Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37578 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37578 Anno 2018
Presidente: CASA FILIPPO
Relatore: CENTOFANTI FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MORISCIANO MANUEL nato il 05/03/1996 a GIAVENO

avverso l’ordinanza del 09/08/2017 del TRIBUNALE di TORINO
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CENTOFANTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
MARIELLA DE MASELLIS, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.

Data Udienza: 21/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Torino – provvedendo ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.
sull’appello proposto da Manuel Morisciano, sottoposto alla misura cautelare della
custodia in carcere per concorso in omicidio e tentato omicidio, aggravati dai
futili motivi – con l’ordinanza in epigrafe confermava quella emessa dal locale
G.i.p. in data 26 luglio 2017, con cui era stata disattesa l’istanza di sostituzione

2. I fatti erano accaduti in Giaveno, nella tarda serata del 13 gennaio 2017.
Si evince dal provvedimento che, in località l’Aquila, nel piazzale antistante
l’omonimo ristorante, intorno alle 21,30, erano sopraggiunti due veicoli, un
furgone tipo Fiorino e una Jeep Defender, che avevano preso ad eseguire
manovre pericolose sul ghiaccio. Erano presenti alcuni motociclisti, essendo il
locale anche sede di un club di appassionati del settore, i quali invitavano i
conducenti dei veicoli suddetti a desistere, come in effetti avveniva; quello di
loro che era alla guida del Fiorino, poi identificato per il coindagato Eric Romano,
prima di allontanarsi rivolgeva minacce all’indirizzo degli astanti, annunciando
che le avrebbe messe in atto di lì a breve.
Mezzora dopo circa, in effetti, si presentavano sul medesimo piazzale due
vetture, una Mini Cooper, guidata dal medesimo Eric Romano e con a bordo
soggetto poi risultato essere Morisciano, nonché una Nissan Navara, condotta dal
coindagato Claudio Romano, padre di Eric. Questi scendeva, impugnando una
pistola ed urlando ai motociclisti astanti di mettersi in fila perché li avrebbe
ammazzati, quindi estraeva dalla cintola una seconda pistola, ed iniziava a
sparare. Morisciano si metteva invece alla guida della stessa vettura e con essa,
a tutta velocità, investiva il gruppo dei motociclisti. Anche Claudio Romano
sventolava una pistola, sparando dei colpi e poi allontanandosi dal piazzale. Sul
posto saranno rinvenuti bossoli e proiettili riconducibili ad un’unica arma, una
pistola Glock, modello 23, che sarà poi sequestrata ad Eric Romano.
A seguito di tali condotte rimanevano feriti Pierluigi Ozzello, investito dalla
Mini Cooper, ed Alessandro Gino, colpito alla testa da un colpo d’arma da fuoco;
quest’ultimo, caduto in stato d’incoscienza, decedeva una settimana dopo in
ospedale.

3. Rintracciati durante la notte, gli indagati erano sottoposti a fermo di
polizia giudiziaria, e nei loro confronti era disposta la misura della custodia in
carcere.
Le indagini proseguivano con l’effettuazione della consulenza balistica.

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della misura in atto con quella degli arresti domiciliari.

Dopo il suo deposito Morisciano avanzava, nel luglio 2017, l’istanza di
concessione degli arresti domiciliari, appellando di seguito, come in premessa, la
decisione reiettiva del giudice della cautela.
Nel respingere l’appello, il Tribunale osservava che il quadro di gravità
indiziaria a carico dell’istante era rimasto immutato dal tempo dell’applicazione
della misura, avendo le investigazioni ulteriori confermato le prime emergenze,
anche in merito all’individuazione del ruolo di ciascuno dei correi ed alla
ricognizione delle ipotizzate individuali responsabilità.

tecnici, non influiva sul suo globale contributo concorsuale, ravvisabile nella
presenza fisica rafforzativa della condotta materiale altrui e nell’investimento
volontario di Ozzello.
Né era emerso alcun elemento nuovo che potesse essere speso a sostegno
di un ridimensionamento del quadro cautelare, nell’ottica di cui all’art. 274,
comma 1, lett. c), cod. proc. pen. Il pericolo di recidivanza permaneva nella sua
massima intensità, in ragione della brutalità e gratuità della condotta e
dell’indole violenta che essa esprimeva, indole confermata dal contenuto di
un’intercettazione telefonica tra la fidanzata di Morisciano ed una sua amica, da
cui emergeva che detto indagato avesse un’insana passione per le armi da fuoco
e fosse solito, anche in sua presenza, sparare per puro diletto.
Sussisteva altresì l’esigenza di cautela di cui all’art. 274, comma 1, lett. a),
cod. proc. pen., dovendo essere ancora ascoltata la citata fidanzata, che aveva
accompagnato Eric Romano e Morisciano durante il loro primo arrivo sul piazzale,
e ne aveva atteso il ritorno all’esito della spedizione punitiva.
Le rilevate esigenze non potevano neppure essere fronteggiate da misure
rimesse alla sola autolimitazione del sottoposto (quand’anche accompagnate da
modalità accessorie tipo il c.d. braccialetto elettronico), in assenza di elementi in
grado di vincere la presunzione di adeguatezza di cui all’art. 275, comma 3, cod.
proc. pen.; elementi che non si sarebbero potuti ridurre al mero stato di formale
pregressa incensuratezza, in quanto svilito dalla gravità dell’apporto causale del
prevenuto, dalla sua impropria dimestichezza con le armi, dalla personalità
refrattaria alle regole e dalla totale assenza di resipiscenza.
Non rilevava in contrario né il tempo di presofferto cautelare, inidoneo in sé
ad affievolire le esigenze di prevenzione, né la sopravvenuta ammissione agli
arresti domiciliari del coindagato Claudio Romano, stante la necessità in materia
di separata e personalizzata valutazione.

4. Ricorre per cassazione Morisciano, tramite il difensore di fiducia, sulla
base di tre motivi.

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La circostanza che Morisciano non avesse sparato, confermata dai riscontri

4.1. Con il primo di essi deduce – ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen. – la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al
ravvisato pericolo di reiterazione.
Il Tribunale sarebbe incorso in un duplice travisamento della prova, avendo
ritenuto che le investigazioni successive non avessero apportato elementi di
novità in grado d’influire sul quadro cautelare.
In verità, la consulenza balistica non solo avrebbe ribadito come Morisciano
non avesse esploso colpo alcuno, né detenesse nell’occasione armi da fuoco, ma

quello fatale, fossero stati direzionati dall’agente materiale verso il terreno (e
non ad altezza d’uomo, come da imputazione provvisoria); è su questa diversa
condotta materiale che dovrebbe allora essere apprezzato, in modo
significativamente diverso da quello originario, il contributo concorsuale di
Morisciano; la circostanza, dal Tribunale pretermessa, atterrebbe direttamente
alle «specifiche modalità e circostanze del fatto» influenti sulla stessa rilevazione
dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen.
Il secondo travisamento sarebbe costituito dall’omessa considerazione di
quel fondamentale passaggio della conversazione telefonica intercettata, da cui
emergerebbe che, nel recarsi per la seconda volta sul piazzale quella notte,
Morisciano avrebbe respinto l’idea di andare lui stesso munito di arma, pure
offertagli dal correo Eric Romano. Si tratterebbe di dato probatorio invece
rilevante, in quanto rivelerebbe un aspetto di personalità direttamente incidente
sul giudizio prognostico: Morisciano si era fissato un limite non valicabile, che
escludeva l’uso delle armi da fuoco in contesti illeciti e pur in situazioni estreme.
Il combinato disposto di tali elementi sarebbe inconciliabile con l’affermato
pericolo di reiterazione.
4.2. Con il secondo motivo deduce – ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e),
cod. proc. pen. – la violazione dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.,
ed il vizio di motivazione, in ordine alla ridetta esigenza cautelare.
La disposizione da ultimo richiamata, nel testo novellato dalla legge n. 47
del 2015, richiederebbe i congiunti requisiti dell’attualità e della concretezza del
pericolo di reiterazione, e l’onere motivazionale sul punto non sarebbe stato
adeguatamente soddisfatto.
4.3. Con il terzo motivo deduce – ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.
proc. pen. – la violazione dell’art. 274, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., ed il
vizio di motivazione, in ordine al ravvisato pericolo d’inquinamento probatori
Né l’ordinanza genetica (per lo meno quella contenente la contestazion di
omicidio, emessa dopo il decesso di Gino), né quella appellata, richiamerebbero

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avrebbe accertato che tutti i numerosi colpi, esplosi da Eric Romano, incluso

la relativa esigenza cautelare, che non avrebbe potuto essere surrettiziamente
apprezzata in violazione del principio devolutivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Occcorre muovere dal principio di diritto, più volte ribadito dalla

giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016,
Antignano, Rv. 266676, e Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, C., Rv. 265569),

revoca o sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a
rivalutare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo,
dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente
corretta e adeguatamente motivata in ordine agli allegati fatti nuovi, preesistenti
o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro indiziario o stricto
sensu cautelare; ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della
natura autonoma della decisione appellata.
Negli stessi limiti l’effetto devolutivo segna anche l’ampiezza dell’eventuale
successivo sindacato di questa Corte; limiti ai quali esso deve essere nella specie
ricondotto, a fronte di motivi di ricorso volti a contestare l’esistenza stessa dei
pericula liberatis, in tal modo però eccedendo l’ambito di cognizione originato
dall’iniziale istanza ex art. 299 cod. proc. pen., che aveva ad oggetto la sola
sostituzione della custodia in carcere con gli arresti dorniciliari e poneva quindi
una questione di mera adeguatezza della misura in atto.

2. Così delimitato il thema decidendum, il primo motivo deve giudicarsi
infondato, non essendo l’ordinanza impugnata incorsa in alcun vizio di
motivazione o travisamento della prova (quest’ultimo consistente nella dichiarata
acquisizione di un esito probatorio incontestabilmente diverso da quello
immediatamente emergente dagli atti, palesante dunque un errore di natura
revocatoria al quale è estraneo ogni discorso confutativo sul significato della
prova o di mera contrapposizione dimostrativa: Sez. 5, n. 39048 del
25/09/2007, Casavola, Rv. 238215), con riguardo all’apprezzamento delle
risultanze investigative ulteriori, in tesi dimostrative dell’affievolimento delle
esigenze cautelari.
A torto, infatti, si imputa al Tribunale di non aver tenuto in considerazione
elementi ad esso mai rappresentati, come è a dirsi per il passaggio della
telefonata intercettata che si denuncia pretermesso, ma che il ricorrente
ammette di non aver evidenziato nel suo gravame; ovvero elementi, quali il
direzionamento dei colpi come definitivamente accertato dalla consulenza

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secondo cui, in sede di appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di

balistica, che, seppur rappresentati, appaiono inidonei ad incidere sulla
complessiva valutazione operata dal Tribunale in chiave cautelare.
Trattasi invero di circostanze non solo estranee all’omicidio tentato (la
condotta d’investimento), a Morisciano materialmente riconducibile, ma neppure
significativamente influenti sulla valenza concorsuale del contributo da lui offerto
in relazione all’omicidio consumato, e così in ordine alla vicenda complessiva,
che deve essere unitariamente apprezzata.
Tale secondo delitto è stato sì materialmente eseguito da Eric Romano, e la

giustamente ed adeguatamente valorizzato il peculiare apporto, avente diretto
valore causale, dato da Morisciano nell’attuazione dello scellerato complessivo
disegno di ritorsione e vendetta, in termini di partecipazione diretta oltre che di
rafforzamento dell’agire altrui; basti dire – ed il Tribunale lo ha correttamente
evidenziato – che, mentre l’amico era sceso e sparava, l’attuale indagato, seppur
non armato (foss’anche per scelta), si è messo alla guida della vettura
lanciandola alla cieca sul gruppo dei motociclisti, e solo il caso ha voluto che si
sia registrato per conseguenza un solo ferito.
Ineccepibile appare in definitiva il conclusivo apprezzamento del giudice di
merito, in ordine all’assenza di sopravvenienze, relativamente alle «specifiche
modalità e circostanze del fatto» ed alla personalità del suo autore, aventi
carattere di decisività, ossia in grado di diversamente orientare (allo stato) la
prognosi cautelare, anche dal lato dello spessore della relativa esigenza e
dell’individuazione della misura necessaria a fronteggiarla.

3. Il secondo motivo risulta manifestamente infondato.
Esso trascura di considerare che, almeno in relazione al contestato reato di
omicidio volontario, vige – a seguito dell’estensione del catalogo delle fattispecie
di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., operata con il d.l. n. 11 del 2009,
conv. dalla I. n. 38 del 2009, e per le misure cautelari posteriormente applicate
(Sez. U, n. 27919 del 31/03/2011, Ambrogio, Rv. 250195), come quella in
scrutinio – la duplice presunzione, ancorché relativa, di sussistenza delle
esigenze cautelari e di adeguatezza della sola misura della custodia in carcere.
La prima presunzione, peraltro idonea a ricomprendere i caratteri di attualità
e concretezza di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 33051 del
08/03/2016, Barra, Rv. 268664), tocca aspetti preclusi in questa sede, ove per
le ragioni già indicate è in gioco la mera adeguatezza del regime cautelare in
atto.
Né il motivo sviluppa specifiche censure che involgano tale secondo profilo,
e la presunzione ad esso relativa, avendo peraltro il Tribunale convenientemente

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natura del dolo sarà oggetto di approfondimento in giudizio, ma il Tribunale ha

argomentato, sulla base degli indici (oggettivi e soggettivi) che qualificano il
grado dell’esigenza cautelare special-preventiva del caso concreto, sul suo
mancato superamento.

4. Il terzo motivo resta per l’effetto precluso, posto che le esigenze cautelari
non devono necessariamente concorrere ed il rilievo anche solo di una di esse,
nel grado richiesto, basta, se resistente a censura, a fondare conclusivamente la
corrispondente misura, rendendo in cassazione irrilevanti le censure difensive

Quinag, Rv. 264811; Sez. 6, n. 4829 del 12/12/1995, dep. 1996, Sorce, Rv.
203610; Sez. 3, n. 937 del 21/04/1993, Garofano, Rv. 194729).

5. Alla conseguente reiezione del ricorso segue la condanna la condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese
processuali.
La cancelleria curerà l’adempimento di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. c.p.p.

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Così deciso il 21/03/2018

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CORTE SUPREMA Di CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

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2 AGO. 2018
IL CANCELLIERE

ulteriori concernenti altra e diversa esigenza (Sez. 3, n. 35973 del 03/03/2015,

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