Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37628 del 18/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37628 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE MARCO SANDRO N. IL 12/02/1971
avverso la sentenza n. 8497/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
20/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 18/06/2013

R.G. 44999/12
Considerato che:
De Marco Sandro ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Roma del 20/12/2011, confermativa della sentenza del Tribunale di Roma del
28/2/2008 con la quale era stato condannato alla pena di mesi dieci e giorni
venti di reclusione ed C 350,00 di multa per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.,
chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.
proc. pen.; deduce la mancata qualificazione del fatto come delitto di furto

Nel ricorso genericamente prospettata una valutazione delle prove diversa
e più favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo
grado e confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono
questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede
di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici;
viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella
valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in
ordine al fatto ascrittogli; in tal senso si è fatto riferimento all’assenza di
elementi di fatto idonei a supportare la tesi difensiva, in quanto il lasso di tempo
intercorso fra il furto dell’autovettura ed il ritrovamento della stessa nella
disponibilità dell’imputato non appare idonea a supportare, in mancanza

di

ulteriori elementi ed in particolare in assenza di qualsiasi dichiarazione
autoaccusatoria proveniente dallo stesso imputato, la tesi difensiva.
Le motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano, poi, viziate da
illogicità manifesta e forniscono esaustiva motivazione in ordine al diniego
dell’attenuante di cui al secondo comma dell’art.648 cod. pen., facendosi
correttamente riferimento ad una valutazione complessiva del fatto reato
effettuata attraverso un contestuale apprezzamento di tutti quegli elementi che
rientrano nella fattispecie delittuosa, quali, oltre al fatto contestato, la
personalità dell’imputato già gravato da precedenti penali specifici.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Si impone, quindi, dichiararsi l’inammissibilità dell’impugnazione; ne
consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 1000,00.

nonché la mancata applicazione dell’ipotesi di cui all’art. 648 cpv. cod. pen.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 18 giugno 2013

ps..

Il Co sì Here estensore

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