Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37632 del 18/06/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37632 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA
Data Udienza: 18/06/2013
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GEGA PASHK N. IL 04/08/1991
avverso la sentenza n. 10466/2012 TRIBUNALE di MILANO, del
21/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;
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R.G. 46696/2012
Considerato che:
Gega Pashk ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Milano del
94/9/2012, con la quale, sull’accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è
stata applicata nei suoi confronti la pena di mesi nove di reclusione ed C 900,00
di multa per i reati di cui agli artt. a) 110, 624 bis 625 nn. 2 e 5 cod. pen. b) 648
cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b)
motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. ed agli artt. 648 e 624 bis
cod. pen.
Quanto al primo motivo, deve rilevarsi che nel ricorso per cassazione
avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti non
è ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si
versi in ipotesi di pena illegale, ipotesi non ricorrente nel caso di specie. Difatti
la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra
parte integrano un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato
con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito, così
rinunciando a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in
sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della
pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti
processuali sono addivenute (Sez. 3 n. 18735 del 27/3/2001, Ciliberti, Rv.
219852). Nel caso di specie, poi, per determinare il reato più grave si è fatto
riferimento alla pena determinata in concreto tenendo conto del giudizio di
equivalenza delle aggravanti con le attenuanti e quindi della pena base del reato
di cui all’art. 624 bis cod. pen., che è inferiore rispetto a quella del reato di cui
all’art. 648 cod. pen.
Con riferimento poi al secondo motivo rileva il Collegio che <