Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37455 del 22/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37455 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: VANNUCCI MARCO

ORDI NANZA
sul ricorso proposto da:
CASTIGLIONI ENEA nato il 29/01/1977 a VARESE

avverso l’ordinanza del 09/02/2017 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;

Data Udienza: 22/02/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con ordinanza emessa il 9 febbraio 2017 il Tribunale di Milano, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettò la domanda di Enea Castiglioni per l’applicazione
della disciplina del reato continuato ai plurimi delitti, di truffa, appropriazione
indebita e falso da lui commessi dal 29 dicembre 2008 al 15 maggio 2009 e dal 10
agosto 2009 al 5 settembre 2009, accertati con sentenze, irrevocabili, emesse dal
Tribunale di Milano rispettivamente il 6 febbraio 2013 e 1’8 marzo 2013;

nel momento in cui il condannato ebbe a commettere il primo dei delitti accertati
con la prima sentenza egli avesse pianificato, anche solo in linea di massima, la
commissione dei delitti accertati con la sentenza dell’8 marzo 2013; i reati accertati
con la sentenza del 6 febbraio 2013 vennero tutti consumati prima del mese di
maggio 2009; solo il 9 giugno 2009 il ricorrente stipulò con la II Sanders s.p.a.
contratto di lavoro; nell’esecuzione di tale rapporto egli ebbe a commettere i delitti
accertati con la seconda sentenza; è quindi da escludere che il 29 dicembre 2009
egli potesse avere in qualche modo pianificato la commissione dei reati connessi a
tale, successivo, rapporto di lavoro;
che per la cassazione di tale ordinanza Castiglioni ha proposto ricorso (atto
sottoscritto dal relativo difensore, avvocato Cristina Uberti Foppa) con il quale si
deduce che tale provvedimento avrebbe violato il precetto di cui all’art. 81, secondo
comma, cod. pen., dal momento che i reati, contro il patrimonio e la fede pubblica,
accertati con le due sentenze vennero da lui commessi in Milano in danno di società
di capitali in un arco temporale quanto mai ristretto;
che l’accertamento della sussistenza dei presupposti di applicazione della citata
norma del codice penale necessita nel processo di esecuzione, non diversamente
che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza dei
concreti indicatori di tali presupposti, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene
protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della
condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al
momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati
almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la
presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque
frutto di determinazione estemporanea (in questo senso cfr., per tutte, Cass. S.U.,
n. 28659 del 18 maggio 2017, Gargiulo, Rv. 270074);
che, in tale ordine di concetti, l’ordinanza impugnata ha fatto corretta
applicazione di tale regola di interpretazione, avendo riscontrato che al 29 dicembre
2008 (giorno di commissione del primo dei reati accertati con la sentenza del 6
febbraio 2013) il ricorrente non poteva di certo pianificare, in linea di massima, il
compimento di altri delitti contro il patrimonio e la fede pubblica (accertati con la

che la motivazione fondante tale decisione è nel senso che: è da escludere che

sentenza dell’8 marzo 2013) occasionati da rapporto di lavoro iniziato circa sei mesi
dopo con la società sopra indicata;
che il ricorso è dunque inammissibile in ragione della manifesta infondatezza del
motivo (peraltro non specifico) con esso dedotto (art. 606, comma 3, cod. proc.
pen.);
che da tale declaratoria derivano la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma

euro 2.000 (art. 616 cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 22 febbraio 2018.

di danaro alla Cassa delle ammende che stimasi equo determinare nella misura di

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