Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3746 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 3746 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: GARRIBBA TITO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte
d’appello di Firenze
avverso

la sentenza emessa il 12 luglio 2013 dalla Corte d’appello di Firenze nei
confronti di TUZOMAY Ilker;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Tito Garribba;
udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 18/12/2013

CONSIDERATO IN FATTO

Con la sentenza specificata in epigrafe, la Corte d’appello di Firenze
dichiarava insussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione presentata dalla Repubblica di Turchia nei confronti del proprio cittadino

I. che, con atto del 25.6.2013, gli era stato riconosciuto lo status di protezione sussidiaria, per il motivo che, se rientrasse nel Paese di origine, correrebbe il rischio di subire trattamenti inumani o degradanti;
2. che, alla stregua della documentazione da lui prodotta, risulta che, a causa dell’appartenenza a un partito politico di opposizione, potrebbe correre
il pericolo, tornato nel Paese di origine, di un danno grave alla persona
sotto forma di trattamenti inumani o degradanti.
Contro la decisione ricorre il pubblico ministero, che denuncia mancanza di motivazione, censurando che la Corte fiorentina abbia recepito la valutazione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale nonché le dichiarazioni dell’estradando senza compiere al riguardo
alcun autonomo accertamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’appello ha pronunciato sentenza contraria all’estradizione,
ritenendo sussistente la condizione prevista dall’art. 698, comma 1, a cui rinvia
l’art. 705, comma 2, lett. c), cod.proc.pen., ossia il pericolo che la persona estradanda, ove sia consegnata allo Stato richiedente, sarà sottoposta per motivi di
opinioni politiche ad atti persecutori ovvero a trattamenti disumani o degradanti.
Tale convinzione l’ha desunta dal provvedimento con cui la competente Commissione territoriale, ai sensi dell’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 251/2007, ha riconosciuto all’estradando lo status di protezione sussidiaria “in quanto il suo rientro
in Turchia potrebbe esporlo a trattamenti disumani e degradanti”.
Il ricorso con cui il pubblico ministero censura che il giudice a quo abbia ritenuto la sussistenza della condizione ostativa prevista dall’art. 698, comma
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TUZOMAY Ilker, imputato di falsità in assegni bancari e truffa, osservando:

1, cod.proc.pen. rimettendosi alla decisione dell’autorità amministrativa, senza
condurre autonomi accertamenti, è infondato.
Invero l’art. 704, comma 2, cod.proc.pen., disponendo che la corte
d’appello decide sull’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda
di estradizione “dopo avere assunto le informazioni e disposto gli accertamenti

stabilire se e quali accertamenti siano necessari ai fini della decisione.
Nel caso concreto, la corte territoriale ha recepito il risultato degli accertamenti effettuati dalla Commissione preposta al riconoscimento della protezione internazionale e ha altresì ritenuto di condividerne la valutazione conclusiva e tale decisione non merita censura.
Occorre infatti considerare che il provvedimento che accorda allo straniero la protezione internazionale nelle forme del riconoscimento dello status di
rifugiato o di protezione sussidiaria viene emesso all’esito di un’istruttoria specificamente regolamentata, che accerta sulla base di criteri di valutazione prestabiliti. art. 3, commi 4 e 5, d.lgs. cit.) l’effettiva esistenza dei presupposti di fatto
tipizzati dalla legge, compendiati nelle due distinte categorie degli ‘atti di persecuzione’ e del ‘danno grave’, che giustifichino il fondato timore, rispettivamente,
di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità od opinione politica oppure di subire un grave danno alla vita o alla persona.
L’accertamento condotto dall’autorità amministrativa istituzionalmente chiamata a verificare la sussistenza dei presupposti di fatto legittimanti il riconoscimento della protezione internazionale, pur non essendo vincolante per la
giurisdizione a causa del principio della separazione dei poteri dello Stato, può
essere però assunto dal giudice come utile elemento di valutazione da porre a
fondamento della propria decisione, ove ritenuto completo, certo e affidabile. A
tal fine assume particolare rilievo la motivazione del provvedimento amministrativo, nella parte in cui illustra i fatti addotti e le prove esibite dal richiedente la
protezione, gli accertamenti compiuti d’ufficio e il relativo risultato probatorio, sul
quale si innesterà l’autonoma – anche se generalmente coincidente – previsione
circa il pericolo che quella persona, se ritornasse nel Paese di origine, potrebbe
subire atti persecutori o trattamenti disumani o degradanti.
Nella fattispecie la sentenza impugnata ha con’diviso accertamento e

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ritenuti necessari”, affida alla valutazione discrezionale del giudice il compito di

valutazione contenuti nel provvedimento amministrativo la cui tenuta e coerenza
logica il pubblico ministero ricorrente non ha posto in discussione, cosicché l’impugnazione deve essere rigettata.

P.Q.M.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp.att.
cod.proc.pen.
Così deciso il 18 dicembre 2013.

Rigetta il ricorso.

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