Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3770 del 19/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3770 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELLOPEDE CIRO N. IL 04/02/1973
DELLE DONNE ANTONIO N. IL 16/02/1981
GRIMALDI PASQUALE N. IL 17/03/1978
SCOGNAMIGLIO ROSARIO N. IL 16/03/1971
SORRENTINO ALFONSO N. IL 05/08/1976
avverso la sentenza n. 10941/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
02/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Fpucti
Udito il Procuratore Ge erale in persona del Dotl.Ae
che ha concluso per
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Udito, per la parte ci e, l’Avv
Uditi difensor

Data Udienza: 19/06/2014

Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 2.7.2013 la Corte di appello di Napoli confermava quella in data
14.6.2012 del G.i.p. del Tribunale di Napoli che aveva condannato per il delitto di cui all’art.
416 bis c.p. (fino a 3.7.2006), tra gli altri, previa concessione delle attenuanti generiche
con criterio di equivalenza, Grimaldi Pasquale alla pena di anni quattro e mesi otto di
reclusione e Scognamillo Rosario a quella di anni sei di reclusione; nonché (senza
attenuanti generiche) Delle Donne Antonio, Bellopede Ciro e Sorrentino Alfonso per il delitto
di cui all’art. 74 dPR 309/1990 (fino a maggio 2006), alla pena di anni sei e mesi otto di

Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione tutti i predetti con atto personalmente
sottoscritto Grimaldi Pasquale, Scognamillo Rosario, Delle Donne Antonio e Sorrentino
Alfonso e, tramite i rispettivi difensori di fiducia, il medesimo Sorrentino e Bellopede Ciro.
Grimaldi Pasquale, Scognamillo Rosario e Sorrentino Alfonso, con distinti ma analoghi atti,
deducono il vizio motivazionale in relazione alle ritenute responsabilità in ordine ai reati
rispettivamente loro ascritti, contestando la valutazione degli elementi probatori raccolti e,
in subordine, si dolgono dell’entità della pena inflitta e del diniego delle attenuanti
generiche.
Delle Donne Antonio deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale contestando
l’integrazione nei suoi confronti degli estremi della fattispecie criminosa contestata e la
ricorrenza di elementi probatori idonei a supportarla.
Nell’interesse di Sorrentino Alfonso, il difensore rappresenta la violazione di legge ed il vizio
motivazionale in ordine al riconoscimento della qualifica di partecipe all’associazione di cui
all’art. 74 dPr 309/1990, ammesso che ne fosse stata provata l’esistenza secondo i dettami
della giurisprudenza di legittimità.
Nell’interesse di Bellopede Ciro i si deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in
ordine sia all’integrazione del reato associativo sia alla partecipazione al sodalizio,
contestando la sussistenza degli elementi probatori a sostegno e le argomentazioni rese al
riguardo dalla sentenza impugnata. Si rappresenta, altresì, il vizio motivazionale in ordine
al diniego delle attenuanti generiche.
Considerato in diritto
Tutti i ricorsi sono infondati e vanno respinti.
La motivazione della sentenza impugnata, per quel che concerne la valutazione del
materiale probatorio posto a base dei rispettivi verdetti di colpevolezza, si appalesa del
tutto congrua ed esente da vizi logici o giuridici rispondendo adeguatamente, per giunta
con integrale richiamo alle conversazioni intercettate fi maggior rilievo, alle analoghe
censure mosse con gli atti di appello, sicché le censure risultano anche aspecifiche.
Peraltro, i ricorrenti pretendono, con le loro censure di merito, di introdurre quello che,
secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, esule dai suoi poteri e cioè la
“rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è
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reclusione ciascuno oltre alle pene accessorie di legge.

riservato in via esclusiva al giudice di merito (Sez. Un. n. 6402/97, imp. Dessimone ed altri,
Rv. 207944). I motivi mirano, cioè, ad una improponibile rivalutazione della prova e si
risolvono in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente
giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza ad ogni
sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Anche la concessione o meno delle attenuanti generiche (peraltro già concesse a Grimaldi
Pasquale e Scognamillo Rosario con criterio di equivalenza) è un giudizio di fatto lasciato
alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, tanto che “ai fini della

prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene
prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un
solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità
di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso” (Cass. pen. Sez. II, n. 3609 del
18.1.2011, Rv. 249163): sul punto la Corte ha congruamente e correttamente motivato.
Del resto, è stato anche affermato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133
c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o
ragionamento illogico (Cass. pen. sez. III, 16.6.2004 n. 26908 Rv. 229298): evenienza,
questa, che, nel caso di specie, è da escludere per via della congrua motivazione addotta
per ciascuno degli imputati.
Del pari, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con la
enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati
nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: tale
valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica esposizione
dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez. II, del 19.3.2008
n. 12749 Rv. 239754 ) e sul punto la valutazione di congruità della pena inflitta dal giudice
di prime cure effettuata dalla Corte territoriale appare esauriente e corretta.
Consegue il rigetto dei ricorsi e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19.6.2014

concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a

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