Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37721 del 19/06/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37721 Anno 2018
Presidente: TRONCI ANDREA
Relatore: CRISCUOLO ANNA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
KHAREBAVA DOMENTI nato il 08/01/1974

avverso la sentenza del 24/01/2017 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO;

Data Udienza: 19/06/2018

Il difensore di Kharebava Domenti ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza emessa il 28 febbraio
2012 dal Tribunale di Foggia, che aveva dichiarato l’imputato colpevole del reato di evasione e,
riconosciute le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena sospesa di mesi 6 di
reclusione.
Ne chiede l’annullamento per :1) erronea applicazione dell’art. 143 cod. proc. pen. e
violazione del diritto di difesa, in quanto all’imputato alloglotta non è stato tradotto né il decreto
di citazione a giudizio né l’avviso della facoltà di richiedere il giudizio abbreviato né la citazione
in appello e la relativa sentenza, con violazione del diritto di difesa e dell’obbligo di traduzione
degli atti, negata con motivazione apodittica; 2) mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. e
mancanza di motivazione sul punto, pur potendo l’imputato beneficiare della causa di non
punibilità indicata; 3) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla pena non
individuata nel minimo edittale previsto all’epoca per il reato di evasione.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, in quanto il ricorrente
ripropone censure già formulate in appello, disattese dai giudici di appello con motivazione
lineare ed esaustiva con la quale il ricorrente non si confronta.
I giudici di appello hanno respinto l’eccezione difensiva relativa alla mancata traduzione
degli atti processuali per insussistenza del presupposto richiesto, atteso che dagli atti ed in
particolare dalla nota del 2 luglio 2009 redatta dall’operante risultava che all’atto della esecuzione
dell’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari il ricorrente, preso atto dell’indisponibilità dei
familiari ad accoglierlo presso la loro abitazione, aveva dichiarato di voler scontare la misura in
altro luogo, precisamente indicato, ove risiedevano la moglie ed il figlio (v. pag. 2 della sentenza
impugnata): da tale circostanza è stata correttamente desunta la pacifica conoscenza della lingua
italiana da parte dell’imputato, che peraltro, non aveva eccepito alcunché nel giudizio di primo
grado.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo, proposto solo in sede di ricorso e non
dedotto in appello con conseguente insussistenza del dedotto vizio di motivazione, non essendo
censurabile l’omessa risposta ad un motivo non dedotto.
Inammissibile per genericità è l’ultimo motivo, avendo la Corte di appello ritenuto
adeguata la pena determinata dal Tribunale in relazione alla durata della condotta, in tal modo
adempiendo all’onere di motivazione sul punto né potendo censurarsi la determinazione della
pena, rimessa alla discrezionalità del giudice, che non risulti arbitraria, come nella fattispecie.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende, equitativamente determinata in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2018

Motivi della decisione

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