Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37527 del 24/05/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 37527 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: VERGA GIOVANNA

Data Udienza: 24/05/2018

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PINTUS GIUSEPPE N. IL 20/12/1974
avverso la sentenza n. 1805/2016 CORTE APPELLO di GENOVA, del
02/12/2016
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/05/2018 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
…._
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
-4 che ha concluso per , (-2 ,, ,,ì.,- , -_,- -L,-A_ -2-7

Udito, per luarte civile, l’Avv
Udit i diifensor Avv.

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MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorre per Cassazione PINTUS Giuseppe avverso la sentenza della Corte d’Appello
di Genova che il 2 dicembre 2016, in riforma della sentenza del GUP del Tribunale
di Massa che il 28.3.2013, qualificato il reato di tentata estorsione a lui ascritto
come esercizio arbitrario delle proprie ragione, aveva dichiarato non doversi
procedere per difetto di querela, l’aveva condannato per l’originario reato di tentata
estorsione, accogliendo l’appello del P.M. e della parte civile.

1. carenza di motivazione per mancato confronto della sentenza impugnata con
la decisione del giudice di primo grado e con le indagini difensive presenti
nel fascicolo
2.

mancata rinnovazione dibattimentale alla luce degli ultimi arresti delle
Sezioni unite della corte di Cassazione;

3.

non corretta qualificazione giuridica dei fatti;

4.

inutilizzabilità delle trascrizioni delle registrazioni intervenute fra la parte
offesa e l’imputato per mancata messa a disposizione dell’imputato del
supporto magnetico dal quale erano tratte (questione sollevata davanti al
GUP all’udienza del 28.3.2013 e ribadita nella memoria depositata il
2.12.2016 in appello)

5. vizio della motivazione in ordine all’entità della pena.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La sentenza impugnata non si è confrontata con la ricostruzione del fatto operata
dal primo giudice che, diversamente da quanto indicato nella succinta motivazione
dei giudici d’appello non aveva posto a fondamento della decisione i fatti così come
indicati dai giudici di secondo grado.
In particolare il giudice di primo grado ha ritenuto che, alla luce delle richiamate
intercettazioni e dichiarazioni della persona offesa, era evidente la prova delle
minacce poste in essere dal PINTUS nei confronti dell’Albanese, ritenendo che non
potevano esservi dubbi in ordine alla configurabilità di una minaccia penalmente
rilevante, sussistendo senz’altro l’ingiustizia del male futuro prospettato, atteso che
le denunce ed i controlli della Guardia di Finanza e dell’Ispettorato del Lavoro
venivano paventati dall’imputato per conseguire un risultato, quello del pagamento
dei crediti propri e della Di Guida relativi alle controversie con l’Albanese, diverso da
quello che l’ordinamento giuridico intende perseguire prevedendo i predetti controlli
e denunce che venivano quindi strumentalizzati per raggiungere un fine diverso da
quello previsto dall’ordinamento. Per il giudicante non vi erano però sufficienti
elementi in fatto in grado di dimostrare che il PINTUS avesse agito per procurarsi
1

Deduce il ricorrente:

un ingiusto profitto. Rilevava il primo giudice che il PINTUS agiva sia in proprio che
come terzo incaricato, da un lato mirava ad ottenere il pagamento dei propri crediti
professionali e dall’altro agiva come procuratore e difensore della Di Guida. Per far
valere i diritti della parte da lui rappresentata l’imputato stava agendo nell’ambito
di una trattativa finalizzata ad addivenire ad un accordo transattivo che chiudesse
tutte le controversie pendenti (civili e penali). Evidenziava che non vi era prova di
quale fosse l’esatto ammontare delle somme che spettavano alla Di Guida e che

non poteva affermarsi che la somma richiesta fosse esorbitante rispetto a quella
dovuta. Veniva altresì sottolineato come dalle dichiarazioni della stessa Di Guida del
13 gennaio 2012 non era possibile desumere elementi certi circa una sproporzione
tra le somme richieste dall’imputato e quelle dovute dall’Albanese anche perché le
controversie pendenti tra l’Albanese e la Di Guida erano molteplici e si protraevano
da tempo. In dette dichiarazioni la donna oltre a confermare che vi erano state
delle trattative tra l’avvocato PINTUS e l’Albanese e che quest’ultimo era disponibile
a pagare una somma di denaro se lei gli avesse lasciato la gestione di un circolo ha
evidenziato anche che la controversia con l’Albanese riguardava anche il pagamento
di attrezzature del valore di circa 60.000,00 e che l’Albanese era già stato
condannato a pagare C 4000,00 circa all’avvocato di spese legali (che non aveva
ancora pagato) e che aveva anche proposto di restituirle un’autovettura e di darle
una somma di denaro per definire le loro controversie. Lo stesso Albanesti nelle sue
dichiarazioni aveva ammesso che vi erano controversie giudiziarie pendenti sia in
sede civile che penale tra lui e la Di Guida e che quest’ultima era rappresentata
dall’avvocato PINTUS che lo aveva più volte contattato proponendogli di chiudere
tutte le cause con il pagamento a titolo di transazione di una somma di denaro di C
30.000,00, nonché la restituzione di una vettura Smart dal fidanzato della donna.
Sulla scorta di questi dati di fatto riteneva il primo giudice che non vi erano prove
sufficienti per affermare che l’imputato avesse agito al fine di procurarsi un ingiusto
profitto.
La sentenza di appello ha richiamato gli accertamenti in fatto posti a fondamento
del primo giudice solo con riguardo la condotta minacciosa ritenendo invece
apoditticamente sussistente la prova dell’ingiustizia del profitto affermando, senza
confrontarsi con la sentenza impugnata, che l’imputato a fronte di un credito di
4000,00 ne aveva chiesti 50.000,00 come indicato dal P.M. nell’atto di
impugnazione.
Ciò premesso deve rilevarsi che se è vero che la questione sulla qualificazione
giuridica del fatto rientra nel novero di quelle su cui la Corte di Cassazione può

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comunque la donna poteva ragionevolmente pretendere, con la conseguenza che

decidere ex art. 609 comma secondo, c.p.p. è pur vero che nel caso in esame sono
necessari accertamenti in punto di fatto, preclusi a questa Corte.
L’accoglimento del primo motivo assorbe le ulteriori doglianze
La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte
d’Appello di Genova per nuovo giudizio.
P.Q.M.

Genova per nuovo giudizio.
Così deliberato in Roma il 24.5.2018.
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

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Il Presidente
Pierca illo DAVIGO

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di

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