Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37652 del 30/05/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37652 Anno 2018
Presidente: CAPOZZI ANGELO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE ROSA MICHELE nato a MADDALONI il 27/10/1988

avverso la sentenza del 25/09/2017 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere ERSILIA CALVANESE;

Data Udienza: 30/05/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

La CORTE APPELLO di TORINO, con sentenza in data 25/09/2017,

confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal
TRIBUNALE di ALESSANDRIA, in data 19/09/2016, nei confronti di DE ROSA
MICHELE in relazione al reato di cui all’art. 337 cod. pen. ed altro.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i motivi, di seguito
enunciati nei limiti di cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.: violazione di

mancato riconoscimento della continuazione, trattandosi di reati, quelli già
giudicati con sentenza del 2013, commessi in continuità temporale e con le
medesime modalità di quelli oggetto del procedimento ultimo, caratterizzati
inoltre dallo stato di tossicodipendenza dell’imputato.

2. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente reitera le medesime argomentazioni versate nell’appello e non
si confrontandosi con le ragioni della sentenza impugnata.
Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri
della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (per tutte, tra le tante, Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015,
Musso, Rv. 265482).
I motivi proposti tendono, appunto, in definitiva ad ottenere una
inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da
quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da manifesti
vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, quanto alla
necessità che al momento della commissione del primo reato i successivi fossero
stati programmati almeno nelle loro linee essenziali.

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della
somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

legge (art. 671 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione con riferimento al

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 30/05/2018.

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