Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37497 del 22/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37497 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: VANNUCCI MARCO

sul ricorso proposto da:
DE TOMMASI GIOVANNI nato il 03/01/1960 a CAMPI SALENTINA

avverso l’ordinanza del 21/04/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;

Data Udienza: 22/02/2018

,r)

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con ordinanza emessa il 21 aprile 2017 il Tribunale di sorveglianza di Roma
ha, con articolata motivazione, rigettato il reclamo dal detenuto Giovanni De
Tomnnasi proposto contro il decreto ministeriale del 16 gennaio 2017, nei suoi
confronti dispositivo di proroga del regime differenziato di detenzione previsto
dall’art. 41-bis, comma 2, ord. pen., cui tale persona è assoggettata con d.m. del 22
gennaio 2015;

sottoscritto dal relativo difensore), deducendo che la stessa sarebbe caratterizzata
da violazione di legge, anche processuale, in quanto avrebbe: «omesso la
valutazione dell’atto di reclamo e degli elementi di prova ivi evidenziati che,
fondatamente, escludevano la perdurante operatività del De Tommasi all’interno
della consorteria mafiosa»; omesso, con conseguente violazione dell’art. 41-bis,
comma 2-bis, ord. pen., l’accertamento della sussistenza dei presupposti per la
disposta proroga, avendo non correttamente valutato la prova relativa alla
permanenza del collegamento fra esso ricorrete e la criminalità organizzata, non
avendo «motivato, in modo completo, rigoroso e convincente sulla sussistenza dei
relativi presupposti ma ha concettualmente confuso i profili della prova in senso
proprio, che sono estranei al giudizio di pericolosità»; non valutato in maniera
rigorosa la permanenza dei presupposti in discorso anche in ragione del tempo
trascorso dai fatti che avevano dato luogo all’adozione del decreto ministeriale la cui
efficacia è stata prorogata con il decreto oggetto di reclamo;
che, in buona sostanza, la critica, affatto generica, del ricorrente al contenuto
dell’ordinanza impugnata si risolve nella sollecitazione all’accertamento di un vizio di
motivazione, in questa sede non consentito dall’art. 41-bis, comma 2-sexies, ord.
pen., ammissivo del ricorso per cassazione per violazione di legge;
che, pertanto, e per quanto qui interessa, il controllo demandato a questa Corte
dalla disposizione speciale di legge processuale riguarda l’inosservanza di
disposizioni di legge sostanziale e processuale e l’assenza di motivazione, che priva
il provvedimento impugnato del requisito preteso dall’art. 125 cod. proc. pen. (cfr.
(Cass. sez. 1, n. 5338 del 14 novembre 2003, dep. 2004 Ganci, Rv. 226628; Cass.
Sez. 1, n. 48494 del 9 novembre 2004, Santapaola, Rv. 230303);
che non è dunque deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia
del tutto carente, presentando difetti tali da renderla meramente apparente e in
realtà inesistente ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità;
ovvero quando la motivazione stessa si ponga come inidonea a rendere
comprensibile il percorso logico seguito dal giudice di merito; ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente carenti dei necessari passaggi

che per la cassazione di tale ordinanza De Tommasi ha proposto ricorso (atto

logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (in questo
senso, cfr. Cass. S.U., n. 33451 del 29 maggio 2014, Repaci, Rv. 260246);
che la critica del ricorrente al contenuto dell’ampia e specifica motivazione
caratterizzante l’ordinanza impugnata non è nel senso da ultimo precisato;
che il ricorso è dunque inammissibile e da tale statuizione deriva la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si
stima equo determinare in euro duemila, da versare alla Cassa delle ammende (art.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 22 febbraio 2018.

616 cod. proc. pen.).

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