Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37561 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 37561 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALVEMINI MICHELE N. IL 20/07/1972
avverso la sentenza n. 2255/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
13/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. fik-Ag.e_ /1/0 6 4,4L 4,)
che ha concluso per CL

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Data Udienza: 26/05/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 13/03/2014 la Corte d’appello di Bari ha confermato la

decisione di primo grado che aveva condannato alla pena di giustizia Michele
Salvemini, avendolo ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 81, 56, 640,
485 cod. pen., per avere, nella qualità dì legale rappresentante della Palladio
s.r.I., formato una falsa fattura relativa ad un credito vantato dalla società nei
confronti della Costruire s.r.I., alla quale aveva apposto la firma apocrifa del
legale rappresentante di quest’ultima società (Giulio De Luca), che figurava

La fattura era quindi stata presentata per lo sconto alla banca, ottenendo un
anticipo in due tranches.

2. Nell’interesse del Salvernini è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e mancata assunzione
di una prova decisiva, sottolineando che la richiesta di audizione del curatore
della Palladio s.r.l. sarebbe stata decisiva, al fine di dimostrare quanto
pacificamente non era stato accertato in corso dì giudizio, ossia l’esistenza di un
credito della società nei confronti della Costruire s.r.l. e la sostanziale
dipendenza economica della prima società dalla seconda.
Siffatta richiesta, indispensabile per appurare l’esistenza o non dell’ingiustizia del
profitto, era stata disattesa senza alcuna giustificazione.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
con riferimento ai requisiti della univocità ed idoneità degli atti posti in essere dal
ricorrente, da valutarsi necessariamente nel loro insieme. Si osserva, al riguardo,
che la condotta tenuta dal Salvemini configura un reato impossibile, come
confermato dal fatto: a) che la stessa banca non aveva intrapreso alcuna azione,
limitandosi ad escutere le garanzie personali delle quali disponeva; b) che il De
Luca non era stato vincolato a soddisfare alcun credito vantato dalla Palladio
s.r.l.; c) che, in definitiva, gli unici a rimetterci erano stati quest’ultima società,
crollata sotto il peso dell’inadempimento della Costruire s.r.I., e i fideiussori della
prima.
Del resto, il comportamento del Salvemini era stato determinato dalla necessità
di salvare la propria attività dall’imminente fallimento, determinato dal
comportamento inadempiente del De Luca, non casualmente destinatario della
azione con la quale la curatela fallimentare ha poi coltivato l’originaria domanda
proposta nei suoi confronti.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con
riferimento all’elemento psicologico del reato di cui all’art. 485 cod.

pen.,

rilevando: a) che, nel caso di specie, ricorre il cd. falso inutile; b) che comunque
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avere accettato la cessione di credito in favore di una banca, e un falso timbro.

si trattava di un falso consentito; c) che comunque l’azione non era sorretta dal
fine di conseguire un vantaggio ingiusto.
2.4. Con il quarto motivo si lamentano violazione di legge e vizi motivazionali,
rilevando che a) i giudici di merito, nel subordinare la sospensione condizionale
della pena al risarcimento del danno, avevano omesso di valutare, sia pure
sommariamente, le condizioni dell’imputato; b) la decisione era abnorme, alla
luce degli importi ben superiori dei quali la Palladio s.r.l. potrebbe risultare
creditrice nei confronti della Costruire s.r.I., per effetto dell’azione civile

Considerato in diritto
1. Il primo motivo è inammissibile.
In particolare, si rileva che la questione della pretesa sussistenza del credito
vantato dalla Palladio s.r.l. nei confronti della Costruire s.r.l. (questione alla cui
dimostrazione sarebbe funzionale la richiesta audizione del curatore della prima
società) è del tutto irrilevante, come la Corte territoriale ha chiarito, avendo
sottolineato che il Salvemini, oltre a falsificare la fattura, ha anche artatamente
attribuito all’autore apparente della falsa sottoscrizione apposta, ossia al De
Luca, la dichiarazione per la quale il credito era “vero e reale nell’importo di euro
156.000,00, esigibile alla predetta scadenza libero da pretesi diritti, sia di terzi
che propri”, in tal modo perseguendo l’ingiusto profitto di creare una ricognizione
di debito idonea a superare le contestazioni in atto, addirittura ponendo a carico
del dichiarante l’onere di dimostrare l’insussistenza del rapporto fondamentale, ai
sensi dell’art. 1988 cod. civ.
Ne discende che la dimostrazione della fondatezza della pretesa vantata dalla
Palladio s.r.l. nei confronti della Costruire s.r.l. nulla toglierebbe alla contrarietà
al diritto del vantaggio perseguito dall’imputato attraverso la creazione del
fondamento negoziale di un credito certamente insussistente nei termini
emergenti dall’indicata documentazione.
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Premesso che la questione dello stato di necessità, come causa di giustificazione
della condotta, non risulta neppur dedotta come prospettata in grado di appello
(e, in effetti, risulta assolutamente nuova in tali termini), si osserva che,
secondo il consolidato orientamento di questa Corte – peraltro rammentato in
termini adesivi anche dal ricorrente – ai fini della configurabilità del reato
impossibile, l’inidoneità dell’azione deve essere assoluta per inefficienza
strutturale e strumentale del mezzo usato così da non consentire neppure in via
eccezionale l’attuazione del proposito criminoso (Sez. 5, n. 9254 del 15/10/2014
– dep. 03/03/2015, Semeraro, Rv. 263058, la quale in motivazione
puntualmente rileva che nei reati di danno l’idoneità degli atti nel tentativo va
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proseguita dalla curatela fallimentare della prima società.

riferita all’insieme complessivo dell’attività posta in essere dal soggetto, tenendo
conto di tutte le modalità e circostanze effettive di essa nell’ambito della
situazione contingente, e va ritenuta sussistente se risultino dotati di oggettiva

pericolosità in concreto rispetto all’interesse protetto, con valutazione, quindi, ex
ante, anche se la prognosi è necessariamente postuma rispetto all’attività
svolta).
Ora, nella specie, del tutto irrilevanti appaiono, al fine di criticare le conclusioni
raggiunte dalla Corte territoriale, gli elementi valorizzati dal ricorrente, in quanto

De Luca, non esclude affatto l’idoneità della falsa dichiarazione della quale s’è
detto ad esporre quest’ultimo a pregiudizio (ed infatti, anche in concreto, la
banca aveva sollecitato il pagamento della fattura nei confronti della Costruire
s.r.I., salvo arrestarsi a seguito delle contestazioni del legale del De Luca).
Che poi il De Luca non abbia sofferto alcun danno dall’iniziativa del Salvemini
spiega perché il delitto sia stato contestato nella forma tentata, ma non incrina la
logica conclusione dell’idoneità ed univocità degli atti posti in essere a tal fine.
Così come del tutto irrilevanti appaiono, nella prospettiva del presente
procedimento, le perdite sofferte dalla Palladio s.r.l. e dai suoi fideiussori.
3. Inammissibile è anche il terzo motivo, in quanto certamente non viene in
questione un falso inutile o innocuo, ossia non punibile per inidoneità dell’azione,
che ricorre solo quando esso determini un’alterazione irrilevante ai fini
dell’interpretazione dell’atto, non modificandone il senso (Sez. 5, n. 38720 del
19/06/2008, Rocca, Rv. 241936), laddove, nel caso di specie, il falso, proprio
perché attribuiva al De Luca il riconoscimento di un debito nei termini ricordati
supra sub 1, comportava una significativa alterazione della realtà negoziale.
Quanto alla ritenuta sussistenza del cd. falso consentito, si osserva che: a) sul
piano oggettivo, ai fini della sussistenza del reato di falso in scrittura privata
(art. 485 cod. pen.), il consenso o l’acquiescenza della persona di cui sia
falsificata la firma, non svolge alcun rilievo, in quanto la tutela penale ha per
oggetto non solo l’interesse della persona offesa, apparente firmataria del
documento, ma anche la fede pubblica, la quale è compromessa nel momento in
cui l’agente faccia uso della scrittura contraffatta per procurare a sé un
vantaggio o per arrecare ad altri un danno; pertanto anche l’erroneo
convincimento sull’effetto scriminante del consenso costituisce una inescusabile

ignoranza della legge penale (Sez. 5, n. 16328 del 10/03/2009, Livi, Rv.
243342); sul piano soggettivo, nel delitto in questione, per l’integrazione del
dolo specifico non occorre neppure il perseguimento di finalità illecite, poiché
l’oggetto di esso è costituito dal fine di trarre un vantaggio di qualsiasi natura,
legittimo od illegittimo (Sez. 5, n. 22578 del 16/03/2012, Lupi, Rv. 252968).
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la circostanza che la banca non abbia intrapreso alcuna azione nei confronti del

Solo per completezza, può aggiungersi che l’ingiustizia del profitto avuto di mira
si desume da quanto osservato supra sub 1 e 2.
D’altra parte, nonostante il carattere assorbente delle superiori osservazioni, si
rileva che il ricorrente neppure critica le argomentazioni dedicate dalla sentenza
impugnata ad escludere che siffatto consenso del De Luca sia realmente
intervenuto, ma si limita a riproporre assertivamente la propria ricostruzione dei
fatti.
4. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.

del ricorrente non è stata prospettata come motivo di appello, talché la censura
prospetta la questione per la prima volta in sede di legittimità.
Peraltro, dall’applicazione di tale principio, non può derivare al predetto alcun
grave e irreparabile danno in ipotesi d’incolpevole inadempimento del detto
obbligo, non comportando l’inosservanza dello stesso la revoca automatica del
beneficio e potendo, come s’è detto, il soggetto interessato, in sede di
esecuzione, allegare la comprovata assoluta impossibilità dell’adempimento e
potendo il giudice valutare l’attendibilità e la rilevanza dell’impedimento dedotto
(si veda, ad es., Sez. 1, n. 43905 del 14/10/2013, Bullo, Rv. 257587).
In secondo luogo, si rileva che il credito risarcitorio scaturente dalla sentenza
impugnata in favore della parte civile e nei confronti del Salvemini, in proprio,
non appare neppure astrattamente compensabile con l’eventuale credito del
quale la curatela della Palladio s.r.l. (e, al limite, anche quest’ultima, ove tornata
in bonis) potrà beneficiare all’esito dell’accoglimento delle sue domande, non
essendo evidentemente sovrapponibile la soggettività giuridica dell’odierno
ricorrente con quella della società da lui rappresentata.
5.

Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e tale

situazione, implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale,
cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice la
possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta
successivamente alla pronuncia in grado di appello (Cfr., tra le altre, Sez. U, n.
21 dell’11/11/1994, Cresci, Rv. 199903; Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011,
Morra, Rv. 250328, in motivazione).

6. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

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In primo luogo, si osserva che l’omessa valutazione delle condizioni economiche

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle

Ammende.
Così deciso in Roma il 26/05/2015

Il Presidente

Il Componente estensore

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