Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3757 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3757 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VACCA MASSIMO N. IL 24/08/1972
avverso la sentenza n. 343/2010 GIP TRIBUNALE di LANUSEI, del
04/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso ner

Udito, per la part
Uditi difensor Avv.

l’Avv

Data Udienza: 07/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1.

Il G.I.P. del Tribunale di Lanusei, con sentenza del 4/12/2012,

condannava Vacca Massimo per la contravvenzione di cui all’art. 20, commi 1 e
2, legge 110 del 1975, alla pena di euro 300,00 di ammenda, previa concessione
delle attenuanti generiche, disponendo la confisca del fucile da caccia che,
secondo l’imputazione, era custodito dal proprietario senza le necessarie cautele,
in quanto posto dietro una porta priva di cardini all’interno dell’abitazione dove

2. Ricorre per cassazione Massimo Vacca, deducendo violazione di legge e
vizio di motivazione.
L’istruttoria dibattimentale aveva dimostrato che l’arma era custodita in una
stanza piccola con porta in legno massiccio chiusa a chiave e con le chiavi
custodite dal Vacca; non a caso non era stata asportata dai ladri (che avevano
rubato una cassaforte che conteneva alcune pistole). Quando Vacca aveva
chiamato i Carabinieri, aveva provveduto ad aprire tutte le porte dell’abitazione
affinché i militari svolgessero nel modo migliore l’ispezione.
Il Giudice non aveva tenuto in considerazione le testimonianze di Piu Tania e
Piu Mirko che, con dovizia di particolari, avevano descritto la cura con cui Vacca
custodiva le sue armi. Il militare che aveva testimoniato in dibattimento aveva
fatto riferimento ad una porta appoggiata al muro, priva di cardini, che non era
la stessa porta che chiudeva il locale dove era custodito il fucile, ma una porta in
disuso.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

Nonostante siano denunciati vizi di violazione di legge e di manifesta
illogicità e contraddittorietà della motivazione, in realtà il ricorrente sollecita
questa Corte ad una nuova rivalutazione dell’istruttoria dibattimentale e, quindi,
ad un giudizio sul fatto: il ricorrente sostiene, infatti che il teste di polizia
giudiziaria Lo Iacono, ritenuto attendibile dal Giudice, non lo era, mentre i testi
della difesa, che il Giudice ha ritenuto non attendibili, lo erano.

Il punto in discussione nel processo era uno solo: lo sgabuzzino in cui era
riposto il fucile da caccia era chiuso a chiave, come sostiene il ricorrente, o era
2

viveva anche il figlio minore.

addirittura privo di porta, come ritenuto dal Giudice? La risposta a questo
quesito, assolutamente attinente alla ricostruzione del fatto, determina (come, in
sostanza, ammette anche l’imputato) l’esito del processo, tenuto conto che
nell’abitazione viveva anche il figlio minore del Vacca.

Ebbene, il Giudice ha riportato la precisa testimonianza del Maresciallo dei
Carabinieri e l’ha ritenuta attendibile, atteso che essa riferiva di uno stato dei
luoghi verificato personalmente nel corso dell’ispezione dell’abitazione; ha

avevano la medesima attendibilità, sottolineando che essi riferivano circostanze
non riferite specificamente al momento dell’ispezione dei Carabinieri; ha
affrontato anche l’argomento logico riproposto in sede di ricorso, costituito dalla
mancata sottrazione del fucile da parte dei ladri (che si erano impossessati di
una cassaforte), con considerazione niente affatto illogica.

Nessun travisamento della prova si ravvisa nella motivazione della sentenza
impugnata, che non presenta alcun vizio di illogicità.

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 7 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

spiegato il motivo per cui le dichiarazioni testimoniali dei due parenti non

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