Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3745 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 3745 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: GARRIBBA TITO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Lanciano
avverso
la sentenza n. 42 emessa il 22 aprile 2013 dal giudice dell’udienza preliminare
del Tribunale di Lanciano nei confronti di La Morgia Riccardo + 5;

Data Udienza: 18/12/2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Tito Garribba;
udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
uditi per gli ímputati i difensori avv.ti Massimo Krog e Alessandro Troilo per
Nicolucci, avv. Michele Di Toro per Di Toro, avv. Aldo Latiorgia per Laiorgia e
,150s1:04_ avv. Massimo Vetrano per Carulli, che hanno chiesto il rigetto del ricorso;

.11

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CONSIDERATO IN FATTO

§1.1

Con sentenza del 22 aprile 2013 il giudice dell’udienza preli-

minare del Tribunale di Lanciano dichiarava non luogo a procedere contro La

e Nicolucci Giacomo, imputati di concorso nel reato di abuso d’ufficio continuato,
perché il fatto non sussiste.
L’accusa era di avere, quali componenti del consiglio di amministrazione del Consorzio Comprensoriale Smaltimento Rifiuti di Lanciano, procurato
all’avv. Nicolucci Giacomo un ingiusto vantaggio patrimoniale, conferendogli:
1. con delibera del 19.1.2006 l’incarico semestrale, poi rinnovato per cinque
volte, di consulente legale per le questioni che coinvolgevano il Consorzio;
g.

con delibera del 12.2.2009 l’incarico di “supervisione e coordinamento
delle attività di gestione amministrativa dell’Ente”;

con violazione degli artt. 31, 32, 36 e 38 dello statuto consortile e dell’art. 110,
comma 6, T.U. Enti Locali.
Il giudice motivava il proscioglimento, osservando:
– che le disposizione dello statuto asseritamente violate non erano qualificabili
‘norme di regolamento’ ai sensi dell’art. 323 cod.pen.;
– che gli incarichi incriminati rispettavano la previsione déll’art. 110, comma 6,
T.U. cit. – secondo cui i pubblici amministratori hanno la facoltà “per obiettivi determinati e con convenzioni a termine” di avvalersi di “collaborazioni esterne ad
alto contenuto di professionalità” – dal momento che l’incarico di cui al punto 1)
era di alta professionalità in relazione alla complessità della normativa sui rifiuti,
e quello di cui al punto 2) era imposto dall’esigenza di sopperire alla vacanza del
direttore generale, in difetto di un’idonea figura professionale all’interno dell’ente.

§1.2

Contro detta decisione ricorre il pubblico ministero, denun-

ciando violazione di legge e contraddittorietà della motivazione. Sostiene che la
disposizione dell’art. 110, comma 6, T.U. cit. avrebbe dovuto essere interpretata:
– quanto alla delibera di cui al punto 1., nel senso che l’incarico di consulenza
era illegittimo, perché non aveva per oggetto specifiche problematiche e i ripetuti
rinnovi configuravano un rapporto di prestazione continuativa;
-2-

Morgia Riccardo, Di Toro Nicola, Toppeta Luigi, Carulli Nicola, Di Giuseppe .Camillo

- quanto alla delibera sub 2., nel senso che lo statuto consortile, le cui disposizioni sarebbero state violate, è fonte normativa “sovrapponibile” al regolamento dei servizi previsto per gli enti locali, espressamente richiamato dal sesto
comma del ridetto art. 110.

CONSIDERATO IN DIRITTO
§2.1

Premessa.

L’azione tipica prevista e punita dall’art. 323 cod.pen. consiste nella
violazione di “norme di legge o di regolamento”, per definire le quali, volendo rispettare il principio di determinatezza della fattispecie pehale, si deve necessariamente fare riferimento alle c.d. norme sulla produzione, che determinano organi e procedimento preposti alla creazione delle norme che vanno a costituire
l’ordinamento giuridico.
A tale riguardo vengono in rilievo:
– per la formazione delle leggi, le norme dettate dalla Costituzione, che attribuiscono il potere legislativo al Parlamento (artt. 70 e segg.) e, in casi particolari, al Governo (artt. 76 e 77) e, nella materia di loro competenza, alle Regioni
(art. 114, comma quarto);
– per l’emanazione dei regolamenti, l’art. 17 legge 1988 n. 400 che aitribuisce il potere regolamentare al Governo; l’art. 117, comma sesto, Cost., l’art.4
legge n. 131 del 2003 e l’art. 7 d.lgs. n. 267 del 2000, che attribuiscono analogo
potere a Regioni, Province e Comuni.
Norme di regolamento, agli effetti del reato previsto dall’art. 323
cod.pen., sono dunque quelle contenute in un atto di normazione secondaria formato dal Governo o dagli Enti autonomi territoriali nell’esercizio di un potere regolamentare che la legge a loro espressamente riconosce (v. Cass., Sez. 6,
3.10.2000 n. 11933, Della Morte, rv 217402; idem, 24.4.2001 n. 20282, Gallitelli, rv 218878; idem, 17.3.2009 n. 26175, Verolla, rv 244463).

§2.2

Violazione di norme di legge.

Ciò premesso, occorre anzitutto verificare se e quali norme di legge
siano state nella fattispecie violate.

-i –

Conclude pertanto chiedendo l’annullamento della sentenza.

Sotto questo profilo l’imputazione contesta ai pubblici amministratori
di avere procurato all’avv. Nicolucci un ingiusto vantaggio patrimoniale mediante
delibere adottate in violazione dell’art. 110 d.lgs. n. 267 del 2000 (“Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”), il cui comma sesto dispone che
“per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può preve-

Orbene il ‘regolamento’ della citata disposizione di legge è quello con
cui gli enti locali (ossia comuni e province) disciplinano, a mente dell’art. 89
d.lgs. cit., “l’ordinamento generale degli uffici e servizi” propri. Ma di tale regolamento non v’è traccia nel fascicolo processuale né il pubblico ministero ricorrente
fa mai richiamo a norme in esso contenute. D’altronde, dato che si verte in tema
di consorzi, cioè di organismi formati per volontà di più enti territoriali, non si saprebbe al regolamento di quale tra gli enti consorziati ci si dovrebbe rivolgere per
ricavarne la disciplina da applicare al caso concreto.
In realtà le disposizioni di legge che si attagliano alla fattispecie non
stanno nell’articolo di legge citato nell’imputazione, ma. nell’art. 7 del d.lgs.
30.3.2001 n. 165 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche”), il cui comma sesto è stato sostituito prima dal
d.l. 10.1.2006 n. 4 e poi dal d.l. 4.7.2006 n. 223 (convertito nella legge n.
248/2006) con un testo che contiene un decalogo imposto a tutte le amministrazioni pubbliche – tra le quali sono espressamente annoverati i consorzi (v. art. 1,
comma 2, d.lgs. n. 165/2001) – per la stipulazione dei contratti di collaborazione
con soggetti esterni.
Per quanto qui interessa, è stabilito che l’amministrazione pubblica
che intenda conferire incarichi con contratti di lavoro autonomo deve osservare
le seguenti prescrizioni:
I.

“accertare preliminarmente l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse
umane disponibili al suo interno”;

g.

“l’oggetto della prestazione deve corrispondere a obiettivi e progetti specifici e determinati”;

3.

“la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata”.
Passando all’esame del caso concreto, si osserva che il giudice a quo,

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dere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità”.

mentre per l’incarico di direzione amministrativa conferito all’avv. Nicolucci ha
correttamente ritenuto la sostanziale osservanza delle disposizioni legislative
(non v’era in servizio presso il consorzio alcun dipendente con la qualifica di funzionario che potesse ricoprire quell’incarico, la cui temporaneità era implicita nella circostanza che serviva a tamponare la vacanza del posto di direttore generale

pre all’avv. Nicolucci e rinnovato di sei mesi in sei mesi, lo stesso giudice ha palesemente ignorato l’esistenza delle menzionate disposizioni, che risultano palesemente violate nella parte in cui prescrivono che l’incarico deve essere di “natura temporanea” e deve avere un obiettivo “specifico e determinato”. Invero la
consulenza legale incriminata non aveva per oggetto una controversia o una
questione giuridica ‘specifica e determinata’, ma riguardava “la totalità di questioni che coinvolgono l’ente” (v. il contratto di consulenza legale allegato alla delibera del consiglio di amministrazione del 19.1.2006). Non solo, ma la durata
semestrale dell’incarico e ancor più il suo sistematico rinnovo ad ogni scadenza
confliggevano con il criterio della temporaneità, che sottende la necessità di soddisfare esigenze contingenti e non già esigenze durature alle quali l’ente pubblico
deve provvedere mediante assunzioni o riqualificando il personale.

§2.3

Violazione di norme di regolamento.

Riguardo alla qualifica di norme di regolamento spettante alle disposizioni contenute nello statuto dei consorzi che gli enti locali costituiscono – a norma dell’art. 31 d.lgs. n. 156/2000 – “per la gestione associata di uno o più servizi e per l’esercizio associato di funzioni”, occorre considerare che l’art. 7 d.lgs.
cit., a proposito del potere regolamentare degli enti locali, specifica che “il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza e in
particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni”.
La previsione del potere di disciplinare mediante ‘regolamenti’ “l’organizzazione e il funzionamento degli organismi di partecipazione” non può non ricomprendere – per la chiarezza di significato dell’endiade usata – gli atti normativi, tradizionalmente denominati statuti, con cui i consigli degli enti locali, a norma degli artt. 31, commi 2 e 3, e 114, commi 1 e 5, d.lgs. n. 267/2000, dettano

-5-

già messo a concorso), per l’incarico invece di consulenza legale, conferito sem-

le regole destinate a disciplinare l’ordinamento e il funzionamento dei consorzi e
delle aziende speciali da essi stessi costituiti per l’esercizio di funzioni e per la
prestazione di servizi pubblici di stretta competenza dell’ente territoriale e, quindi, sottoposti al suo generale potere di regolamentazione, sia che funzioni e servizi siano svolti direttamente sia nel caso che ciò avvenga tramite organismi par-

Aggiungasi che gli statuti dei consorzi e delle aziende speciali sono
deliberati dal consiglio comunale o provinciale alla stessa stregua dei regolamenti
sull’ordinamento degli uffici e dei servizi propri (v. art. 89 d.lgs. cit.) e ci -le l’art.
114, comma 5, d.lgs. cit., a sottolineare la continuità normativa tra statuto delle
aziende speciali e regolamento comunale o provinciale, stabilisce che l’ordina.
mento e il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dallo statuto dell’azienda medesima e dai regolamenti dell’ente locale da cui dipendono.
Non si ravvisano dunque serie ragioni per negare agli statuti consortili
la natura ›(giuridica di ‘regolamento’. Ne consegue che, per delibare la sussistenza del reato contestato, il giudice a quo avrebbe dovuto valutare la legittimità delle delibere di conferimento degli incarichi incriminati anche sotto il profilo
dell’eventuale violazione delle norme dello statuto consortile.
La sentenza impugnata, a causa degli errori giuridici e delle lacune
motivazionali fin qui evidenziate, deve essere annullata con rinvio allo stesso tribunale, che rinnoverà il giudizio attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati e
sollecitando il pubblico ministero, con le modalità suggerite dalla giurisprudenza
di legittimità (v. Sez. U., 20.12.2007 n. 5307, Battistella), a emendare il capo
d’imputazione mediante l’esatta indicazione delle norme di legge violate e mediante la doverosa precisazione sia della natura intenzionale del dolo sia dell’azione con cui il coimputato Nicolucci sarebbe concorso nel reato.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di
Lanciano.
Così deciso il 18 dicembre 2013.

tecipati appositamente costituiti.

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