Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3770 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3770 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCREMIN GIANFRANCO LORIS N. IL 21/11/1961
avverso l’ordinanza n. 179/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
18/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. O I c_
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Uditi difensor Avv.;

A

Data Udienza: 03/10/2013

1. Avverso l’ordinanza della Corte di appello di Venezia, in
funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 18 ottobre
2012, veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della
disciplina di favore di cui all’art. 671 co. 1 c.p.p. in relazione a tre
sentenze di condanna pronunciate, rispettivamente, dal GUP di
Trieste, a seguito di patteggiamento della pena, il 15.1.2009, dalla
Corte distrettuale veneziana il 7.3.2011 e dal Tribunale di Padova il
26.5.2008 in relazione a condotte riconducibili sempre al reato di
furto di macchine operatrici già unite, nell’ambito delle singole
pronunce, per gruppi di episodi, propone ricorso per cassazione
Scremin Gianfranco Loris, denunciando violazione degli artt. 671
c.p.p. ed 81 c.p. ed illogicità della motivazione impugnata.
Lamenta, in particolare, il ricorrente che il giudice del merito, del
tutto irritualmente rispetto ai più recenti e consolidati indirizzi
interpretativi del giudice di legittimità, ha considerato idonea ad
integrare vera e tipica cesura di ogni unitaria progettualità criminale
la sentenza di applicazione della pena a richiesta delle parti
pronunciata dal GUP del Tribunale di Trieste il 15.1.2009; che non
aveva il G.E. opportunamente valutato la identità dei reati, la
medesimezza del modus operandi e la vicinanza temporale delle
condotte, circostanze queste tutte significative dei requisiti richiesti
dalla norma di riferimento (l’art. 81 c.p.); che già i giudici della
cognizione ordinaria avevano riconosciuto il vincolo della
continuazione in relazione agli episodi sottoposti al loro giudizio.
2. Il P.G. in sede depositava requisitoria scritta concludendo per la
inammissibilità del ricorso.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1 Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata
giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. I, 12.05.2006, n. 35797)
secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria
ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti
alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee,
situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel
tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una
determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività
delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità
(cfr., per tutte, Cass., Sez. 2^, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1^,
15.11.2000/31.1.2001, Barresi).
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La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più
benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a
delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un
singolo impulso, anzicchè di spinte criminose indipendenti e
reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del
soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori
significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale
sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la
giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri,
l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto
intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di
vita), hanno normalmente un carattere sintomatico, e non
direttamente dimostrativo ed il loro l’accertamento, pur officioso e
non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di
effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a
semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento, infine, è
rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile
in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia
sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e
travisamento dei fatti.
3.2 Tanto premesso sul piano dei principi, non può non convenirsi
con la conclusione che la Corte di merito abbia fatto di essi
puntuale applicazione, con provvedimento articolato logicamente,
di guisa che, oltre lo stesso, rimane il giudizio di merito,
abbondantemente invocato col ricorso in esame, il quale, anche per
tale ragione, non può trovare ingresso.
Il giudice a quo infatti ha ben distinto la nozione di unità del
disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p.,
dalla generica inclinazione a commettere reati a ciò indotti da
occasionalità ovvero da una vera e propria scelta di vita, così come
oggettivamente appare nel caso di specie e come accreditato del
tutto logicamente dal giudicante in considerazione della reiterata e
sistematica consumazione di una identica condotta delittuosa (il
furto di macchine operatrici) protrattasi nel tempo con scadenze
temporali ravvicinate.
4. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi
dell’art. 616 c.p.p. e di una somma in favore della Cassa delle
ammende, somma che si stima equo fissare in euro 1000,00.
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P. Q. M.

la Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00
alla Cassa delle ammende
In Roma, addì 3 ottobre 2013

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