Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37597 del 29/05/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 37597 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Glicora Francesco, nato il 20/05/1972 a Locri

avverso l’ordinanza del 04/12/2017 del Tribunale di Reggio Calabria

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
uditi i difensori, avv. Eugenio Bruno Minniti e avv. Giuseppe lemma, che hanno
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione
specializzata per il riesame, ha confermato l’ordinanza del 16 ottobre 2017, con
la quale il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha
applicato a Francesco Glicora la misura della custodia cautelare in carcere in
relazione alla partecipazione all’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta
operante nel territorio di Reggio Calabria sub capo 1). In particolare, al Glicora è
contestato in via provvisoria di avere fatto parte dell’articolazione ‘ndranghetista
di Bruzzano Zeffirio, sottoposta all’influenza del locale di Africo, e di avere quindi

Data Udienza: 29/05/2018

concorso alla realizzazione del programma criminoso dell’associazione, con
specifico riguardo all’affermazione della supremazia della consorteria attraverso il
controllo di tutte le attività edilizie della zona, sia di quelle pubbliche da eseguirsi
direttamente o in subappalto, sia di quelle affidate da privati a ditte esterne, a
cui la cosca imponeva forniture di materiali, pretendeva il pagamento di somme
di denaro in percentuale ai lavori acquisiti e la consegna del materiale di risulta,
eseguendo altresì le direttive degli apicali, al fine di assicurare il mantenimento
degli equilibri in seno al territorio di Brancaleone, Africo e Bruzzano.

sentenza irrevocabile dell’A.G. di Reggio Calabria resa nel procedimento c.d.
“Provincia” o “Crimine”) l’esistenza, l’operatività e la riconducibilità ad un’unica
organizzazione delle varie articolazioni dell”ndrangheta, il Tribunale ha rilevato
che il presente procedimento si innesta nella fase temporale successiva alla
cosiddetta faida di Motticella (che vedeva contrapposti due gruppi antagonisti del
Mollica – Morabito e Scriva – Palamara – Speranza) e del tentativo di Saverio
Mollica di riaprire un “locale” autonomo a Motticella. In tale fase di “pace”, i
Palamara, detti i “bruciati”, avevano raggiunto un accordo spartitorio con i
Morabito, detti i “larè”, per la gestione degli appalti pubblici con altre cosche di
Africo. Il Collegio ha dunque evidenziato come il procedimento rappresenti il
frutto degli esiti di due filoni investigativi concernenti, l’uno, l’infiltrazione della
criminalità organizzata nelle istituzioni pubbliche con riferimento al
condizionamento mafioso degli appalti pubblici; l’altro, il traffico d’armi e di
stupefacenti gestito dalle organizzazioni mafiose investigate.
1.2. Quanto alla specifica posizione del Glicora, il Giudice della impugnazione
cautelare ha rilevato che i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente si
fondano, da un lato, sulle dichiarazioni rese il 7 febbraio 2012 dal collaboratore
di giustizia Maurizio Maviglia, che lo indicava quale “santista”; dall’altro lato, sui
plurimi riscontri obbiettivi individualizzanti evinti dalle intercettazioni ambientali
disposte a bordo dell’auto di Filippo Palannara.
1.3. Sul fronte cautelare, rilevata l’operatività della duplice presunzione di
pericolosità sociale e di adeguatezza prevista dall’art. 275, comma 3, del codice
di rito, il Collegio ha rimarcato come le esigenze connesse al pericolo di
inquinamento probatorio e di reiterazione criminosa siano concrete ed attuali e
come, ad ogni modo, Francesco Glicora risulti inserito in un contesto di
cosiddetta “mafia storica” e non emerga dall’incartamento processuale, nè dalle
deduzioni difensive, alcun elemento dimostrativo della rescissione dei suoi
legami con la consorteria criminosa, stimando di conseguenza applicabile la sola
misura di maggior rigore.

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1.1. Dopo avere premesso che risultano essere state ormai accertate (con

2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, Francesco Glicora chiede
l’annullamento del provvedimento per violazione di legge penale e vizio di
motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen A
sostegno dell’impugnazione, il ricorrente evidenzia come le dichiarazioni di
Maurizio Maviglia non possano ritenersi riscontrate dalle isolate e generiche
risultanze delle intercettazioni del 2010, in assenza – fra le risultanze delle
indagini protrattesi dal 2009 al 2016 – di elementi comprovanti l’assunzione da
parte dell’indagato di un ruolo dinamico e funzionale alla realizzazione degli scopi

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è destituito di fondamento e deve, pertanto essere disatteso.

2. Non è revocabile in dubbio che, secondo i principi tracciati da questo
Giudice di legittimità, anche riunito nel più ampio consesso, la condotta di
partecipazione all’associazione di tipo mafioso sia riferibile a colui che si trovi in
rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del
sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo
dinamico e funzionale – desunto da indicatori fattuali -, in esplicazione del quale
l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione
dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Cass. Sez. U, n. 33748
del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670; Sez. 1, n. 1470 del 11/12/2007, P.G. in
proc. Addante e altri, Rv. 238838).
Il delitto di partecipazione all’associazione ex art. 416-bis cod. pen. non si
connota, difatti, per la mera adesione ideale all’organizzazione mafiosa, ma
postula un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto
organizzativo del sodalizio, tale da implicare un ruolo attivo e funzionale, in
esecuzione del quale il consociato si mette a disposizione dell’organizzazione in
vista del perseguimento degli scopi criminali oggetto del programma associativo,
potendo solo così affermarsi che egli “prenda parte” al fenomeno criminale.
2.1. A tali coordinate ermeneutiche si è peraltro conformato il Collegio del
gravame cautelare nella parte in cui ha ritenuto provata – sia pure in termini di
elevata probabilità – la partecipazione del ricorrente all’associazione di stampo
‘ndranghetista, valorizzando a tale fine non solo le parole del collaboratore di
giustizia Maviglia, ma anche plurimi elementi obbiettivi individualizzanti, evinti
dagli esiti delle indagini.
2.2. Ed invero, come si legge nel provvedimento in verifica, il Collegio del
gravame cautelare ha evidenziato che: a) che il collaboratore di giustizia
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associativi.

Maurizio Maviglia, nelle dichiarazioni rese il 7 febbraio 2012, ha riconosciuto in
foto Francesco Glicora, indicandolo quale partecipante alla ‘ndrangheta con la
dote della “santa”, primo grado della Società Maggiore; b) che il collaboratore è
intrinsecamente credibile e le sue dichiarazioni sono confermate da plurimi
riscontri obbiettivi individualizzanti evinti dalle intercettazioni ambientali disposte
a bordo dell’auto di Filippo Palamara; c) che, in particolare, dai dialoghi
monitorati a bordo del mezzo, emergono reiterati riferimenti ad episodi e
circostanze coinvolgenti Glicora, detto “Ciccio”, la cui identificazione è

nell’ordinanza; d) che dalle captazioni emergono elementi gravemente indiziari
per affermare che Filippo Palamara avesse coinvolto “Ciccio” Glicora nel servizio
di sorveglianza presso il residence Altalia, complesso immobiliare nella
disponibilità di fatto dell’associazione; e) che dalle intercettazioni emerge altresì
la riconducibilità alla mano del Glicora del danneggiamento seguito da incendio
dell’autovettura di Gianfranco Mancuso, richiamate al riguardo le considerazioni
svolte dal Gip che, pur ritenendo sussistenti i gravi indizi per tale fatto oggetto di
contestazione provvisoria sub capo 12), non applicava in relazione ad essa la
misura cautelare, evidentemente per un mero refuso; f) che tale
danneggiamento – il cui movente è da ricollegare all’esclusione del Glicora da
parte del Palamara nell’esecuzione di alcuni lavori in sub-appalto (affidati a
Gianfranco Mancuso e Giuseppe Mesiano) – corrobora la partecipazione del
prevenuto all’associazione, in quanto dimostra la volontà di riaffermare con la
violenza la propria posizione di intraneo alla consorteria, avente diritto
all’esecuzione dei lavori e meritevole di rispetto in seno alla cosca; g) che il clima
di fibrillazione generato nella cosca dal danneggiamento compiuto dal Glicora ed
i numerosi incontri fra i sodali per decidere la linea da tenere rappresentano
ulteriori conferme della partecipazione del ricorrente all’associazione (v. pagine 9
e seguenti dell’ordinanza in verifica).
2.3. Nell’articolato discorso giustificativo, il Tribunale del riesame ha dunque
dato conto del diretto interesse del Glicora nella suddivisione dell’esecuzione
degli appalti aggiudicati (anche solo indirettamente) alla ‘ndrangheta e, quindi,
dell’episodio ritorsivo da egli ordito al fine di riaffermare – con il danneggiamento
seguito da incendio, connotato da modalità intimidatorie e violente, tipicamente
mafiose – il proprio diritto ad ottenere una “fetta” della “torta” delle opere edili
da eseguire, attività costituente uno dei principali

core business

dell’organizzazione in territorio calabrese. Il Collegio ha così delineato
comportamenti del Gligora gravemente sintomatici della sua stabile adesione alla
compagine criminale, con un ruolo all’evidenza “attivo e dinamico”.

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comprovata dalle emergenze investigative che espressamente richiamato

2.4. A fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell’iter
argomentativo sviluppato dal Giudice del gravame nell’ordinanza, il ricorso si
risolve nella sollecitazione di una diversa valutazione su aspetti squisitamente di
merito, non consentita in questa Sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a
verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu ocuii percepibili, senza
possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).

delle spese del procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.

Così deciso il 29 maggio 2018

3. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento

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