Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37569 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37569 Anno 2018
Presidente: CASA FILIPPO
Relatore: FIORDALISI DOMENICO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
CHIANESE BIAGIO nato a VILLARICCA il 10/05/1972
PIROZZI IDA nato a NAPOLI il 01/01/1974

avverso l’ordinanza del 11/07/2017 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere DOMENICO FIORDALISI;
lette/seeitite le conclusioni del PG

Data Udienza: 21/03/2018

Il Procuratore generale, Elisabetta Ceniccola, chiede il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Chianese Biagio e Pirozzi Ida ricorrono avverso l’ordinanza con la quale, in

data 11/07/2017, la Corte di appello di Roma ha rigettato l’istanza di
applicazione della disciplina della continuazione tra reati di cui alla sentenza della
Corte di appello di Catanzaro di 5.11.2014 e quelli della sentenza della Corte di

I primi hanno portato alla condanna ad anni undici di reclusione per i seguenti
reati:
in Catanzaro con condotta anche in Campania ed in Terracina da giugno
2008 a novembre 2009, per art. 74 comma 1 d.P.R. 309/90,
a Catanzaro e in Campania il 18.7.2008, per art. 73 stesso d.P.R.,
a Catanzaro e in Campania il 15.10.2008, per art. 73 stesso d.P.R.
a Catanzaro e in Campania il 14.11.2008, per art. 73 stesso d.P.R.
a Catanzaro e in Campania il 17.11.2008 e 18.11.2008, art. 73 stesso
d.P.R.
a Catanzaro e nelle province di Latina e Napoli e a Rogliano CS il
3.12.2008 per art. 73 stesso d.P.R.
a Catanzaro e nella provincia di Napoli il 17.12.2008 per art. 73 stesso
d.P.R.;
a Catanzaro e nella provincia di Napoli il 18.12.2008 per art. 73 stesso
d.P.R.
a Catanzaro e nella provincia di Napoli il 21.2.2009 per art. 73 stesso
d.P.R.
a Catanzaro, Lamezia Terme e nella provincia di Napoli il 27.2.2009 per
art. 73 stesso d.P.R.;

a Catanzaro il 4.6.2009 per art. 73 stesso d.P.R.

Quelli della sentenza della Corte di appello di Roma hanno portato alla
condanna ad anni 3 di reclusione e 7.800,00 euro di multa e sono stati commessi
il 16.2.2010 in Campania ed Aprilia art. 73 stesso d.P.R.;
il 17.2.2010 in Campania ed Aprilia art. 73 stesso d.P.R.;
in Campania ed Aprilia il 2.3.2010 art. 73 stesso d.P.R.;
in Fondi in epoca anteriore e prossima al 17/05/2010, art. 9 legge 497/74.
Secondo i ricorrenti vi sarebbe coincidenza di luoghi di commissione dei reati
della stessa indole in un arco temporale circoscritto.

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appello di Roma del 26.6.2014.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Si premette in diritto che, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice
dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso
di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti
contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati
separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dalla stessa norma.
1.1. Secondo principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, per la
configurabilità della continuazione è necessaria un’unica complessa deliberazione

preventiva, alla quale segua, per ogni singola azione, una deliberazione specifica,
mentre deve escludersi che un programma solo generico di attività
delinquenziale o un mero sistema di vita siano idonei a far riconoscere la
continuazione tra diversi reati, perpetrati a distanza di tempo, qualora non venga
a risultare, in qualche modo, che essi, tutti o in parte, siano ricompresi,
effettivamente, in un piano criminoso già deciso, almeno a grandi linee, all’inizio
(tra le altre, Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098; Sez. 5, n.
49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833; Sez. 1, n. 35639 del 02/07/2013,
Piras, Rv. 256307), rilevando la generica deliberazione di reiterare
comportamenti penalmente illeciti soltanto, in quanto espressiva di un’attitudine
soggettiva a violare la legge, a fini del tutto diversi – e negativi per il reo – come
la recidiva e l’abitualità criminosa (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012,
Abbassi, Rv. 252950).
1.2. La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di trattamento
sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si
determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di
spinte criminose indipendenti e reiterate – deve essere di regola ricavata, poiché
attiene alla «inesplorabile interiorità psichica» del soggetto, da indici esteriori
significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle
condotte poste in essere (tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep.
2009, Di Maria, Rv. 243632).
In tale prospettiva si è chiarito che indici esteriori apprezzabili della
preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni vanno individuati in
elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità delle
condotte, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle
violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo (Sez. 1, n. 44862
del 05/11/2008, citata), senza che ciascuno di essi, singolarmente considerato,
costituisca indizio necessario di una programmazione e deliberazione unitaria,
mentre, aggiunto a un altro, incrementa la possibilità dell’accertamento
dell’esistenza

di

un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica

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/

corrispondente all’aumento di circostanze indiziarie favorevoli (Sez. 1, n. 12905
del 17/03/2010, Bonasera, Rv. 246838). In tal modo, di per sé l’omogeneità
delle violazioni e la contiguità temporale di alcune di esse, seppure indicative di
una scelta delinquenziale, non consentono, da sole, di ritenere che i reati siano
frutto di determinazioni volitive risalenti a un’unica deliberazione di fondo (tra le
altre, Sez. 3, n. 21496 del 02/05/2006, Moretti, Rv. 235523; Sez. 3, n. 3111 del
20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094), con la conseguenza che l’identità del
disegno criminoso deve essere negata qualora la successione degli episodi sia

tra le diverse fattispecie incriminatrici, la preventiva programmazione dei reati,
ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a
quello cronologicamente anteriore (tra le altre, Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012,
Natali, Rv. 254793).
1.3. L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone,
pertanto, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica verifica della
prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requisito per
il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen.
A tal fine, la cognizione del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di
possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio
delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono
essere in continuazione e, attraverso il loro raffronto, alla luce delle ragioni
enunciate dall’istante, gravato in tema di esecuzione – quando invoca
l’applicazione della disciplina del reato continuato – non da un onere probatorio,
ma dall’onere di allegare, e cioè di prospettare e indicare elementi specifici e
concreti a sostegno dell’istanza (tra le altre, Sez. 7, n. 5305 del 16/12/2008,
dep. 2009, D’Amato, Rv. 242476; Sez. 1, n. 2298 del 25/11/2009, dep. 2010,
Marianera, Rv. 245970; Sez. 1, n. 21326 del 06/05/2010, Faneli, Rv. 247356),
incombendo, invece, all’autorità giudiziaria il compito di procedere, ai sensi
dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen., che disciplina in genere l’attività
probatoria in sede esecutiva, e ai sensi dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen.,
che riguarda specificamente l’applicazione della disciplina del reato continuato, ai
relativi accertamenti (tra le altre, Sez. 1, n. 4469 del 11/11/2009, Nazar, Rv.
245512; Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276).
1.4. La valutazione, poi, circa la sussistenza della unicità del disegno criminoso
costituisce questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito,
che è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretta da adeguata
motivazione (tra le altre, Sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, Coluccia, Rv.
237014; Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, Pappalardo, Rv. 254006).

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tale da escludere, nonostante la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale

2. Osserva il Collegio che nel reato associativo inerente l’attività di traffico di
stupefacenti per il quale i ricorrenti hanno riportato la prima condanna dal
giugno 2008 al novembre 2009 risulta che la contestazione è aperta fino al
2012, data della sentenza di primo grado, sicché tutte le condotte relative ai
reati di singola detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti rientrano
effettivamente in detto arco temporale e si impone una rivalutazione
dell’originaria istanza volta al riconoscimento dell’applicazione della disciplina del
reato continuato, alla luce della ricorrenza degli stessi ambiti territoriali calabresi

provvedimento e che potrebbero far ravvisare l’unicità del disegno criminoso, in
concorso con gli altri indici relativi al tipo di reato e al periodo di commissione dei
singoli fatti di reato: sussiste pertanto il denunciato vizio di motivazione
dell’ordinanza impugnata, che non prende in considerazione tale profilo
essenziale, secondo i parametri sopra indicati.

3. Segue l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di
appello di Roma, per rinnovato esame da parte di altro giudice come persona
fisica, in ossequio ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n.
183 del 03/07/2013, sulla diversa composizione del giudice di rinvio, in caso di
annullamento di ordinanze.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata rinvia per nuovo esame alla corte di appello di
Roma.

Così deciso il 21/03/2018.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Domenico iordalisi

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penaie

Depositata in Cancelleria oggi
Roma, lì e.

2 AGO, 2018

e campani, che non sono stati tenuti in considerazione nell’impugnato

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