Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37539 del 25/01/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 37539 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

Data Udienza: 25/01/2018

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Colasuonno Pasquale , nato il 22. 12.1988
avverso l’ordinanza n.823/2017 del Tribunale del riesame di Bari, del
18.09.2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito lette le richieste il Pubblico Ministero in persona del
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Sostituto

Procuratore generale, Giulio Romano , che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso
MOTIVI della DECISIONE

Avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello proposto da
Colasuonno Pasquale , avverso l’ordinanza reiettiva della richiesta di sostituzione

all’art.416 bis cod.pen. , propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di
fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari,
come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
-violazione di legge in relazione agli artt. 274 lett. c) e 275 cod. proc. pen. Il
ricorrente lamenta che il Tribunale non ha dato peso alle argomentazioni della
difesa , secondo la quale Colasuonno, quando è stato arrestato per fatti risalenti al
2009, aveva ormai interrotto ogni rapporto con la consorteria mafiosa facente capo
a Di Cosola Antonio, con il quale aveva un rapporto personale di particolare
rilevanza, avendolo avvertito dell’agguato che affiliati ad un clan rivale gli stavano
preparando. In particolare, l’affermazione del Tribunale, secondo la quale il clan
aveva continuato ad operare fino al 2016 con nuove affiliazioni e nuove attività
criminali, anche dopo che il capo era diventato collaboratore di giustizia, non
dimostra un coinvolgimento diretto del Colasuonno nel clan ,in tempi recenti,
tenuto conto che mai era venuta in evidenza una partecipazione attiva di costui
nelle attività illecite del clan, nel corso delle più recenti e ripetute operazioni di
polizia. Occorreva poter accertare l’effettiva partecipazione del Colasuonno
all’attività del clan ,tra il 2009 ed il 2016,e verificare l’effettiva sussistenze delle
esigenze cautelari nell’attualità
Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, infatti, ha riproposto pedissequamente le stesse doglianze già dedotte
al Tribunale del riesame e che sono state tutte già compiutamente valutate e
respinte nella fase precedente . L’atto di impugnazione, pertanto, è di contenuto
generico, venendo meno alla sua funzione di costituire critica specifica al
provvedimento impugnato [v. Cass. n. 20377/091 : la mancanza di specificità del
motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento

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della misura della custodia cautelare in carcere in relazione alla imputazione di cui

dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv.
216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007,
n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv.
237596).
In particolare ,i1 Tribunale ha posto in evidenza che la scelta di collaborare operata

legami con i sodali non dimostra analoga decisione da parte del Colasuonno che,
peraltro, essendo affiliato con il grado di terza a Coletta Giuseppe, come riferito dai
collaboratori, che in questa particolare fase del clan Di Cosola risulta, da un punto
di vista gerarchico, uno dei massimi esponenti , ben potrebbe essere uno dei
potenziali riorganizzatori del sodalizio unitamente all’ odierno ricorrente, tanto più
che, come rileva il Riesame nel provvedimento impugnato la supposta disgregazione
del clan Di Cosola non è ancorata ad alcun preciso dato processuale ed è, invece,
smentita dal susseguirsi, nel tempo , delle varie ordinanze di cui dà atto lo stesso
ricorrente, che dimostrano che il clan è rimasto sempre integralmente operativo
nonostante gli arresti subiti. Pertanto, a tenore del provvedimento impugnato,

“l’

“assenza” del prevenuto dalle indagini che hanno coinvolto in quel periodo il clan Di
Cosola non ne attestano di certo la sua dissociazione poiché posta in relazione alle
specifiche indagini svolte nei predetti procedimenti.” circostanza, questa, che ha
indotto il Tribunale a precisare, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale di
questa Corte, che:” il sopravvenuto stato detentivo non esclude la permanenza della

partecipazione al sodalizio criminoso, che viene meno solo nel caso, oggettivo, della
cessazione della consorteria criminale ovvero nelle ipotesi soggettive, positivamente
acclarate, di recesso o esclusione del singolo associato …”
La mancanza di una qualsivoglia prova che il ricorrente abbia rescisso i legami con
l’associazione di appartenenza, che, come si è detto, lungi dall’essersi disgregata è
viva ed operativa nel territorio di riferimento, ha coerentemente indotto il Tribunale
a ritenere che non vi sia alcun fatto nuovo dal quale desumere che siano venute
meno o siano attenuate le esigenze cautelari inizialmente ritenute.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della

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da Di Casola Antonio e, quindi, la sua rescissione dal vincolo associativo e dai

Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima
equo determinare in euro 2000,00. La Cancelleria dovrà procedere alle necessarie
comunicazioni ai sensi dell’art.94 comma 1 ter disp.att.cod.proc.pen.

P.Q.M.

processuali e della somma di euro duemila alla Cassa delle ammende. Si provveda
ai sensi dell’art.94 comma 1 ter disp.att.cod.proc.pen.
Motivazione semplificata
Così ecisi n 1
Il Con

4ma, camera di consiglio del 25 gennaio 2018
&ire

Il Presidente
P. f

vig o

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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