Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37496 del 22/02/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37496 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: VANNUCCI MARCO
ORDINANZA
sul ricorso prfflosto da:
D’URSO ROSALBA nato il 21/04/1987 a ROMA
avverso la se ntenza del 30/01/2017 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;
rx)
Data Udienza: 22/02/2018
OSSERVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con sentenza emessa il 30 gennaio 2017 il Tribunale di Roma ha
condannato Rosalba D’Urso alla pena di euro 2.000 di ammenda in quanto
responsabile della commissione, in Roma, il 14 aprile 2012, di contravvenzione di
cui all’art. 4, secondo comma, della legge n. 110 del 1975; e ciò, previo
accertamento della lieve entità del fatto (art. 4, terzo comma, della stessa legge n.
110):
dal difensore, avvocato Edoardo Mobrici) contenente due motivi di impugnazione;
che con decreto emesso il 3 luglio 2017 il Presidente della Corte di appello di
Roma ha trasmesso a questa Corte il fascicolo d’ufficio «per competenza, trattandosi
di sentenza non appellabile»;
che la sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda è inappellabile (art.
593, comma 3, cod. proc. pen.) e, in applicazione del principio di conversione degli
atti di impugnazione, l’appello in questione è da convertire in ricorso per cassazione
(art. 568, comma 5, cod. proc. pen.); e ciò, a prescindere da qualunque analisi
valutativa in ordine alla indicazione di parte, se frutto cioè di errore-ostativo o di
scelta deliberata (cfr. Cass. S.U., n. 45371 del 31 ottobre 2001, Bonaventura, Rv.
220221);
che al momento della presentazione dell’appello
(recte,
del ricorso per
cassazione) l’avvocato Mobrici non era iscritto nell’albo speciale della corte di
cassazione;
che il ricorso è dunque inammissibile per violazione dell’art. 613, comma 1, cod.
proc. pen., essendo irrilevante, ad evitare la pronuncia di inammissibilità, la
successiva iscrizione del professionista che il ricorso sottoscrisse nell’albo speciale
dei difensori abilitati al patrocinio avanti la corte di cassazione (in questo senso, cfr.
per tutte, Cass. Sez. 3, n. 19203 del 15 marzo 2017, Mezei, Rv. 269690);
che è appena il caso di precisare che alla regola secondo cui il ricorso per
cassazione è inammissibile qualora i motivi siano sottoscritti da avvocato non
iscritto nello speciale albo dei professionisti abilitati al patrocinio dinanzi alle
giurisdizioni superiori, non è prevista deroga per il caso di appello convertito in
ricorso ai sensi del citato art. 568, comma 5, cod. proc. pen. (giurisprudenza
costante: cfr. comunque, per tutte, Cass. Sez. 3 n. 48492 del 13 novembre 2013,
Scolaro, Rv. 258000; Cass. Sez. 4, n. 35830 del 27 giugno 2013, Hasani, Rv.
256835);
che l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare
d’ufficio (artt. 129 e 609, comma 2, cod. proc. pen.) l’estinzione del reato per
prescrizione eventualmente verificatasi dopo l’emissione della sentenza in questa
che per la riforma di tale sentenza D’Urso ha proposto appello (atto sottoscritto
sede impugnata (in questo senso, cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 32 del 22 novembre
2000, D.L., Rv. 217266);
che dall’inammissibilità del ricorso deriva la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si stima equo
determinare in euro duemila, da versare alla Cassa delle ammende (art. 616 cod.
proc. pen.).
P.Q.M.
processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 22 febbraio 2018.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese