Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37628 del 23/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37628 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ricci Duilio, nato a Roma il 12-05-1974
avverso la sentenza del 26-09-2013 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Paolo Canevelli che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avvocato Angela Porcelli che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 23/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Duilio Ricci ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza
emessa dal tribunale della medesima città, a seguito di giudizio abbreviato, ha
rideterminato, assorbita la condotta di cui ai capo b) nel reato di cui al capo a) e
quindi esclusa la continuazione, la pena nei confronti del ricorrente in anni due e
mesi otto di reclusione ed euro 12.000,00 di multa, confermando nel resto

Al ricorrente si addebitava (capo a) il reato previsto dall’articolo 73, comma
1 bis lettera a), d.p.r. 9 ottobre 1990, numero 309 perché illecitamente
deteneva a fini di spaccio a terzi sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso
lordo totale di grammi 28, rinvenuta frazionata in vari involucri all’interno della
abitazione sita in via Lussimpiccolo nonché del reato (capo b) previsto
dall’articolo 73, comma 1 bis, d.p.r. 309 del 1990 perché illecitamente cedeva a
Fabrizio Di Fazio sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso lordo di circa 5
grammi. Entrambi i fatti commessi in Roma il 28 dicembre 2012.

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza Duilio Ricci solleva, a mezzo
del difensore, tre motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att.
cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce difetto di motivazione per
travisamento delle emergenze processuali, erroneamente ricostruite e poste a
presupposto del giudizio di colpevolezza (art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc.
pen.).
Assume il ricorrente come i giudici del merito abbiano apoditticamente
ritenuto che la sostanza stupefacente rinvenuta indosso a Fabrizio Di Fazio fosse
appartenuta al Ricci e da quest’ultimo ceduta al Di Fazio stesso, come da costui
dichiarato, avendogli attribuito immotivatamente affidabilità quanto alle
dichiarazioni rese, con la conseguenza che anche le successive argomentazioni
sarebbero destituite di logica in quanto il fatto che il ricorrente fosse stato visto
uscire dallo stabile non avrebbe alcun rilievo indiziante, atteso che in tale luogo è
sita l’abitazione del Ricci.
Quanto poi alla sostanza stupefacente rinvenuta presso il domiciliothadre,
Di Piazza, incongruo sarebbe addebitarne la detenzione al ricorrente giacché
questi pacificamente non abitava presso la madre.
2.2. Con il secondo motivo di gravame lamenta violazione di legge in
relazione agli articoli 63 e 210 codice di procedura penale (art. 606, comma 1,
lett. c) cod. proc. pen.).

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l’impugnata sentenza.

Sostiene il ricorrente che la Corte di appello, a fronte delle articolate censure
circa l’inutilizzabilità delle dichiarazioni del Di Fazio, si è limitata ad affermare
che il dichiarante è indagato in altro procedimento non affrontando la questione
eccepita della corretta applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 63 codice
di procedura penale posto che a carico del Di Fazio dovevano ritenersi sussistenti
indizi di reità.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge in
relazione all’articolo 240 codice penale (art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc.

disposizione ivi richiamata giustificando la confisca in base al fatto di ritenere sic
et simpliciter non convincente la versione addotta dal ricorrente in ordine alla
lecita provenienza delle somme in sequestro, con ciò invertendo
inammissibilmente l’onere della prova.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. È risultato che, nel pomeriggio del 28 dicembre 2012, la polizia giudiziaria
vide uscire dal civico n. 35 di via Lussimpiccolo un individuo che venne
sottoposto a controllo; in quel frangente uscì dal medesimo civico anche
l’imputato.
L’individuo, identificato in Fabrizio Di Fazio, venne perquisito e trovato in
possesso di circa 5 g di cocaina; nell’occasione il predetto riferì agli operanti di
avere acquistato la droga in un appartamento ubicato al quarto piano di quello
stabile da un certo Duilio, del quale forniva due utenze telefoniche e una
sommaria descrizione, aggiungendo che il soggetto in questione si identificava
con una delle due persone fermate subito dopo dagli stessi operanti.
Il Ricci, sottoposto poco dopo a controllo, venne trovato in possesso della
somma di C 665 mentre, a seguito di perquisizione domiciliare nell’abitazione di
sua madre, Francesca Di Piazza (sita all’interno 1 di via Lussimpiccolo ),vennero
sequestrati 28 g di cocaina (suddivisa in alcuni involucri), 80 bustine in nylon, un
rotolo di buste in nylon e C 5935 in contanti, conservati in quattro posti diversi.
Due degli involucri rinvenuti in tale abitazione erano simili a quello trovato in
possesso del Di Fazio. La consulenza espletata sulle sostanze stupefacenti aveva
accertato trattarsi di un quantitativo di cocaina dal quale erano
complessivamente ricavabili circa 111 dosi. L’imputato, pur avendo la residenza
anagrafica altrove (via Albona, 36), aveva effettivamente la disponibilità di un
appartamento sito al 4 0 piano, interno 8, dell’edificio di via Lussimpiccolo (dove,
su esplicita richiesta, aveva condotto gli operanti) e, in sede di interrogatorio,

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pen.) sul rilievo che la sentenza impugnata non ha applicato correttamente la

aveva indicato come sue due utenze telefoniche, una delle quali corrispondeva
ad una di quelle fornite dal Di Fazio.

3. Alla stregua di tale ricostruzione, neppure contestata nella sua storicità
dal ricorrente, possono essere esaminati congiuntamente i primi due motivi di
gravame, essendo tra loro strettamente connessi.
Partendo, nell’ordine logico, dalla valutazione delle dichiarazioni rese dal Di
Fazio, il rilievo del ricorrente circa la loro inutilizzabilità non è fondato.

informazioni testimoniali e in quel frangente egli rese dichiarazioni accusatorie
nei riguardi del suo fornitore, del quale aveva indicato le caratteristiche
somatiche, il nome di battesimo (Duilio), le utenze cellulari (il cui numero di una
di esse è stato convalidato dalle dichiarazioni rese dallo stesso imputato) ed il
luogo di consegna (4 0 piano) specificando altresì che il predetto si identificava
con uno di quei soggetti fermati dopo di lui dai carabinieri.
Dalla integrale lettura del verbale di dichiarazioni e dalla informativa di
polizia giudiziaria (atti utilizzabili essendo stato il processo definito con il rito
abbreviato), i giudici del merito hanno rilevato che, in considerazione del tenore
delle sue dichiarazioni (“io non ho mai fatto uso di cocaina. Quello che prendo da
loro la dò a Marco Fitti/la, non sono sicuro che il cognome sia giusto, mio ex
collega, il quale mi dà dei soldi, a volte C 50, a volte di meno. Poi io non so
quello che lui fa con la cocaina”), il Di Fazio è stato denunciato a piede libero per
il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, tant’è che ai
sensi dell’articolo 63 codice di procedura penale, il suo verbale è stato interrotto,
essendo successivamente emersi indizi di reità a suo carico.
Al momento del controllo del dichiarante, la polizia giudiziaria non aveva
dunque elementi per escludere la detenzione per uso personale della sostanza
stupefacente (5 g di cocaina) in possesso del Di Fazio e, di conseguenza, costui
è stato legittimamente sentito a sommarie informazioni testimoniali perché
riferisse le circostanze in base alle quali si era procurato la detenzione della
sostanza stupefacente.
Va ricordato che, secondo l’insegnamento tratto dalle Sezioni Unite Morea,
l’acquirente, come nella specie, di modiche quantità di sostanza stupefacente,
nei cui confronti non siano emersi elementi indizianti di uso non personale, deve
essere sentito come persona informata dei fatti, con conseguente utilizzabilità
delle dichiarazioni rese in tale veste (Sez. U, n. 21832 del 22/02/2007, Morea,
Rv. 236370).
Perciò, non essendo state le dichiarazioni rese da soggetto il quale fin
dall’inizio doveva essere sentito in qualità di imputato o di persona sottoposta a
indagini, circostanza che postula che a carico dell’interessato siano già acquisiti,
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Il Di Fazio fu, subito dopo il controllo, escusso immediatamente a sommarie

prima dell’escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti
dall’autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od
intuizioni personali dell’interrogante (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv.
243417), non è predicabile l’inutilizzabilità assoluta di esse, ai sensi dell’art. 63,
comma 2, cod. proc. pen., con la conseguenza che, mentre quelle aventi
carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contra se (art. 63, comma 1 ultima
parte, cod. proc. pe .), le altre sono invece pienamente utilizzabili contra alios, né
se ne può eccepire l’inutilizzabilità “erga omnes” sulla base del fatto che le stesse

garanzie previste per la persona sottoposta ad indagini (Sez. 3, n. 15476 del
24/02/2004, Mesanovic, Rv. 228546).
Ne deriva che correttamente i giudici del merito hanno affermato la penale
responsabilità del ricorrente posto che le dichiarazioni del Di Fazio avevano
ricevuto anche conferme esterne (corrispondenza dell’utenza telefonica,
ubicazione dell’appartamento del venditore, affermazione della Di Piazza, nel
corso della perquisizione, che droga e denaro erano del figlio, corrispondenza di
due involucri rinvenuti un sede di perquisizione con quelli detenuti dal Di Fazio)
sicché le censure sollevate con il primo motivo appaiono prive di qualsiasi
fondamento, oltre a caratterizzarsi per la loro natura fattuale e perciò
incompatibili con la struttura del giudizio di legittimità.

3. E’ infondato anche il terzo motivo.
La Corte d’appello ha ritenuto, quanto la confisca del denaro sequestrato,
che la documentazione prodotta dalla difesa non fosse tale da dimostrarne la
legittima provenienza, laddove il contestuale rinvenimento di un ingente somma
in contanti collocata in più posti 9 ..stesso appartamento, ove era custodita la
droga, lasciava chiaramente intendere che essa costituisse il provento del reato.
Peraltro, il primo giudice, al quale la Corte distrettuale ha rinviato, ha osservato
come il ricorrente percepisse una retribuzione oscillante tra i 900 e i 1200 euro al
mese, palesemente incompatibile con seimila euro in contanti dei quali aveva
immediata disponibilità, evidenziando la palese illogicità di talune asserzioni
difensive circa il mancato vincolo pertinenziale tra droga e denaro.
I Giudici di merito hanno quindi fornito piena ed ampia dimostrazione circa
l’esistenza del nesso pertinenziale tra il denaro ed il reato, avendone affermato
la sussistenza con una motivazione adeguata e priva di vizi logici.
Va infatti ricordato che, a norma del primo comma dell’art. 240 cod. pen.,
sono suscettibili di confisca facoltativa le cose che abbiano una speciale qualità (i
cd. mezzi di esecuzione del reato ossia le cose servite o destinate a commettere
il reato e quelle che costituiscono il prodotto o il profitto del reato).

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provengono da un soggetto indagato in reato connesso, non ascoltato con le

Deve cioè trattarsi di cose che siano direttamente riferibili al fatto di reato,
potendo essere oggetto di confisca solo quelle che siano eziologicamente
collegate, in maniera diretta ed essenziale, con il reato commesso.
Non vi è dunque stato alcun inversione dell’onere della prova in quanto i
Giudici del merito hanno affermato in positivo l’esistenza di un nesso
pertinenziale tra reato e somme di denaro in sequestro, mentre hanno ritenuto
inattendibili e implausibili le giustificazioni addotte dal ricorrente come fatto
impedititvo o estintivo di un fatto costitutivo già dimostrato.

processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 23/04/2015

Al rigetto del ricorso, segue la condanna al pagamento delle spese

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