Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37634 del 30/05/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37634 Anno 2018
Presidente: CAPOZZI ANGELO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PAPAGNI PASQUALE nato a CERIGNOLA il 31/12/1978

avverso la sentenza del 25/09/2017 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere ERSILIA CALVANESE;

Data Udienza: 30/05/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

La CORTE APPELLO di BARI, con sentenza in data 25/09/2017,

parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di FOGGIA, in
data 03/05/2013, nei confronti di PAPAGNI PASQUALE confermava la condanna
in relazione al reato di cui all’art. 337 cod. pen.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i motivi, di seguito
enunciati nei limiti di cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.: violazione di

riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente sia
per la mancata eliminazione della recidiva, motivati in modo non adeguato,
apparente e illogico (la Corte di appello conveniva di partire dal minimo edittale).

2. Il ricorso è inammissibile.
Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri
della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (per tutte, tra le tante, Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015,
Musso, Rv. 265482).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile
valutazione dei punti sottoposti a gravame mediante criteri diversi da quelli
adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da manifesti vizi
logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La mancata esclusione della recidiva è infatti sostenuta da una motivazione
tutt’altro che apparente e illogica al pari del giudizio di bilanciamento delle
circostanze. Né vi sono contraddizioni tra queste valutazioni e la dosimetria della
pena, posto che i criteri giustificativi sono stati diversi.

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della
somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

2

legge e vizio di motivazione con riferimento alla pena irrogata, sia per il mancato

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 30/05/2018.

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