Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37560 del 07/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37560 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: SIANI VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MASSE’ MAURIZIO nato il 19/08/1966 a MILANO

avverso l’ordinanza del 01/06/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
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a “i, i ;ti< ( JI(Af`i i Data Udienza: 07/03/2018 - RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa in data 10 - 8 giugno 2017, la Corte di appello di Milano ha rigettato l'istanza formulata nell'interesse di Maurizio Massè di applicazione in sede esecutiva della disciplina della continuazione fra i reati giudicati dalle nove sentenze indicate con i numeri progressivi da 1 a 9 nell'istanza, rispettivamente: 1) sentenza della Corte di appello di Milano del 19 agosto 1986 (reati di rapina 2) sentenza della Corte di appello di Milano del 10 marzo 1987 (reato in materia di sostanze stupefacenti); 3) sentenza della Corte di appello di Milano del 7 giugno 1993 (reati in materia di sostanze stupefacenti); 4) sentenza della Corte di appello di Milano 15 luglio 1998 (reati posti in continuazione con quelli relativi alla sentenza precedente); 5) sentenza del Tribunale di Milano del 25 novembre 2003 (reati in materia di sostanze stupefacenti); 6) sentenza della Corte di appello di Milano del 13 giugno 2008 (reati di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato e di falsa testimonianza); 7) sentenza della Corte di appello di Milano del 3 dicembre 2011 (reato di maltrattamenti in famiglia); 8) sentenza della corte di appello di Milano del 19 maggio 2014 (tentata estorsione aggravata ex art. 7 dl. n. 152 del 1991); 9) sentenza della corte di appello di Milano del 10 novembre 2014 (reato in materia di sostanze stupefacenti). Il Tribunale ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per individuare un unico disegno criminoso alla base delle condotte indicata nell'istanza stante il tempo trascorso fra la commissione dei vari reati inseriti nella serie indicata. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di Massè chiedendone l'annullamento e deducendo tre motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione dell'art. 81 cod. pen. e dell'art. 671 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione con riferimento a tutte le richieste avanzate, comprese le istanze subordinate. Il valore assoluto annesso dall'ordinanza impugnata al tempo trascorso non teneva conto delle carcerazioni subite dal ricorrente fra l'uno e l'altro reato: carcerazioni che non soltanto non avevano indotto Massè ad abbandonare il proposito criminoso, ma non lo avevano distolto dal proseguire la commissione dei reati anche in stato restrittivo o in regime di semilibertà. D'altro canto, non aggravata, detenzione e porto illegale di armi e munizioni, ricettazione e furto); poteva escludersi a priori che una persona si proponesse di commettere diversi reati anche a distanza di lungo tempo, sicché il dato cronologico non poteva essere elemento da solo sufficiente a escludere il nesso della continuazione. Era anche da puntualizzare che il giudice dell'esecuzione non aveva tenuto in alcun conto le richieste subordinate, inerenti all'applicazione della continuazione anche fra singoli gruppi di reati. 2.2. Con il secondo motivo si prospetta violazione delle norme suindicate e vizio di motivazione in relazione all'omessa valutazione dello stato di Massè aveva dedotto e provato di essere in stato di tossicodipendenza dall'età di 14 anni e tale stato aveva contribuito in modo determinante alle sue scelte criminali. L'ordinanza impugnata, invece, aveva implicitamente ritenuto ininfluente questo stato patologico a fronte del lungo intervallo di tempo trascorso tra i vari reati. Invece l'art. 671 cod. proc. pen. contemplava specificamente la situazione di tossicodipendenza come elemento rilevante ai fini della continuazione. Se si consideravano gli altri indici rivelatori - quali la tipologia dei reati, il fine di lucro, le medesime modalità di commissione, i correi in parte medesimi, gli stessi ruoli, gli stessi territori - non poteva non concludersi che il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali il complesso di questi elementi, compresa la tossicodipendenza, non fosse idoneo al riconoscimento del medesimo disegno criminoso. 2.3. Con il terzo motivo si lamenta vizio di motivazione in ordine alla mancata disamina dell'istanza di riconoscimento di reato continuato per singoli gruppi, specificamente indicati fin dall'istanza proposta alla Corte di appello. 2.3.1. I gruppi di reati, di cui sono reiterate le composizioni nel ricorso (fatti di rapina, armi, traffico di stupefacenti commessi dal 1985 al 2007; fatti in materia di stupefacenti commessi dal 1985 al 2007; fatti in materia di stupefacenti commessi dal 1985 al 1990; fatti di rapina e traffico di stupefacenti commessi dal 1985 al 1990) e le ragioni che ne avevano determinato la rispettiva prospettazione non erano stati presi in alcuna considerazione dal provvedimento impugnato. 2.3.2. Nemmeno era stata presa in considerazione la sollecitazione alla verifica dei presupposti della continuazione con riguardo ai reati di estorsione con metodo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti commessi dal 2007 al 2012 nonostante l'evenienza degli elementi sintomatici indicati al riguardo. 3. Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, avendo, il giudice dell'esecuzione, incensurabilmente ritenuto ostativo 3 tossicodipendenza del ricorrente. all'applicazione della continuazione il considerevole lasso di tempo trascorso fra i numerosi reati, dettagliatamente indicati nel provvedimento impugnato: e, considerato che la dinamica di tali reati era stata completamente ricostruita nella loro successione temporale, l'asserito stato di tossicodipendenza non avrebbe potuto, da solo, giustificare l'affermazione dell'esistenza di un unico programma delinquenziale, trattandosi piuttosto di singoli reati deliberati in relazione a situazioni contingenti. 1. La Corte ritiene che il ricorso sia da accogliere nei sensi che seguono, valutando in modo congiunto i tre motivi di impugnazione, in ragione dell'intima connessione fra le tematiche a cui essi sono stati riferiti. 2. E' rilevante constatare che a giustificazione del rigetto dell'istanza il giudice dell'esecuzione ha evidenziato che la consumazione dei diversi reati era avvenuta a distanza di molto tempo l'una dall'altra (era trascorso un mese fra i reati di cui alla sentenza n. 1 e di cui alla sentenza n. 2, riconducibili all'anno 1985; 3 anni dopo Massè aveva consumato i reati di cui alla sentenza n. 4 e cinque anni dopo il reato di cui alla sentenza n. 3; le sentenze di cui ai nn. 5, 6, 7, 8 e 9 attenevano a fatti risalenti rispettivamente al 1999, 1996, al settembre 1997, al 2012, ai mesi di maggio e giugno 2007), per cui era da ritenersi che, essendo la maggior parte dei delitti stata commessa dal reo in un arco temporale pluridecennale, il medesimo disegno criminoso fra gli stessi non fosse stato provato. 3. In tale stringato discorso giustificativo, però, se si individua la risposta all'istanza di applicazione della continuazione all'intera serie di reati indicati dall'istante, per un verso, si constata che essa risulta basata esclusivamente sulla notevolissima ampiezza dell'arco temporale in cui i reati dell'intera serie sono stati commessi e, per altro verso, si rileva che nessun argomento è stato svolto per valutare se sussistesse e avesse potuto avere efficienza concorrente nella maturazione del medesimo disegno criminoso la condizione di tossicodipendente del reo e se l'esito della relativa indagine, conclusa in senso negativo in riferimento al'intera serie di reati, fosse da ritenersi di eguale segno in riferimento alla verifica relativa ai singoli gruppi di reati in ordine a cui Massè pure aveva formulato l'istanza di applicazione della continuazione. In definitiva - a fronte di un'istanza che pretendeva di riunire in continuazione una serie notevole di reati commessi in un arco di tempo 4 CONSIDERATO IN DIRITTO intercorrente tra il 1985 del 2012, ma che deduceva anche l'evenienza del fattore della tossicodipendenza fin dall'età di 14 anni e che si articolava anche nella sollecitazione, esposta in modo specifico, alla verifica del medesimo disegno criminoso riferita pure a singoli gruppi di reati - il giudice dell'esecuzione ha offerto una risposta che ha fatto esclusiva leva sul fattore del lungo intervallo temporale tra reato e reato quale elemento decisivamente ostativo per l'applicazione della continuazione, in un quadro peraltro contrassegnato dal citato (dallo stesso ricorrente) iter deviante comprensivo anche di carcerazioni e attinenti alla materia di stupefacenti, sebbene non siano mancati quelli riguardanti l'offesa di beni giuridici affatto diversi. Nessuna considerazione ha, peraltro, svolto il Tribunale circa la verifica della eventuale rilevanza della situazione di tossicodipendenza, pure debitamente dedotta con l'istanza (anche con riferimento al certificato di cui all'allegato 13) con la prospettai zone del carattere inveterato di tale condizione fin da quando Massè aveva l'età di 14 anni. Nessun argomento è stato, inoltre, esternato per spiegare se la continuazione per gruppi di reati, pure chiesta da Massè, fosse o meno da accogliersi e, in caso negativo, per esporre la ragione per la quale nemmeno per i gruppi di reati specificamente indicati nell'istanza potesse individuarsi il medesimo disegno criminoso. 4. Orbene, la seconda doglianza, in particolare, denuncia un vizio obiettivamente sussistente nel provvedimento impugnato, in quanto la motivazione posta a sostegno della soluzione adottata non ha in alcun modo preso in considerazione la giuridica possibilità di istituire il vincolo della continuazione fra le sentenze od alcune delle sentenze dedotte in domanda sulla base dell'elemento dello stato di tossicodipendenza dell'istante: ciò, nonostante tale condizione fosse stata, come si è visto, allegata da Massè nell'istanza originaria, anche con riferimento a specifica certificazione sanitaria alla stessa allegata. Diviene quindi rilevante, sul tema, il richiamo dell'art. 671, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen. (come introdotto dall'art. 4 d.l. n. 272 del 2005, conv. dalla legge n. 49 del 2006), in forza del cui disposto, allorché si tratti di verificare la continuazione in fase esecutiva, lo stato di tossicodipendenza deve essere valutato come elemento idoneo a giustificare l'unicità del disegno criminoso con riguardo a reati che siano ad esso collegati e dipendenti; ciò, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell'istituto previsto dall'art. 81, secondo comma, cod. pen. (così Sez. 1, n. 20816 del 09/01/2017, Todaro, n. m.; Sez. 1, n. 50716 del 5 misure alternative, che si sono frapposte alla commissione di reati per lo più 07/10/2014, Iannella, Rv. 261490), essendo sottesa all'innovazione normativa ora richiamata la ratio di attenuare le conseguenze penali della condotta sanzionatoria quando i diversi reati siano stati commessi da soggetto tossicodipendente, per essersi considerato che quella condizione, ove sussistente all'atto della consumazione dei reati stessi, va presa in esame per verificare se essa in concreto concorra a giustificare l'unicità del disegno criminoso. Beninteso, il discorso giustificativo doveva e deve inscriversi nella prospettiva secondo cui il riconoscimento della continuazione necessita, anche in approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea. (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074). Nell'ambito di tale prospettiva, però, la condizione di tossicodipendente è suscettibile di essere presa in considerazione per giustificare l'unicità del disegno criminoso, con riferimento ai reati che siano ad essa collegati e da essa dipendenti, sempre che sussistano anche le altre condizioni per l'evenienza della continuazione (Sez. 1, n. 33518 del 07/07/2010, Trapasso, Rv. 248124), costituendo la medesima un fattore ulteriore - quindi concorrente, non esclusivo - per l'accertamento in parola (v. anche l'analisi di Sez. 2, n. 49844 del 03/10/2012, Gallo, Rv. 253846). E la delibazione di rilevanza o meno del relativo fattore esige che, quando esso emerga dagli atti oppure sia allegato in modo sufficientemente specifico, anche con documentazione sanitaria che ad esso faccia congruo riferimento, il giudice dell'esecuzione esamini il relativo elemento e le corrispondenti allegazioni, dandone conto in motivazione, in modo esplicito od anche implicito, ma comunque univoco. Pertanto, allorché si verta in tema di reato continuato in sede esecutiva, se non viola l'obbligo di motivazione su circostanza rilevante ai fini della decisione il giudice che non prenda in considerazione lo stato di tossicodipendenza del condannato, che risulti solo genericamente dedotto e non sia accompagnato da alcun elemento che lo renda plausibile e suscettibile di essere considerato, né emerga altrimenti dalle sentenze acquisite anche d'ufficio ex art. 186 disp. att. cod. proc. pen. (arg. ex Sez. 1, n. 881 del 29/09/2015, dep. 2016, Filippone, Rv. 265716), viola invece tale obbligo il giudice che, a fronte di allegazione specifica 6 sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una in sé e per come supportata da deduzioni e documenti, escluda totalmente dal discorso giustificativo l'analisi della suddetta condizione (arg. sullo stesso tema ex Sez. 1, n. 34453 del 03/04/2017, Confessore, n. m.). 5. Inoltre - e in tale limitato senso sono da accogliere il terzo e, per il riferimento compiuto, il primo motivo - va rilevata l'omessa pronuncia sull'istanza subordinata di applicazione della continuazione soltanto ad alcuni fra i reati dedotti, accorpati per gruppi prospettati da Massè come maggiormente del disegno criminoso. Invero, quando l'istanza di applicazione della continuazione, oltre che inerire all'intera serie di reati dedotta, abbia riguardo anche, in prospettiva subordinata, a un circoscritto gruppo di reati o a più gruppi di reati, con allegazione specifica dell'evenienza di indici sintomatici afferenti al singolo gruppo, il giudice deve esaminare pure l'istanza subordinata fornendo adeguata motivazione, quanto meno implicita ma univoca, sulla sussistenza o meno delle condizioni per l'applicazione della disciplina di cui all'art. 81, comma secondo, cod. pen. Si è già affermato che l'elevato arco di tempo all'interno del quale sono stati commessi più reati non esime il giudice dall'onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all'interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale (Sez. 1, n. 14348 del 04/02/2013, Artusio, Rv. 255843). Richiamando tale indirizzo, lo si ribadisce con la specificazione che l'esigenza di analizzare la prospettiva della continuazione per singoli gruppi fra quelli dedotti si profila sussistente quando l'interessato, in domanda, abbia specificamente dedotto, anche in via subordinata, l'evenienza del medesimo disegno criminoso per gruppi di reato espressamente enucleandoli e adducendo gli indici rivelatori della rispettiva allegazione. Siffatti elementi sono riscontrabili nell'istanza di Massè: pertanto, sotto tale profilo la risposta alla domanda subordinata doveva essere data, impregiudicata ogni valutazione di merito circa la sussistenza o meno dei dedotti fattori unificanti relativi ai singoli gruppi di reati. 6. Chiariti tali principi, deve concludersi che il ragionamento sviluppato dal giudice dell'esecuzione, avendo totalmente omesso di valutare il - pure allegato con specificità sufficiente - fattore della condizione di tossicodipendenza del'istante e non avendo dato risposta all'istanza, subordinata, di applicazione della continuazione per i singoli gruppi di reati enucleati, è viziato da motivazione 7 caratterizzati dal concorso di indici sintomatici dell'addotta, rispettiva unitarietà carente su una circostanza rilevante e da omessa pronuncia, nei sensi sopra indicati. Per queste ragioni l'ordinanza va annullata con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione (cfr. Corte cost., sent. n. 183 del 09/07/2013), per nuovo esame che tenga conto dei principi testé esposti. P.Q.M. di Milano. Così deciso il 7 marzo 2018 Il Consigliere estensore Il Presidente Vi\iqnzo Siani Adet TO9i NO/Vi U.^■' CORTE SUPREMA Di CASSAZIONE Prima Sezione Penale Depositata in Cancelleria oggi Roma, h AGO, 2018 Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello

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