro, l’effettiva presenza di una patologia
invalidante consente di ravvisare l’errata percezione e valutazione della situazione di fatto da
parte del ricorrente; anche gli altri elementi di fatto indicati nella missiva sono risultati
corrispondenti al vero così dimostrando l’inconsapevolezza del ricorrente della innocenza degli
incolpati. La sentenza è quindi, carente, illogica e contraddittoria perché finisce per imporre
all’imputato un onere dimostrativo liberatorio inesigibile.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, in quanto il ricorrente
ripropone l’identica censura formulata in appello e disattesa con motivazione esaustiva e corretta.
I giudici di appello hanno dato atto che il ricorrente aveva spedito ben sei missive di
identico contenuto, indirizzate, tra gli altri, alla Procura della Repubblica e alla Procura Militare,
nelle quali accusava la Longobardi in concorso con il coniuge, comandante della stazione CC di
Roma Cavalleggeri, di truffa ai danni dello stato in quanto, pur essendo affetta da malattia
invalidante e percependo una pensione di invalidità, svolgeva attività lavorativa, ma ciò non
rispondeva al vero in quanto la donna non percepiva la pensione.
Contrariamente all’assunto del ricorrente, i giudici hanno ritenuto sussistente il dolo di
calunnia non solo per la non rispondenza al vero del fatto più rilevante, integrante il reato di
truffa ai danni dello stato denunciato, affermato in termini perentori come vero, senza alcuna
verifica, ma soprattutto, per le maliziose modalità della denuncia, coinvolgente anche il marito
della donna, comandante di una stazione di CC, nonché utilizzando la falsa firma di altro
carabiniere in servizio presso detta stazione e prospettando, oltre alla complicità del coniuge
della donna, persino l’inerzia dei superiori, consapevoli della truffa perpetrata: elementi questi
del tutto trascurati nel ricorso, ma coerentemente valorizzati dai giudici di appello e convergenti
sulla sussistenza del dolo della calunnia.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende, equitativamente determinata in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2018
. .,

DEF-‘ —

i

Il difensore di Cozzolino Alfonso ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di Roma, in riforma della sentenza emessa 1’11 aprile 2014 dal
Tribunale di Roma, ha qualificato il reato contestato al capo B) ai sensi dell’art. 697 cod. pen. e
ha dichiarato non doversi procedere in ordine a tale reato perché estinto per prescrizione e ha
rideterminato la pena in anni 1 e mesi 4 di reclusione per il restante reato di calunnia.

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