Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37433 del 22/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37433 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: VANNUCCI MARCO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MARINO AGATINO nato il 05/02/1964 a CATANIA

avverso l’ordinanza del 26/05/2017 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso &le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI; _

Data Udienza: 22/02/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

che con ordinanza emessa il 26 maggio 2017 la Corte di appello di Trieste, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile la domanda di
Agatino (prenome) Marino (cognome) per l’applicazione della disciplina di cui all’art.
81, secondo comma, cod. pen. quanto ai delitti per la cui commissione tale persona
venne condannata con le due sentenze, irrevocabili, in tale atto specificamente
indicate;

eguale a quello di altra istanza dallo stesso condannato presentata nell’anno 2012,
dallo stesso giudice dell’esecuzione rigettata (con motivazione integralmente
riprodotta nel corpo del provvedimento) con ordinanza emessa 1’11 giugno 2013;
che per la cassazione di tale ordinanza Marino ha proposto ricorso (atto da lui
stesso sottoscritto) deducendo che, alla luce del contenuto delle sentenze di
condanna, sarebbe in diritto erronea, per i motivi dal ricorrente illustrati, la
motivazione fondante il rigetto della domanda ex art. 671 cod. proc. pen.;
che il motivo di critica in questione è eccentrico rispetto al contenuto della
decisione, avendo il giudice dell’esecuzione pronunciato l’inammissibilità della
domanda sul rilievo che la stessa costituiva mera riproposizione di precedente
richiesta già rigettata con la citata ordinanza del 2013; come consentito dall’art.
666, comma 2, cod. proc. pen., configurante una preclusione allo stato degli atti
che, come tale, opera quando non vengano dedotti fatti o questioni di diritto che
non hanno formato oggetto della precedente decisione (in questo senso, cfr., per
tutte, Cass. Sez. 1, n. 19358 del 5 ottobre 2016, dep. 2017, Crescenza, Rv.
269841; Cass. S.U., n. 18288 del 21 gennaio 2010, Beschi, Rv. 246651);
che il ricorrente non deduce di avere, con l’istanza introduttiva del procedimento
definito con l’ordinanza in questa sede impugnata, prospettato al giudice
dell’esecuzione fatti o questioni di diritto che non avevano formato oggetto di esame
da parte 2
1122.

) del giudice dell’esecuzione nel procedimento definito con

l’ordinanza di rigetto dell’Il giugno 2013; essendosi invece limitato a dedurre la
illegittimità della motivazione fondante la decisione di rigetto da ultimo citata, non
superando in tal guisa la preclusione processuale nel caso di specie sussistente;
che il ricorso è dunque inammissibile e da tale statuizione deriva la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si
stima equo determinare in euro duemila, da versare alla Cassa delle ammende (art.
616 cod. proc. pen.).

P.Q.M.

che la decisione si fonda sul rilevo secondo cui il contenutUtale domanda era

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 22 febbraio 2018.

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