Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37608 del 18/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37608 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso propnsto da:
BERRETTA GIUSEPPE N. IL 20/04/1969
avverso la sentenza n. 2390/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 09/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 18/06/2013

R.G. 44497/2012
Considerato che:
Berretta Giuseppe ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Palermo del 9/7/2012 confermativa della sentenza del Tribunale di Palermo del
31/1/2011 con la quale è stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed
C 600,00 di multa per il reato di cui 648 cod. pen., chiedendone l’annullamento
ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce la
violazione di legge e il vizio della motivazione con riferimento al mancato
riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 648 cpv. cod. pen. ed alla mancata

concessione delle attenuanti generiche nonché con riguardo alla determinazione
della pena inflitta
Risultano manifestamente infondati entrambi i motivi di gravame proposti
riportanti le stesse questioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame; i motivi pertanto vanno considerati non specifici, non solo per la loro
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di specificità, conducente, ai sensi dell’art.591,
co.1 lett.c) c.p.p., nell’inammissibilità (Sez. IV n.5191 del 29/3/2000, Barone,
Rv.216473; Sez. H n. 19951 del 15/5/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109). Le
motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano, poi, viziate da illogicità
manifesta e forniscono esaustiva motivazione in ordine al diniego dell’attenuante
di cui al secondo comma dell’art. 648 cpv. cod. pen., facendosi correttamente
riferimento ad una valutazione complessiva del fatto reato effettuata attraverso
un contestuale apprezzamento di tutti quegli elementi che rientrano nella
fattispecie delittuosa, quali il valore non modico dell’assegno ricettato e la
personalità dell’imputato già condannato per gravi reati.
Quanto, poi, al secondo motivo, il giudice di appello ha ritenuto adeguata
la pena determinata dal giudice di primo grado considerandola bene perequata
rispetto al reale disvalore del fatto, rilevando di non potere concedere le
attenuanti generiche in ragione dell’esistenza di più precedenti penali relativi a
gravi reati ed all’assenza di ulteriori elementi valorizzabili in tale direzione. E sul
punto, conformemente all’orientamento espresso più volte da questa Corte, deve
rilevarsi che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice
con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione,
di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può
essere sindacata in Cassazione neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse

0./-

dell’imputato (Sez. VI n. 42688 del 24/9/2008, Caridi, Rv. 242419; sez. H n.
3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163). Ed ancora, nel motivare il diniego
della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice
prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle
parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri
da tale valutazione (Sez.VI n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Quanto poi alla determinazione della pena, la sentenza impugnata rileva che

un minimo aumento solo della pena pecuniaria.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 18 giugno 2013

Il Cor&citiere estensore

quella irrogata corrisponde pressocchè al minimo edittale, essendo stato disposto

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