Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37469 del 22/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37469 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: VANNUCCI MARCO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
VILLARI ANTONELLO nato il 29/07/1972 a MESSINA

avverso la sentenza del 16/12/201E> della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;

Data Udienza: 22/02/2018

OSSERVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con sentenza emessa il 24 luglio 2012 il Tribunale di Grosseto dichiarò
Antonello Villari responsabile della commissione, in Capalbio, il 24 giugno 2009, del
delitto di falsificazione materiale della targa della propria autovettura (artt. 477,
482, 489 cod. pen.) mediante alterazione dell’ultimo carattere alfanumerico (C) di
tale targa che, con del nastro adesivo di colore nero, venne trasformata in altro
carattere alfanumerico (0) e, previa concessione di circostanze attenuanti

relativa esecuzione venisse condizionalmente sospesa;
che con sentenza emessa il 27 marzo 2015 la Corte di appello di Firenze assolse
l’imputato da tale accusa perché il fatto non è previsto dalla legge come reato,
avendo ritenuto che l’alterazione della targa non fosse permanente, bensì di
immediata modificabilità;
che, in accoglimento del ricorso del Procuratore generale presso la Corte di
appello di Firenze, questa Corte, con sentenza del 9 febbraio 2016, annullò la
sentenza assolutoria, con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di appello di
Firenze, per nuovo giudizio che si conformasse al principio di diritto secondo cui nel
comportamento di chi modifica la targa della propria autovettura travisandone in
modo durevole il relativo numero di identificazione mediante trasformazione, per
effetto di applicazione di nastro adesivo di colore nero determinante la modificazione
dell’ultimo carattere alfanumerico della targa è ravvisabile il delitto di falsità
materiale commessa da privato in certificati o autorizzazioni amministrative; non
anche l’illecito amministrativo previsto dall’art. 110, comma 12, cod. strada.;
che con sentenza resa il 16 dicembre 2016 a definizione del giudizio di rinvio, la
Corte di appello di Firenze confermò la sentenza appellata dall’imputato; e ciò, dopo
avere accertato che il termine massimo di prescrizione (pari a sette anni e sei mesi)
di reato commesso il 24 giugno 2009 non era ancora decorso il 16 dicembre 2016;
che, in risposta al primo motivo di appello, relativo alle modalità di accertamento
del fatto (negato dall’imputato), con particolare riferimento all’attendibilità
intrinseca delle dichiarazioni rispettivamente rese dai testimoni Valentini e Moroni
(agenti della polizia di Stato che, a bordo dell’automobile di servizio, inseguirono per
diversi minuti,:ìns l’automobile alla cui guida vi era l’imputato, arrestarono la
marcia della loro vettura dopo che il ricorrente bruscamente arrestò la marcia della
sua, videro che il ricorrente con rapidità si avvicinò alla parte posteriore della
propria automobile per poi rientrare, con altrettanta rapidità, all’interno
dell’abitacolo) ed a talune divergenze nei contenuti delle rispettive narrazioni, la
sentenza impugnata afferma che, in effetti, il giorno 24 giugno 2009 l’imputato ebbe
ad alterare, con le modalità sopra descritte, la targa della propria automobile
(verosimilmente per non incorrere in violazioni dei limiti di velocità rilevabili con

generiche, lo condannò alla pena di tre mesi di reclusione, disponendo che la

apparecchi di controllo) per poi rimuovere rapidamente il pezzo di nastro adesivo
nero mentre gli agenti di polizia stavano avvicinandosi alla parte anteriore del
veicolo medesimo;
che per la cassazione di tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso (atto
sottoscritto dal difensore, avvocato Patrizia Fabiani) contenente un motivo di ricorso
denunciante manifesta illogicità della motivazione per contrasto con gli atti del
processo, con particolare riferimento ad errata valutazione delle risultanze

inattendibilità delle dichiarazioni rispettivamente rese dai sopra indicati testimoni,
inesatta ricostruzione dei fatti;
che il ricorso è inammissibile in quanto con esso si prospetta una diversa
valutazione, dalla legge riservata al giudice di merito, dei contenuti delle
dichiarazioni rispettivamente rese dai testimoni escussi; e ciò dopo che la
motivazione della sentenza impugnata si è data carico di spiegare, in risposta
specifica al motivo di appello, le ragioni della non rilevanza, in funzione della
ricostruzione del fatto, di talune discordanze riscontrabili nella narrazione dei fatti da
parte dei due testimoni;
che l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare
d’ufficio (artt. 129 e 609, comma 2, cod. proc. pen.) l’estinzione del reato per
prescrizione verificatasi dopo l’emissione della sentenza in questa sede impugnata
(in questo senso, cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 32 del 22 novembre 2000, D.L., Rv.
217266);
che dall’inammissibilità del ricorso deriva la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si stima equo
determinare in euro duemila, da versare alla Cassa delle ammende (art. 616 cod.
proc. pen.).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 22 febbraio 2018.

dell’istruttoria dibattimentale, ingiustificata obliterazione degli elementi di

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