Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37711 del 31/05/2013
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37711 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: VESSICHELLI MARIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
CALTANISSETTA
nei confronti di:
PISANO SANTO N. IL 21/11/1972
avverso la sentenza n. 29/2007 GIUDICE DI PACE di PIAZZA
ARMERINA, del 18/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. )1
che ha concluso per ,9{. eu,Lakau.„1..0.g C a<
- auf2 Udito, per la parte civile, l'Avv
Uditi difensor Avv. Ce4,046--) ----- Data Udienza: 31/05/2013 -. FATTO E DIRITTO Propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale di Caltanissetta avverso la sentenza del Giudice di
pace di Piazza Armerina in data 18 maggio 2012 con la quale Pisano Santo è stato assolto, perché il fatto
non sussiste, dai reati di lesioni personali volontarie e minacce in danno dello zio Pisana Filippo, contestati
come commessi 1'11 settembre 2006, nonché lo stesso imputato è stato dichiarato non punibile in ordine
al reato di ingiuria in danno della stessa parte offesa, per la reciprocità delle offese. della persona offesa sia in violazione di legge che con motivazione contraddittoria.
Sotto il primo profilo il Procuratore generale denuncia l'erronea applicazione dell'articolo 192 cpp, essendo
stata, dal giudice, ritenuta non rispettata la regola del riscontro delle dichiarazioni accusatorie della
persona offesa, in realtà non prevista dal codice di diritto.
Sotto il secondo profilo il Procuratore impugnante ha evidenziato come, comunque, i riscontri fossero stati
materialmente acquisiti e consistessero nella documentazione sanitaria attestante le lesioni di cui
all'imputazione nonché nelle dichiarazioni del teste Pisana Biagio.
Il ricorso è fondato nei limiti che si indicheranno.
Il Procuratore Generale denuncia il vizio della motivazione e la violazione dell'art. 192 cpp, con riferimento
ai dati obiettivi costituiti dalla certificazione medica attestante l'asportazione del dito della mano e
l'abrasione del gomito della P.O.,nonché dalle dichiarazioni del teste Pisana Biagio che avrebbe confermato
il racconto della persona offesa su tutti e tre i reati.
Si tratta di elementi che, nella prospettazione dell'impugnante, dovrebbero valere a dimostrare la
sussistenza dei reati di lesioni volontarie alla mano della PO, ed anche le condotte materiali di minacce e
ingiuria.
Sotto quest'ultimo profilo, però, la impugnazione è generica, quanto alla motivazione del giudice del merito
che ha riconosciuto la consumazione della condotta integrante ingiuria, da parte dell'imputato, ma la ha
ritenuta non punibile per la reciprocità delle offese: circostanza ignorata dall'impugnante. Dunque, con
riferimento alla imputazione del delitto di ingiuria, il motivo di ricorso è infondato.
Per quanto concerne il delitto di minacce, il ricorso è ugualmente privo di fondamento ed al limite della
inammissibilità, perché finisce per proporre una alternativa ricostruzione del fatto, dal momento che
censura una motivazione completa, nella quale il Giudice di pace ha sostenuto di non credere alla persona
offesa posto che nessuno dei testi presenti o intervenuti subito dopo i fatti — compreso Pisana Biagio- aveva
confermato in dibattimento di avere udito proferire le minacce.
Per quanto, invece, concerne il reato di lesioni volontarie, il vizio della motivazione è invece apprezzabile,
posto che il Giudice di pace ha affermato che il taglio del dito alla mano della P.O. sarebbe stato cagionato
— secondo le dichiarazioni della medesima vittima- dal maldestro uso del coltello che essa aveva estratto
per difendersi dall'aggressione dell'imputato: una simile ricostruzione dei fatti, ad opera del giudice del
merito, è però manifestamente illogica perché finisce per concludere per la estraneità, dal punto di vista
causale, della condotta dell'imputato rispetto alla determinazione delle lesioni della P.O., pur muovendo
dalla premessa che una aggressione ad opera dell'imputato ci fu , in danno dello zio, e che l'imputazionefondata evidentemente sulle dichiarazioni della P.O.- conteneva la contestazione di un comportamento del
nipote, connotato da pugni, in esito al quale si era sviluppata la fase più propriamente lesiva in danno della
PO. Deduce l'impugnante il vizio della motivazione, consistito nell'avere, il giudice, svalutato le dichiarazioni • Una simile ricostruzione presenta, invero, una grave lacuna ricostruttiva che è quella che si compendia nella
affermazione, sia pure implicita ma comunque assertiva, della assenza di un nesso di causalità fra il
comportamento aggressivo dell'imputato, la caduta in terra della PO e le lesioni che la stessa ha riportato
alla mano, sia pure per effetto di un coltello che essa stessa impugnava: l'uso di un'arma, cioè, tale da avere
comportato il risultato lesivo, in esito ad una dinamica che non è stata analizzata nei dettagli, e che ben
potrebbe avere visto la complessiva condotta aggressiva dell'imputato, comprendere l'impiego, in senso
offensivo, del coltello originariamente impugnato dalla PO.
Si impone, dunque, l'annullamento della sentenza limitatamente alla imputazione di lesioni volontarie,
affinchè il giudice del rinvio colmi la lacuna argomentativa rilevata, libero nella decisione finale, senza però PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di lesioni personali volontarie con rinvio al
Giudice di pace di Piazza Armerina per nuovo esame sul punto.Rigetta nel resto il ricorso.
1 ma gio
nte 2013 ripetere il percorso motivazionale qui censurato.