Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37610 del 18/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37610 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SENATORE GIOVANNI N. IL 08/10/1970
SENATORE ROBERTO N. IL 26/11/1972
avverso la sentenza n. 738/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del
17/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 18/06/2013

R.G. 44522/2012
Considerato che:
Senatore Giovanni ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Salerno del 17/5/2012, confermativa della sentenza del Tribunale di Salerno del
23/10/2008, con la quale è stato condannato alla pena di anni uno e mesi sei di
reclusione ed C 800,00 di multa per i reati di cui ai capi b) 110, 56, 640 cod.; c)
110, 468, 61 n. 2 cod. pen. d) 110, 648, 61 n. 2 cod. pen., chiedendone
l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.;

all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati allo
stesso ascritti nonché la prescrizione dei reati.
Senatore Roberto ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno
del 17/5/2012, confermativa della sentenza del Tribunale di Salerno del
23/10/2008, con la quale è stato condannato alla pena di anni uno e mesi sei di
reclusione ed C 800,00 di multa per i reati di cui ai capi b) 110, 56, 640 cod.; c)
110, 468, 61 n. 2 cod. pen. d) 110, 648, 61 n. 2 cod. pen., chiedendone
l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.;
deduce la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine
all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati allo
stesso ascritti.
In entrambi i ricorsi vengono proposte censure di merito che prospettano
una valutazione delle prove diversa e più favorevole ai ricorrenti rispetto a quella
accolta nella sentenza di primo grado e confermata dalla sentenza di appello. In
sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che implicano una valutazione
di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi logici; segnatamente dalla lettura della sentenza della Corte
territoriale non emergono, nella valutazione delle prove, evidenti illogicità,
risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del
quale si è pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento
alla responsabilità degli imputati in ordine ai fatti loro ascritti. Così la Corte
territoriale dà atto che dall’istruttoria dibattimentale era emerso che gli attuali
ricorrenti avevano tentato di acquistare un elettrodomestico, esibendo, al fine di
ottenere un finanziamento, una carta d’identità contraffatta sulla quale erano
state apposte le generalità di tal Cascetta Matteo e che il ruolo del Senatore
Giovanni non era quello di semplice accompagnatore, essendo emerso il pieno
coinvolgimento dello stesso nei fatti.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).

deduce la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine

Anche il motivo proposto dal Senatore Giovanni, avente ad oggetto il decorso del
termine massimo di prescrizione è manifestamente infondato. Alla data della
pronuncia della sentenza impugnata non era infatti ancora decorso il termine
massimo di prescrizione, essendo stato il reato stato commesso il 2/2/2005.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione, che non consente il formarsi di un
valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare la
prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il
ricorso (Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266; sez. 4 n. 18641 del

Uniformandosi agli orientamenti sopra riportati, che il Collegio condivide,
vanno dichiarate inammissibili entrambe le impugnazioni proposte; ne consegue,
per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende,
di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in € 1000,00 ciascuno.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 18 giugno 2013

Il Cksigliere estensore

Il Pr

20/1/2004, Rv. 228349).

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