Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37452 del 22/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37452 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: VANNUCCI MARCO

ORM NANZA
sul ricorso proposto da:
RUGGIU ALESSANDRO nato il 26/08/1973 a MONTEROTONDO

avverso l’ordinanza del 13/04/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;

Data Udienza: 22/02/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con ordinanza emessa il 13 aprile 2017 il Tribunale di sorveglianza di Roma
ha rigettato la domanda del detenuto Alessandro Ruggiu per l’affidamento in prova
al servizio sociale per il caso previsto dall’art. 94 del d.P.R. n. 309 del 1990;
che a fondamento di tale decisione si afferma che: il programma terapeutico
concordato è stato valutato dal Ser.T. in termini di idoneità al conseguimento della
disintossicazione, ma che tale giudizio non è però vincolante, dovendo il tribunale di

dal programma in relazione ai parametri della pericolosità del condannato e
dell’attitudine del trattamento proposto a realizzare un suo effettivo reinserimento
nella società; nel paso di specie, il ricorrente stava espiando una pena per avere
4(
commesso i delitti maltrattamenti in famiglia e di tentata estorsione, ha precedenti
per delitti di rapina aggravata, lesioni personali aggravate, evasione (tre condanne),
violazione di misure di prevenzione personali (cinque condanne), nei suoi confronti
pende processo per i delitti di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate
commessi il 21 agosto 2015 (condanna, non definitiva, a sette mesi di reclusione);
la personalità del ricorrente è connotata da indole violenta e da insofferenza al
rispetto delle prescrizioni dell’autorità; tali fatti, unitariamente considerati,
precludono una prognosi di affidabilità dell’interessato;
che per la cassazione di tale ordinanza Ruggiu ha proposto ricorso (atto dallo
stesso sottoscritto) deducendo, in buona sostanza, che: alla decisione relativa alla
domanda di affidamento in prova a servizio sociale per uno dei casi previsti dall’art.
94 del d.P.R. n. 309 del 1990 sarebbero estranee considerazioni relative alla
pericolosità, invece rilevanti in funzione dell’applicazione dei benefici rispettivamente
previsti dall’art. 47 e dall’art.

47-ter ord. pen.; non sarebbe stato preso in

considerazione il fatto che i delitti di maltrattamenti in famiglia e di tentata
estorsione erano stati da esso ricorrenti commessi per procurarsi il danaro
necessario all’acquisto di stupefacenti, con la conseguenza che gli elementi
favorevoli emersi nel corso della detenzione e la disponibilità al programma
terapeutico sarebbero funzionali alla rimozione dei motivi a delinquere;
che il motivo in questione è manifestamente infondato, dal momento che: da un
lato l’ordinanza impugnata ha fatto proprio l’orientamento interpretativo della
disciplina dell’affidamento in prova per i casi particolari previsti dall’art. 94 del
d.P.R. n. 309 del 1990, secondo cui il giudizio di idoneità del programma terapeutico
proveniente da una struttura sanitaria pubblica non vincola l’autorità giurisdizionale,
la quale è chiamata ad operare una complessa valutazione circa il probabile
conseguimento delle finalità del programma proposto, tenuto conto della pericolosità
del condannato e della attitudine del trattamento a realizzare un suo effettivo
reinserimento nella società (in questo senso, cfr. Cass. Sez. 1, n. 53761 del 22

sorveglianza valutare il probabile conseguimento degli obiettivi terapeutici previsti

settembre 2014, Palena, Rv. 261982; Cass. Sez. 1, n. 33343 del 4 aprile 2001, Di
Pasqua, Rv. 220029); dall’altro il ricorrente non si confronta direttamente con la
motivazione, immune da vizi logici, dell’ordinanza relativa all’affermata persistenza
della pericolosità sociale;
che in conclusione, il ricorso è inammissibile in ragione della manifesta
infondatezza dei motivi con esso dedotti (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.);
che da tale declaratoria derivano la condanna del ricorrente al pagamento delle

di danaro alla Cassa delle ammende che stimasi equo determinare nella misura di
euro 2.000 (art. 616 cod. proc. pen.).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 22 febbraio 2018.

spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma

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