Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37503 del 22/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37503 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDlNANZA
sul ricorso proposto da:
TISA ANGELO, na:o il 09/04/1967 a MAZZARINO

avverso l’ordinanza del 10/05/2017 della CORTE ASSISE APPELLO di CATANIA
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 22/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Nell’interesse di Tisa Angelo veniva richiesta alla Corte di appello
di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, l’applicazione della
disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in
relazione ai reati giudicati con talune sentenze di condanna, nonché – sulla
base dell’invocazione dei principi espressi dalla Corte EDU nella sentenza

inflitta al Tisa con quella di anni trenta di reclusione.

2. Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 10 maggio 2017,
rigettava l’istanza principale e dichiarava inammissibile l’altra, per
conseguente mancanza di interesse.

3.

Nell’interesse di Tisa Angelo è stato proposto ricorso per

cassazione con atto datato 31/03/2017, affidato a due motivi.
3.1. Con il primo motivo si deduce, richiamando l’art. 606, comma
1 lett. b), e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza di
motivazione in relazione all’art. 7 paragrafo 1 della CEDU e all’art. 442,
comma 2, cod. proc. pen.
3.2. Con il secondo motivo si deduce, richiamando l’art. 606,
comma 1 lett. b), c), cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione all’art. 81, comma 2, cod. proc. pen., per il
mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati
contestati nelle sentenze ivi richiamate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo, riguardante la richiesta di rideterminazione della
pena, è manifestamente infondato.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che non può essere
ulteriormente eseguita, ma deve essere sostituita con quella di anni trenta
di reclusione, la pena dell’ergastolo inflitta, in applicazione dell’art. 7,
comma 1, d.l. n. 341 del 2000, all’esito di giudizio abbreviato richiesto
dall’interessato nella vigenza dell’art. 30, comma 1, lett. b), I. n. 479 del
1999 (il quale disponeva, per il caso di accesso al rito speciale, la
sostituzione della sanzione detentiva perpetua con quella temporanea nella
misura precisata) anche se la condanna è divenuta irrevocabile prima della

2

del 17/09/2009 nel caso Scoppola – la sostituzione della pena dell’ergastolo

dichiarazione di illegittimità della disposizione più rigorosa, pronunciata per
violazione dell’art. 117 Cost. in riferimento all’art. 7, par. 1, CEDU, laddove
riconosce il diritto dell’interessato a beneficiare del trattamento intermedio
più favorevole. Il divieto di dare esecuzione ad una sanzione penale
contemplata da una norma dichiarata incostituzionale dal Giudice delle
leggi esprime, infatti, un valore prevalente su quello della intangibilità del
giudicato e trova attuazione nell’art. 30, quarto comma, I. 11 marzo 1953,

della pena dell’ergastolo inflitta con sentenza irrevocabile in applicazione
dell’art. 7, comma primo, d.l. n. 341 del 2000, dichiarato
costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117 Cost. in
riferimento all’art. 7, par. 1, della Convenzione Edu, con quella temporanea
di anni trenta di reclusione, ove riconosca il diritto del condannato a
beneficiare di tale trattamento più favorevole, previsto dall’art. 30, comma
primo, lett. b), legge n. 479 del 1999, deve provvedere, incidendo sul
giudicato, alla sollecitata sostituzione, avvalendosi dei poteri previsti dagli
artt. 665, 666 e 670 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013 deo. 07/05/2014, Ercolano, Rv. 258649, 258651). A seguito della sentenza
della Grande Chambre della Corte EDU n. 10249/03 del 17 settembre 2009
(Scoppola contro Italia), la conversione della pena dell’ergastolo in quella
di anni trenta è dovuta, in sede esecutiva, solo nel caso di giudizio
abbreviato ammesso tra il 2 gennaio e il 24 novembre 2000, cioè nella
vigenza dell’art. 30, comma 1, lett. b), L. 479 del 1999 (Sez. 1, n. 4008
del 10/01/2014 – dep. 29/01/2014, Ganci, Rv. 258272; Sez. 1, n. 6004 del
10/01/2014 – dep. 07/02/2014, Papalia, Rv. 259026).
In virtù dei suddetti principi, la sostituzione in fase esecutiva la pena
dell’ergastolo con quella della reclusione di anni trenta, in applicazione dei
principi stabiliti dalla Corte EDU nel caso Scoppola, va disposta quando
nella fase di cognizione sia avvenuta l’ammissione al giudizio abbreviato e
la condanna sia stata pronunciata fra il 2 gennaio ed il 24 novembre 2000,
cioè nella vigenza dell’art. 30, comma primo, lett. b), della legge n. 479
del 1999. Tale disposizione, infatti, era stata oggetto di intervento
normativo, in senso sfavorevole al reo, con d.l. n. 341 del 2000,
denominato come testo di interpretazione autentica ma, in realtà,
costituente norma sostanziale perché incidente direttamente sulla pena e,
come tale, non applicabile retroattivamente secondo Corte cost. n. 210 del
2013.

n. 87. Il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta di sostituzione

1.2. Nel caso ora in esame, è carente uno dei presupposti per
l’invocata sostituzione di pena, perché l’istante, come emerge
dall’ordinanza impugnata, non è stato giudicato con il rito abbreviato nel
periodo 02/01/2000 – 24/11/2000. Egli infatti, è stato giudicato col
suddetto rito, ma in un periodo diverso.

2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Dato che rimane

richiesta di rideterminazione, l’istante non ha interesse alla decisione sulla
richiesta di applicazione della disciplina della continuazione.

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai
sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere
condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato
escludere – alla stregua del principio di diritto affermato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi
della colpa nella proposizione dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
2.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 22 febbraio 2018.

ferma la pena dell’ergastolo, essendo stata correttamente rigettata la

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