Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37678 del 18/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37678 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ELIA GIAMBATTISTA N. IL 24.12.1964
avverso la sentenza n. 1265/2011 CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA del 13.04.2012

dato avviso alle parti
Sentita la relazione fatta dal Cons. dott. GEPPINO RAGO

Data Udienza: 18/06/2013

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1. Con sentenza in data 13/04/2012, la Corte di Appello di Bologna
confermava la sentenza pronunciata in data 17/02/2011 con la quale il
Tribunale della medesima città, all’esito del giudizio abbreviato, aveva
ritenuto ELIA Giambattista responsabile dei reati di cui agli artt. 110,
648 c.p. (capo sub A) artt. 61 n. 2, 110, 477, 482 c.p. (capo sub B),

pena di anni uno, mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed C 800,00 di
multa.

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo
ILLOGICA MOTIVAZIONE

OMESSA ED

per avere la Corte territoriale:

ritenuto sussistente il reato sub capo A) o comunque per aver

qualificato il fatto come ricettazione invece che incauto acquisto;

pronunciato condanna per i reati sub capi B) e C) in assenza di

prove;

escluso l’applicazione delle circostanze attenuanti;

comminato una pena eccessiva.

3.

Il ricorso è manifestamente infondato, avendo la Corte

territoriale affrontato specificamente, e con motivazione ampia e logica,
ciascuna delle doglianze sollevate nell’atto di appello.

4. La Corte territoriale ha desunto la piena consapevolezza, da
parte dell’imputato, della provenienza illecita dei venti assegni in
discussione dalle seguenti circostanze: a) elevato importo di ciascuno (C
44.500); b) apertura di un conto corrente finalizzato all’incasso dei
suddetti titoli mediante un documento di identità intestato a terzi e
riportante la propria fotografie; c) rilascio di indicazione di società
inesistenti; d) intercettazione delle comunicazioni telefoniche indirizzate
ad una filiale e deviazione delle stesse per fornire assicurazioni sulla
genuinità dei titoli.
Si tratta di motivazione, logica, congrua ed adeguata rispetto agli
evidenziati elementi fattuali, sicchè, la censura dedotta in questa sede

1

artt. 61 n. 2, 110, 617 bis c.p. (capo sub C), e lo aveva condannato alla

dal ricorrente, va ritenuta nulla più che un modo di riproporre, in modo
surrettizio, la medesima censura di merito disattesa ampiamente dalla
Corte territoriale: il che comporta l’inammissibilità della doglianza.

5. I motivi relativi ai capi sub B) e C) – nei termini in cui sono stati

addotta dalla Corte territoriale, la quale, contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente, ha evidenziato un univoco ed oggettivo quadro
probatorio a carico dell’imputato sul quale il medesimo tace
completamente, limitandosi a dolersi genericamente di una pretesa
mancanza di elementi a suo carico che avrebbe dovuto indurre la Corte
ad assolverlo e, quindi, con argomenti che non hanno alcun attinenza
rispetto alla motivazione.

6. Quanto all’invocata applicazione delle attenuanti generiche, il
rigetto dell’istanza difensiva appare congruamente e logicamente
motivata, e perciò incensurabile nella presente sede di legittimità, in
considerazione dei precedenti penali dell’imputato, «inserito da anni in
ambienti devianti di rilevante pericolosità sociale», circostanza di per sé
sufficiente a giustificare la decisione di merito.

7. Infine, la censura riguardante l’eccessività della pena – sotto il
profilo della manifesta grossolanità della falsificazione dei titoli e
dell’insussistenza dell’aggravante del nesso teleologico – è stata
ugualmente oggetto di impugnazione in appello, e già in quella sede il
giudice, con motivazione congrua ed adeguata, ha escluso sia la
grossolanità della falsificazione, che la dedotta insussistenza del nesso
teleologico: anche la suddetta censura, essendo meramente reiterativa,
è, quindi, inammissibile.

8. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende

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dedotti – risultano generici ed aspecifici rispetto alla motivazione

di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00.

P.Q.M.
DICHIARA

CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Roma 18/06/2013

inammissibile il ricorso e

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