Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37450 del 22/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37450 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SHABANI GAZMENT nato il 06/06/1978

avverso l’ordinanza del 08/06/2017 del TRIBUNALE di TRANI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 22/02/2018

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 8.6.2017, il Tribunale di Trani rigettava l’istanza,
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presentata nell’interesse di Shabani Gazmet, con la quale si richiedeva il
riconoscimento della continuazione con riferimento ai reati giudicati con varie
sentenze di condanna.
Il difensore del condannato ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo difetto di motivazione rispetto ai documenti prodotti per dimostrare la

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il controllo affidato al giudice di legittimità può avere come oggetto la
verifica circa la violazione di disposizioni di legge e l’analisi della motivazione,
che può essere affetta da patologie rilevanti qualora sia del tutto priva dei
requisiti minimi di coerenza completezza e logicità (al punto da risultare
meramente apparente perché assolutamente inidonea a rendere comprensibile
l’iter logico seguito dal giudice) o qualora esponga linee argomentative talmente
prive di coordinazione e carenti dei passaggi razionali essenziali da fare rimanere
oscure le basi giustificative della decisione.
Nell’ordinanza impugnata il Tribunale non ha ignorato le allegazioni
difensive, come si evince dall’ultima parte del provvedimento in cui si evidenzia
che dalle sentenze indicate dalla parte emergono reati consumati a ben due anni
di distanza – 23.01.2014 e 16. 03. 2016 – con modalità del tutto differenti tra
loro.
In definitiva, deve riscontrarsi la presenza di motivazione adeguata,
logica, rispettosa del parametro normativo di riferimento, tale da resistere alle
censure formulate col ricorso, ove si consideri che il giudice dell’esecuzione,
nell’escludere la configurabilità della continuazione, ha valorizzato con plausibili
argomentazioni elementi oggettivi e non ha affatto ignorato le deduzioni
dell’istante anche riguardanti i profili accomunanti gli episodi. In tal modo il
giudice di merito ha offerto puntuale applicazione in punto di diritto all’ormai
consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale anche l’identità del
bene giuridico violato ed il lasso temporale intercorso fra le varie condotte distanziate di anni- costituiscono aspetti da soli insufficienti ad offrire
dimostrazione dell’esistenza di quell’unico iniziale programma in vista di uno
scopo determinato, riconnprendente le singole violazioni, che costituisce
l’indefettibile presupposto per il riconoscimento della continuazione
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data di consumazione dei reati.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e
al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende, non
essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto affermato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della
colpa nella proposizione dell’impugnazione.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, 22 febbraio 2018.

P.Q.M.

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