Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37568 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37568 Anno 2018
Presidente: CASA FILIPPO
Relatore: CENTOFANTI FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PENNACCHIO ANNA nato il 25/04/1961 a QUALIANO

avverso l’ordinanza del 07/07/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CENTOFANTI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale ROBERTO ANIELLO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Data Udienza: 21/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Napoli confermava il
provvedimento emesso il’11 marzo 2015 dal locale Tribunale, con il quale era
stata respinta l’istanza di Anna Pennacchio, tesa alla revoca, ex art. 7 legge n.
1423 del 1956, della confisca di prevenzione di un immobile di sua proprietà,
ordinata nel maggio 2006 (e divenuta definitiva nel giugno 2011).
A sostegno della revoca l’istante aveva addotto l’invalidità genetica della

dichiarazioni del costruttore-venditore e documentazione varia, da cui sarebbero
derivati la rideterminazione al ribasso del prezzo pagato per l’acquisto del
cespite, la riferibilità dell’acquisto stesso ai genitori di lei e la capienza reddituale
di costoro.
Secondo la Corte territoriale i fatti esposti non possedevano, per il loro
intrinseco contenuto, una forza tale da rivelare l’esistenza di un «errore
giudiziario» pregresso, e consentire per questa via di superare il carattere ormai
irretrattabile assunto dal provvedimento ablatorio.

2. Ricorre per cassazione la titolare del bene già confiscato, per mezzo del
difensore di fiducia, denunciando congiuntamente l’inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 7, secondo comma, legge n. 1423 del 1956, nonché la
mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Il tema centrale, dal giudice a quo eluso, sarebbe stato sì quello della
sopportazione dell’acquisto dell’immobile, da intendere però come identificazione
del reale acquirente ed accertamento della sua capienza economica, mentre il
prezzo pagato sarebbe servito solo come parametro di confronto con la provvista
dimostrata. Il decreto impugnato si sarebbe viceversa concentrato su tale unico
argomento, in parte ignorando, in parte malamente apprezzando il dato
probatorio rilevante sui rimanente centrali aspetti (e, in particolare, le nuove
dichiarazioni del costruttore-venditore Marrazzo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nel procedimento in esame, in cui la decisione definitiva sulla confisca di
prevenzione è intervenuta prima del 13 ottobre 2011, data di entrata in vigore
del d.lgs. n. 159 del 2011, non trova applicazione il rimedio della revocazione,
previsto dall’art. 28 di tale testo, bensì l’art. 7 della legge n. 1423 del 1956,
sicché correttamente l’organo competente a provvedere sulla richiesta revoca
della confisca medesima è stato individuato nell’organo giudicante che l’aveva

2

misura, che intendeva dimostrare mediante nuova consulenza tecnica,

disposta (in termini, Sez. 1, n. 2945 del 17/10/2013, dep. 2014, confl. comp. In
proc. Pipitone, Rv. 258599; Sez. 1, n. 45278 del 10/10/2013, confl. comp. In
proc. Apicella, Rv. 257479; Sez. 1, n. 33782 del 08/04/2013, Arena, Rv.
257116).

2. Tanto premesso, appare consolidato il principio che la «prova nuova»,
rilevante ai fini della revoca ex tunc della misura di prevenzione, sia soltanto
quella suscettibile di mutare radicalmente i termini della valutazione a suo tempo

conclusione del procedimento di prevenzione, o dopo di essa scoperta, con
esclusione di quella deducibile ma per qualsiasi motivo non dedotta (Sez. 5, n.
3031 del 30/11/2017, dep. 2018, Lagaren, Rv. 272104; Sez. 5, n. 28628 del
24/03/2017, Di Giorgio, Rv. 270238; Sez. 6, n. 44609 del 06/10/2015, Alvaro,
Rv. 265081); ciò in linea con la struttura e la funzione dell’istituto, assimilabile
alla revisione del giudicato penale di condanna, che non ammette pertanto
neppure diverse valutazioni tecnico-scientifiche di dati già esaminati, che si
tradurrebbero in apprezzamento critico di emergenze oggettive già conosciute e
delibate nel procedimento (Sez. 6, Sentenza n. 3943 del 15/01/2016, Bonanno,
Rv. 267016; Sez. 1, n. 36224 del 22/09/2010, Famà, Rv. 248296; Sez. 2, n.
25577 del 14/05/2009, Lo Iacono, Rv. 244152).
A tale principio il decreto impugnato si è rettamente attenuto, ampiamente
argomentando nel senso dell’assenza, negli elementi forniti, di un reale
contenuto di novità, e comunque nel senso della loro inidoneità rappresentativa
ai fini considerati, per l’effettiva incapacità di travolgere, sotto gli aspetti cruciali
(riferibilità dell’acquisto al soggetto proposto e sua capacità reddituale), il
giudicato ormai formatosi. E con l’ampiezza delle argomentazioni giudiziali, il
ricorso, meramente «confutativo», neppure adeguatamente si misura.

3. Occorre comunque ricordare che, nel procedimento di prevenzione, il
ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il
disposto degli artt. 4 legge n. 1423 del 1956, e 3-ter, secondo comma, legge n.
575 del 1965, pro-tempore applicabili; disciplina cui occorre fare riferimento
anche in materia di revoca ex art. 7 legge n. 1423 citata (Sez. 1, n. 37311 del
09/06/2015, Galetti, Rv. 264618; Sez. 5, n. 16421 del 14/04/2011,
Santomauro, Rv. 250176; Sez. 5, n. 43995 del 15/10/2009, Tamborra, Rv.
245095; Sez. 5, n. 26996 del 26/05/2009, Morabito, Rv. 244484).
Ciò significa che il sindacato di legittimità rinviene contenuto e cornice di
definizione nella motivazione inesistente o apparente (art. 125, comma 3, cod.
proc. pen.). E’ scrutinabile dinanzi alla Corte di cassazione quella carenza del

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operata, e che possieda altresì le caratteristiche di prova sopravvenuta alla

percorso di giustificazione della decisione che sia tale da tradursi nella redazione
di una motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità
o, ancora, di un testo del tutto inidoneo a far comprendere lo svolgimento del
ragionamento seguito dal giudice (tra le altre: Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014,
Repaci, Rv. 260246; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266365).
Da tali vizi la motivazione in verifica – per quanto esposto né graficamente
mancante, né fittizia – è palesemente immune.

di conseguenza inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i
profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., sentenza n.
186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura
che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in duemila
euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 21/03/2018

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Francco Cen fanti

Filippo Casa

r
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

Depositata in Cancelleria oggi
Roma,

n r 2 A60,..2018

4. Il ricorso, basato su ragioni precluse o manifestamente infondate, risulta

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