Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37593 del 11/06/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 37593 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da DE FRANCISCI Giuseppe, nato ad Agrigento il
26/10/1982, parte civile, avverso l’ordinanza in data 08/10/2012 del Tribunale di
Agrigento nel procedimento penale nei confronti di LATTUCA Giovanni Calogero e altri;
esaminati gli atti, il ricorso e il decreto impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
lette le richieste del Procuratore Generale (sost. P.G. dott. Mario Fraticelli), che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

Data Udienza: 11/06/2013

1. In fase di atti preliminari al giudizio di primo grado (art. 491 c.p.p.) nei confronti
di Lattuca Giovanni Calogero e altri, imputati dei reati -commessi nelle loro qualità di
dipendenti comunali- di abuso di ufficio, turbativa d’asta e falsità in atti pubblici, il
Tribunale di Agrigento, decidendo sulle eccezioni sollevate dai difensori degli imputati
avverso le costituzioni di parte civile del Comune di Agrigento e -in proprio e quale
consigliere comunale dello stesso Comune- di Giuseppe De Francisci, costituzioni già
ammesse in udienza preliminare dal g.u.p. (ordinanza 27.3.2012 reiettiva delle omologhe
eccezioni difensive), con ordinanza dibattimentale pronunciata 1’8.10.2012 ha disposto
l’esclusione dal giudizio della parte civile Giuseppe De Francisci.
Decisione assunta, sul presupposto che l’esclusione della parte civile costituita in
udienza preliminare possa essere richiesta e disposta fino alla dichiarazione di apertura
del dibattimento di primo grado, in base al rilievo che è legittimato all’esercizio
dell’azione civile nel processo penale soltanto chi abbia sofferto un danno diretto e
immediato dal reato e non chi sia portatore di un interesse di fatto al corretto
funzionamento delle istituzioni pubbliche, poiché la lesione di situazioni soggettive Ì ,
iiii

proprie ed esclusive della P.A., quali il diritto all’immagine e alla reputazione, non
comporta per ciò solo, neppure potenzialmente, una lesione risarcibile della sfera
giuridica dei membri degli organi collegiali dell’ente pubblico. Con la conseguenza,
quindi, che il De Francisci è “privo di legittimazione sostanziale” a costituirsi parte civile.
2. Con il ministero del difensore Giuseppe De Francisci, già costituito parte civile,
impugna per cassazione l’ordinanza de qua, deducendo i seguenti due motivi di censura.
Se l’ordinanza dibattimentale di esclusione della parte civile è sempre -come
afferma la giurisprudenza di legittimità- inoppugnabile, non è revocabile in dubbio che
l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta dell’imputato di esclusione
della parte civile è impugnabile dall’imputato soltanto in via differita con l’impugnazione
della sentenza. Ciò non esclude che l’ordinanza del primo tipo, come pure ritenuto dalla
S.C., diviene ricorribile per cassazione quando presenti caratteri di abnormità funzionale,
come nel caso di specie.
Il Tribunale ha ignorato, infatti, che già il g.u.p. nel corso della udienza
preliminare aveva respinto la richiesta di esclusione della parte civile De Francisci. Sicché
gli imputati non avrebbero potuto rinnovare la richiesta nelle fasi preliminari del
dibattimento, alla luce dell’insegnamento delle Sezioni Unite Penali della S.C., che con
decisione impropriamente richiamata dallo stesso Tribunale di Agrigento (Cass. S.U.,
19.5.1999 n. 12, Pediconi, rv. 213858) ha chiarito come l’art. 80 co. 2 c.p.p. attribuisca
all’imputato una “facoltà di scelta alternativa” circa il momento entro cui far valere le
eccezioni relative alla costituzione di parte civile, “sempreché tale opzione difensiva venga
esercitata entro la fase degli atti preliminari al dibattimento”. Nel caso in esame, avendo gli
imputati chiesto l’esclusione della parte civile nell’udienza preliminare ed essendosi già
pronunciato negativamente il g.u.p., la questione poteva essere riproposta dagli imputati
con la sola impugnazione della sentenza di primo grado, perché l’ordinanza reiettiva
(dell’esclusione della p.c.) emessa dal g.u.p. aveva acquisito -come precisano le Sezioni
Unite- stabilità decisoria idonea a giustificare una “limitata preclusione endoprocessuale”.
2.2. Violazione degli artt. 74, 76 e 77 c.p.p. e illogicità della motivazione.

Ritenuta l’ammissibilità del presente ricorso, va rilevato che il Tribunale di
Agrigento ha esercitato arbitrariamente il potere di esclusione dal processo della parte
civile. Ciò pur ricorrendo i presupposti di legge per riconoscere la legittimazione attiva
quale parte civile del consigliere comunale Giuseppe De Francisci, che anche con atti da
lui compiuti nell’esercizio delle sue pubbliche funzioni consiliari (due interrogazioni
consiliari) aveva denunciato le irregolarità divenute oggetto di indagini preliminari e poi
trasfuse nelle imputazioni elevate contro gli imputati dipendenti del Comune siciliano.

2.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 80 co. 2 e 586 c.p.p.

2.3. Con memoria depositata in cancelleria il 5.3.2013 il difensore del ricorrente
riprende entrambi gli indicati profili di censura, in particolare ribadendo la sicura
ammissibilità della proposta impugnazione per cassazione del provvedimento adottato
dal Tribunale agrigentino in data 8.10.2012 ai sensi dell’art. 80 co. 4 c.p.p.
3. Il ricorso proposto nell’interesse di Giuseppe De Francisci deve essere dichiarato
inammissibile per infondatezza manifesta e indeducibilità dei dedotti motivi di
doglianza. Segnatamente del pregiudiziale motivo attinente alla legittimità della
pugnata ordinanza dibattimentale sulla preliminare eccezione di inammissibilità della
impugnata

iipo
2

costituzione del De Francisci quale autonoma parte civile, nella sua veste di consigliere
comunale, nel giudizio di merito pendente nei confronti di più imputati dipendenti del
Comune di Agrigento.
violazione di legge, in particolare dell’art. 80 co. 2 c.p.p., e -tanto meno- da alcun profilo
di abnormità, riconducibile alla latitudine che di tale categoria processuale è stata
elaborata dalla giurisprudenza di legittimità (provvedimento dal “contenuto talmente
incongruo e singolare, da risultare avulso dall’intero ordinamento processuale”:così, da ultimo,
Cass. Sez. 6, 17.1.2011 n. 8942, P.O. in proc. Mancini, rv. 249727).
La diversa prospettazione del ricorrente, che adduce l’abnormità dell’ordinanza
escludente la costituzione di parte civile, già ammessa nel corso dell’udienza preliminare
(avendo il g.u.p. rigettato l’istanza di esclusione del De Francisci come parte civile
avanzata dagli imputati in quella sede) in base all’assunto che gli imputati avrebbero
consumato” la loro facoltà di invocare l’esclusione della parte civile, sì che il Tribunale
avrebbe dovuto dichiararla inammissibile (id est improponibile) in fase di atti preliminari
al dibattimento del giudizio di merito di primo grado, è prospettazione erronea che nasce
da una fuorviante lettura della citata decisione delle Sezioni Unite di questa Corte
regolatrice (Cass. S.U., 19.5.1999 n. 12, Pediconi, rv. 213858-213859).
//

3.1.2. Né il dictum delle Sezioni Unite né altre decisioni di legittimità autorizzano,

infatti, una simile interpretazione dell’art. 80 co. 2 c.p.p., che fissa come perentorio
termine di decadenza della richiesta di esclusione della parte civile il compimento degli
accertamenti relativi alla costituzione delle parti processuali nel giudizio di primo grado
(atti preliminari al dibattimento: art. 484 c.p.p. in rel. art. 491 co. 1 c.p.p.). La lettura della
decisione Pediconi delle Sezioni Unite operata con il ricorso scaturisce dalla impropria
interpretazione del passaggio della sentenza che descrive in termini di “alternatività” il
momento in cui l’imputato, in giudizi di merito preceduti dall’udienza preliminare, è
legittimato ad eccepire la costituzione di parte civile, ritenendola possibile o nella stessa
udienza preliminare o nel corso degli atti preliminari al dibattimento, fase -questa- che
definisce il termine ultimo di decadenza dall’esercizio dello specifico diritto processuale
dell’imputato ex art. 80 c.p.p.
Ma l’alternatività dell’opzione difensiva di cui ragionano le Sezioni Unite, come è
ben chiaro dalla lettura della motivazione della sentenza, ha una connotazione
meramente temporale o diacronica. Nel senso che l’imputato, nel caso in cui la
costituzione di parte civile intervenga già in sede di udienza preliminare, ha facoltà di
contestarla (eccependone la regolarità e la pertinenza alla regiudicanda penale, sia in
termini di legitimatio ad processum che ad causam, appunto con la richiesta di esclusione ex
art. 80 co. 1 c.p.p.) o nel corso dell’udienza preliminare o fino all’esaurirsi degli atti
preliminari al dibattimento (termine finale). Non già, invece, nel senso di una
alternatività modale e funzionale, sì che l’imputato non possa riproporre al giudice del
dibattimento la questione della esclusione della parte civile già respinta dal giudice
dell’udienza preliminare, beninteso entro il termine di cui agli artt. 484 e 491 c.p.p. (come
prescrive l’art. 80 co. 2 c.p.p.). E’ soltanto dopo lo spirare di questo termine di decadenza
(“ad quem per proporre un’ammissibile richiesta di esclusione”, così le SS.UU.) che
l’ammissione della costituzione di parte civile (anche sub specie di rigetto della richiesta di
esclusione), assume quei caratteri di stabilità decisoria allo stato degli atti e di limitata
preclusione endoprocessuale segnalati dalle Sezioni Unite, che hanno affermato
3

3.1. Il provvedimento impugnato è inoppugnabile, non essendo affetto da alcuna

3.1.3. La genetica inoppugnabilità, viceversa, del provvedimento escludente la
parte civile e la persistente facoltà dell’imputato di proporre la relativa eccezione fino allo
spirare del ridetto termine di decadenza ad quem è, del resto, agevolmente ripercorribile
nella stessa sentenza Pediconi delle S.U.
Vuoi perché le Sezioni Unite escludono (anche richiamando la sentenza n.
166/1975 della Corte Costituzionale) qualsiasi ingiustificata disparità di trattamento tra il
danneggiato dal reato (potenziale parte civile) e l’imputato (soltanto il secondo essendo
legittimato a impugnare l’ordinanza ammissiva della costituzione di parte civile
unitamente alla sentenza, al primo non consentendosi in alcun caso di impugnare
l’ordinanza che lo esclude dal processo), dal momento che “il soggetto danneggiato, una
volta estromesso dal processo perde la qualità di parte e non è più legittimato ad impugnare
l’eventuale sentenza assolutoria dell’imputato”. Ciò tanto più che l’esclusione della parte
civile in sede penale non pregiudica l’esercizio dell’azione risarcitoria in sede civile, come
stabilisce l’art. 88, co. 2 e co. 3, c.p.p. con coeva inoperatività della preclusione
(sospensione del giudizio civile) ex art. 75 co. 3 c.p.p. (v., in linea con la decisione delle
S.U. : Cass. Sez. 3, 12.3.2003 n. 30045, Orsini, rv. 226680; Cass. Sez. 1, 8.11.2007 n. 4060/08,
Sommer, rv. 239188; Cass. Sez. 3,4.3.2010 n. 14332, P.C. in proc. c/ignoti, rv. 246609).
Vuoi soprattutto perché sono le stesse Sezioni Unite a mettere in relazione con la
disciplina dettata dall’art. 80 co. 2 c.p.p. le disposizioni di cui al 5° comma dello stesso art.
80 c.p.p. e dell’art. 81 c.p.p. Disposizioni che renderebbero incoerente e illogica, sul piano
concettuale e sistematico, la tesi del ricorrente della improponibilità (non rinnovabilità),
fino all’esaurirsi delle formalità di apertura del dibattimento (artt. 484, 491 co. 1 c.p.p.), di
una richiesta di esclusione della parte civile già respinta in altra prodromica fase
processuale quale quella dell’udienza preliminare.
Per vero, se l’esclusione della parte civile ordinata nell’udienza preliminare non
impedisce una successiva costituzione della stessa parte civile prima dell’apertura del
dibattimento del giudizio di merito (art. 80 co. 5 c.p.p.), costituzione che nessuno dubita
possa essere attinta da nuova e tempestiva richiesta di esclusione dell’imputato, non è
ragionevole ipotizzare l’esaurirsi o la perenzione del diritto dell’imputato di rinnovare la
richiesta di esclusione della parte civile per il solo fatto che questa sia stata respinta da
altro giudice in altra fase processuale, anch’essa antecedente al termine di decadenza ex
art. 80 co. 4 c.p.p. E altresì di ipotizzare preclusa all’imputato la possibilità di eccepire (a
sua volta e specularmente) ex novo la pur già ammessa costituzione (rectius di contestare il
pregresso rigetto della invocata esclusione). D’altra parte la logicità di tale conclusione
riceve puntuale riscontro nell’autonomo potere del giudice di merito (g.u.p. o giudice
dibattimentale) previsto dall’art. 81 c.p.p. di escludere di ufficio la costituzione di parte
civile (per difetto di legitimatio ad causam o ad processum) in qualunque momento anteriore
all’esaurirsi delle formalità di apertura del dibattimento. E ciò che maggiormente rileva è
che l’art. 81 co. 2 c.p.p. prevede che il giudice (in questo caso dibattimentale) emette
l’ordinanza di esclusione di ufficio della parte civile “anche quando la richiesta di esclusione
è stata rigettata nell’udienza preliminare”. E’ facile inferire, allora, come non vi sia seria
ragione per ritenere interdetta all’imputato la possibilità di sollecitare siffatto potere di
ufficio ad excludendum del giudice dibattimentale anche mediante, per l’appunto, una
“nuova” formale richiesta di esclusione della parte civile già rigettata dal g.u.p.

4

I

l’impugnabilità differita del provvedimento ammissivo unitamente alla sentenza ex art.
586 co. 1 c.p.p.

t

3.3. La ribadita pregiudiziale inoppugnabilità dell’ordinanza oggetto di ricorso
preclude l’esame del secondo motivo di impugnazione afferente al merito della decisione
con cui il Tribunale di Agrigento, con la stessa ordinanza, ha escluso l’esistenza della
legitimatio ad causam del De Francisci per costituirsi parte civile in qualità di consigliere
comunale in concomitanza con la confermata costituzione di parte civile del Comune di
Agrigento. Per quanto valer possa, è appena il caso di aggiungere che tale decisione non
presenta, a sua volta, alcuna traccia di eventuale abnormità, non apparendo scrutinabile
in questa sede la valutazione in base alla quale il giudice dibattimentale ha ritenuto non
ravvisabile per la posizione del De Francisci un rapporto di diretta e immediata causalità
tra l’addotto danno (all’immagine e al ruolo consiliare) e i fatti reato ascritti agli imputati
(v.: Cass. Sez. 4, 27.9.2007 n. 40288, Pasqualetti, rv. 237888; Cass. Sez. 3, 18.1.2012 n. 4364,
Domenighini, rv. 251917).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e dell’equa somma di euro 1.000,00 (mille) in favore
della cassa delle ammende.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 11 giugno 2013

3.2. L’impugnata ordinanza del Tribunale di Agrigento, lungi dal configurarsi
come abnorme, deve -dunque- considerarsi legittimamente emessa (cfr., ex plurimis: Cass.
Sez. 3, 9.7.2009 n. 39321, Ambrosino, rv. 244610; Cass. Sez. 6, 17.1.2011 n. 8942, Mancini,
rv. 249727; Cass. Sez. 4, 19.1.2011 n. 10653, P.C. in proc. Biancalani, rv. 249837). Per mera
completezza espositiva e ad ulteriore sostegno della palese infondatezza del motivo di
censura delineato con il ricorso, può osservarsi come, sebbene in modo incidentale,
questa stessa S.C. abbia già ritenuto ammissibile -proprio alla luce dell’appena citato art.
81 co. 2 c.p.p.- la riproponibilità da parte dell’imputato della eccezione relativa alla
costituzione di parte civile già respinta nell’udienza preliminare (Cass. Sez. 3, 6.2.2008 n.
12423, Di Bernardino, rv. 239336, in motivazione).

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