Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37624 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37624 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO PICCOLO CALOGERO N. IL 10/07/1972
avverso l’ordinanza n. 150/2014 CORTE APPELLO di PALERMO, del
18/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
A
Lo i ()L,
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. CS cI\ ft, ce
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4,9tro cl.J1

Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 06/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 18.07.2014 la Corte d’appello di Palermo, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con cui Lo Piccolo Calogero aveva
chiesto il riconoscimento della fungibilità, ex art. 657 cod.proc.pen., dell’intero
periodo di carcerazione di anni 12 presofferto in forza della sentenza di condanna
pronunciata il 21.03.2000 dalla Corte d’assise di Palermo per il reato di cui
all’art. 416 bis cod. pen. commesso il 3.04.1998, in luogo di quello di anni 9
computato nell’ordine di esecuzione emesso 1’11.10.2012 dalla Procura generale
della Repubblica, da imputarsi alla pena in corso di espiazione di anni 19 di

reclusione inflitta, per il medesimo reato di associazione mafiosa commesso dal
4.04.1998 fino al gennaio 2008, con sentenza in data 8.04.2011 della Corte
d’appello di Palermo, pena (quest’ultima) comprensiva di quella irrogata con la
precedente sentenza del 21.03.2000 rideterminata in anni 9 di reclusione a titolo
di aumento per la continuazione; la Corte territoriale riteneva operante la
preclusione di cui al 4° comma dell’art. 657 del codice di rito sul presupposto
della natura unitaria dei reato permanente di cui all’art. 416 bis cod. pen. e della
conseguente impossibilità di ritenere espiata dopo la commissione del reato
associativo protrattosi fino al gennaio 2008 la carcerazione in precedenza
sofferta senza titolo fino al 5.12.2006.
2. Ricorre per cassazione Lo Piccolo Calogero, a mezzo del difensore, deducendo
due motivi di gravame.
Col primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione,
in relazione all’art. 657 del codice di rito, rilevando che proprio la natura unitaria
del reato permanente rendeva illogico che la pena complessiva di anni 19 di
reclusione irrogata per la medesima condotta partecipativa si traducesse in
un’espiazione effettiva della durata di 22 anni.
Col secondo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge con riguardo alla
norma di cui all’art. 657 comma 4 cod.proc.pen., rilevando che la pena espiata
senza titolo di cui era consentita la fungibilità era quella successiva alla
commissione, e non già alla consumazione, del reato alla quale doveva essere
imputata, con la conseguenza che l’intero periodo di 12 anni di carcerazione
scontato senza titolo, ivi inclusi gli ultimi 3 anni non computati dal pubblico
ministero, doveva ritenersi successivo – e quindi computabile – rispetto alla data
iniziale della condotta associativa giudicata con la sentenza in data 8.04.2011
della Corte d’appello di Palermo, risalente al 4.04.1998.
3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto
del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro ^(
P-/–5
1

stretta connessione, sono entrambi infondati e devono essere rigettati.
2. Questa Corte ha affermato, con orientamento costante, il principio per cui
l’istituto della fungibilità delle pene espiate (e della custodia cautelare sofferta)
senza titolo non è applicabile al reato permanente quando la permanenza sia
cessata dopo l’espiazione sine titulo (Sez. 1 n. 40329 dell’11/07/2013, Rv.
257600; Sez. 1 n. 17829 del 10/04/2008, Rv. 240288; Sez. 1 n. 20997
dell’1/04/2004, Rv. 228197): il reato permanente, data la sua struttura unitaria,
non può, infatti, essere scomposto (a differenza del reato continuato) in una

rivelatosi senza titolo, avendo ad oggetto un’unica e medesima condotta
antigiuridica (nella specie, di natura associativa), con la conseguenza che non è
possibile imputare la pena espiata senza titolo al reato permanente che si
protragga oltre la durata della relativa carcerazione (Sez. 1 n. 40329 del 2013,
sopra citata, relativa all’ipotesi, speculare a quella oggetto del presente giudizio,
della condotta partecipativa al reato associativo di cui all’art. 416 bis cod. pen.).
Poiché l’art. 657 cod.proc.pen., nei casi contemplati dal comma 2, limita
rigorosamente – al comma 4 – la possibilità di computare la custodia cautelare
subita o la pena espiata senza titolo per un reato diverso al dato cronologico che
la custodia e la espiazione anzidette siano successive alla commissione del reato
per il quale deve essere determinata la pena da eseguire, in funzione della ratio
di evitare la precostituzione dì riserve di impunità in grado di consentire al
soggetto che si proponga di delinquere di poter fare conto su un “credito” di
pena già espiata (che attribuirebbe all’istituto della fungibilità della pena un
perverso effetto criminogeno), costituisce logico corollario applicativo di tale
principio normativo che – in relazione alla natura unitaria e non scomponibile
della condotta che sostanzia il reato permanente, la cui commissione si protrae
ininterrottamente fino alla cessazione della condotta illecita (pur consumandosi
fin dal suo momento iniziale, contrariamente a quanto dedotto dal Lo Piccolo nel
secondo motivo di ricorso) – che non può ritenersi subita o espiata dopo la
commissione del reato permanente la custodia cautelare o la pena sofferte senza
titolo durante la permanenza della condotta che integra il reato, ma prima della
cessazione della condotta stessa.
3. Di tali principi l’ordinanza impugnata ha fatto corretta, coerente, e perciò
incensurabile, applicazione al caso di specie, essendo la pena espiata senza titolo
dal Lo Piccolo – nella misura di anni tre di reclusione, pari all’eccedenza risultante
dalla rideterminazione in anni 9, a titolo di aumento per la continuazione sulla
pena irrogata con la sentenza 8.04.2011 della Corte d’appello di Palermo, della
pena originaria di anni 12 inflitta con la sentenza 21.03.2000 della Corte d’assise
di Palermo – terminata il 5.12.2006, e dunque (pacificamente) prima della

2

pluralità di reati, anteriori e posteriori all’esecuzione dello stato detentivo

cessazione nel successivo mese di gennaio 2008 della condotta partecipativa al
reato associativo di cui all’art. 416 bis cod. pen..
La paventata irrazionalità degli effetti dell’applicazione del principio sancito dal
40 comma dell’art. 657 del codice di rito alla figura del reato permanente,
argomentata dal ricorrente nel primo motivo di gravame, è d’altronde esclusa in
radice dalla puntuale osservazione, formulata nel provvedimento gravato (pagina
4), che la permanenza del reato è espressione di una scelta consapevole e
volontaria del soggetto agente, la cui diversa determinazione può comportare in

risulterebbe – semmai – una costruzione normativa che consentisse all’agente di
poter protrarre la condotta criminosa (di stampo associativo) per una durata tale
da farvi rientrare, quale pena da detrarre, la detenzione senza titolo sofferta in
precedenza.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6/05/2015

ogni momento la cessazione di tale permanenza; così che del tutto irragionevole

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