Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37520 del 21/02/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 37520 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

Data Udienza: 21/02/2018

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Morabito Daniela nata il 04.10.1977
avverso la sentenza n.1812/2015 della Corte d’appello di Ancona, del 26.11.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

1

fu

MOTIVI della DECISIONE

La Corte di appello di Ancona,i126.11.2015, confermava integralmente la sentenza
del Tribunale di Pesaro che aveva condannato ,all’esito del giudizio abbreviato , alla
pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 600 di multa Morabito Daniela in

a) delitto p. e p. dagli artt. 110 — 640, co. 1 e 2, nr. 2) bis c.p., perché, in concorso tra loro, con
artifici e raggiri consistiti:
– nell’avvicinare, la MORABITO ed il FERRANTE, DEL MORO Marisa, qualificandosi il secondo
quale avvocato, dicendole che dovevano recarsi presso lo studio di un notaio ove la prima avrebbe
dovuto formalizzare la donazione di una grossa somma di denaro in beneficienza;
– nel richiedere alla DEL MORO la disponibilità a fungere da testimone anticipando la somma di
euro 1.000,00;
– nell’accompagnare la donna presso la BANCA DELLE MARCHE, Agenzia di Pesaro, Corso XI
Settembre, ove il BURGIO entrava per verificare che la DEL MORO effettuasse il prelievo, mentre
il FERRANTE la attendeva all’esterno;
– nell’incamminarsi il FERRANTE insieme alla DEL MORO, che aveva consumato il denaro
all’uomo, verso lo studio del notaio e, giunti davanti alla Tabaccheria sita in Pesaro, viale Cialdini,
nel richiedere alla donna di fare una fotocopia del suo documento di identità;
– nell’allontanarsi portando con sé il denaro ricevuto;
inducendo DEL MORO Marisa in errore, si procuravano l’ingiusto profitto di curo
1.000,00, con pari danno per la persona offesa.
Con l’aggravante del fatto commesso profittando di circostanze di persona, anche in riferimento
all’età della persona offesa, di anni 78, tali da ostacolare la privata difesa. Fatto commesso in
Pesaro, il 09 ottobre 2013.
b) delitto p. e p. dagli artt. 110 — 640, co. 1 e 2, nr. 2) bis c.p., perché, in concorso tra loro
(agendo materialmente la MORABITO ed il FERRANTE, mentre il BURGIO fungeva da supporto,
con artifici e raggiri consistiti:_ nell’avvicinare, la MORABITO ed il FERRANTE, CANESTRARI
Maria lone, chiedendole infolinazioni sull’ubicazione dello studio di tale don. MARTINO,
dicendole che dovevano recarsi presso lo studio di un notaio ove la prima avrebbe dovuto formalizzare la donazione anonima di una somma di denaro senza pagare le tasse;
– nel richiedere alla CANESTRARI la disponibilità a fungere da testimone anticipando la somma di
curo 2.000,00, inducendola a recarsi in banca per prelevare la somma necessaria, che veniva loro
poi consegnata;
– nel richiedere alla donna la disponibilità di un documento di identità;
– nell’allontanarsi portando con sé il denaro ricevuto mentre la donna si recava in auto a
recuperare il documento di identità;
inducendo CANESTRARI Maria Ione in errore, si procuravano l’ingiusto profitto di curo
2.000,00, con pari danno per la persona offesa.
Con l’aggravante del fatto commesso profittando di circostanze di persona, anche in riferimento
all’età della persona offesa, di anni 67, tali da ostacolare la privata difesa. Fatto commesso in
Fano (PU), il 28 ottobre 2013.
Art. 99, co. 1 e 4, in relazione al comma 2, nr. 1) e 2) c.p.: con la recidiva e reiterata, specifica
infraquinquennale per BURGIO Nicolò.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputata per mezzo del suo difensore di
fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari,
come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
a) La violazione di legge e motivazione mancante a norma dell’art. 606 lett. b) ed e) in
relazione all’art. 178, 179 c.p.p. in relazione all’art. 601, 171 e 161, comma 4 c.p.p.

ordine alle imputazioni che seguono:

Mancata notifica del decreto di citazione all’avv.Spiccia.
b) Violazione di legge e motivazione mancante a norma dell’art. 606 lett. b ed e in
relazione all’art. 192 e 530 cpv cpp. Il ricorrente si duole chela Corte abbia basato
l’affermazione di responsabilità su elementi di prova inconsistenti quali il domicilio
dell’imputata nei pressi del luogo del crimine.
c) insussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 640 n° 2 bis codice penale
d) violazione di legge e motivazione mancante i n relazione all’art. 62 bis c.p.

3, 81, 132 e 133 codice penale
Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di
legittimità ovvero manifestamente infondati.
Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso perché a pag.21 del
procedimento vi è l’avviso di notifica all’avvocato Antonio Spiccia,per se e per la
Morabito, che il ricorrente recrimina come mancante.
Gli ulteriori motivi constano di censure aspecifiche e prive della necessaria
correlazione con il contenuto della decisione impugnata compiutamente motivata
con discorso giustificativo logico e immune da interne contraddizioni ed
ancorata agli elementi di fatto accertati.
Il requisito della specificità dei motivi trova la sua ragione di essere nella
necessità di porre il giudice dell’impugnazione in grado di individuare i punti
e i capi del provvedimento impugnato oggetto delle censure: inerisce al
concetto stesso di “motivo” di impugnazione l’individuazione di questi punti ai
quali la censura si riferisce (Sez. 4, n. 25308, 06/04/2004, Maviglia, rv.
228926). Si tratta di un requisito espressione di un’esigenza di portata
generale, che implica, a carico della parte, non solamente l’onere di dedurre
le censure che intende muovere a uno o più punti determinati della
decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi
che sono alla base delle censure medesime e le ragioni per le quali si ritiene
ingiusta o

contra / egem la decisione, al fine di consentire al giudice

dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio
sindacato (Sez. 4, n. 24054, 01/04/2004, Distante, rv. 228586).
La genericità dei motivi di ricorso per cassazione consiste anche nel semplice
richiamo o nella testuale ripetizione dei motivi di appello. In tal caso, infatti,
riproducendo le censure già prospettate in secondo grado si finisce per richiedere al
giudice di legittimità una nuova cognizione della materia dedotta nel precedente

3

e) violazione di legge e motivazione mancante in relazione agli artt. 64, 69, comma

giudizio, senza fornire indicazioni dei punti controversi della pronuncia impugnata e
senza formulare alcuna critica alle risposte fornite dalla decisione stessa, sicché il
giudice dell’impugnazione non può esercitare il potere di controllo che gli è proprio.
(cfr n.8443 del 1986 rv 173594; rv n 163728; rv 164531).
Cio’ si riscontra nell’atto di impugnazione qui in esame perché la Corte ha fornito
una esaustiva e congrua risposta alle censure qui riproposte dal ricorrente: la Corte
ha indicato alla pag. 3 gli elementi a carico della Morabito , che constano di un

riconoscimento dell’imputata, la localizzazione dell’utenza cellulare nei luoghi
dell’azione truffaldina, come meglio precisato,nelle varie sequenze, a pag.3; la
contemporanea presenza degli imputati nelle stesse località etc.La sussistenza
dell’aggravante è motivata a pag.4,; la risposta alle recriminazione sulla pena sono
presenti a pag.5 del provvedimento impugnato.I motivi di ricorso ,peraltro, sono
espressi in termini assertivi e per nulla coerenti con le argomentazioni della Corte.
Per i motivi che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versam.ento a favore della Cassa
delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale
nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo
determinare in euro 2000,00 .
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro duemila alla Cassa delle
ammende.

Motivazione semplificata

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og , il 21 febbraio 2018

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genuino ed affidabile contesto dichiarativo nell’ambito del quale si pone il

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