Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37417 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 37417 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sui ricorsi proposti
dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari e
nell’interesse di
PERILLI Antonio n. 28 giugno 1962
avverso il decreto emesso il 7 giugno 2012 dalla Corte di appello di Bari

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
letta la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Piero Gaeta, che ha chiesto la
dichiarazione di inammissibilità;
letta la memoria difensiva presentata nell’interesse del Perilli, depositata il 5 aprile 2013;
osserva:

Data Udienza: 05/07/2013

Con decreto in data 7 giugno 2012 la Corte di appello di Bari si pronunciava sugli appelli
proposti avverso il decreto emesso il 9 novembre 2011 dal Tribunale di Bari con il quale veniva
disposta -ai sensi della legge n.575/65 e della’rt.1 mi.1 e 2 legge n.1423/56- la confisca di vari beni
immobili, di un fondo rustico, di sei cavalli da corsa, di conti correnti, di un libretto di deposito, di
quote societarie e patrimonio sociale della PE.CO . s.r.l. nella misura del 50% nei confronti di
Pietrantonio Anna, Stramaglia Michelangelo e Stramaglia Maria quali eredi del proposto Stramaglia
personale, nonché nei confronti di Perilli Antonio, quale fittizio intestatario di beni immobili e del
50% del capitale e del patrimonio sociale della PECO s.r.1., e dei coniugi Gelao Vito e Pentassuglia
Teresa quali fittizi intestatari di un appartamento sito in Valenzano.
La Corte territoriale revocava la confisca dei beni immobili siti in Triggiano, ordinandone la
restituzione a Perilli Antonio, e dei conti correnti e del libretto di deposito nominativo riconducibili
a Stramaglia Angelo Michele e ai suoi eredi; limitava la confisca, quanto alla società PE.CO .
alla sola quota societaria riconducibile a Stramaglia Angelo Michele, quale socio di fatto, nella
misura del 50% della stessa pari ad euro 25.000,00 (la metà del capitale sociale) ordinando la
restituzione del residuo confiscato al Perilli; confermava nel resto il decreto impugnato.
Avverso il predetto decreto hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale
della Repubblica presso la Corte di appello di Bari e, tramite i difensori, il terzo interessato Perilli
Antonio.
Con il ricorso del Procuratore Generale si deduce l’illogicità manifesta della motivazione
con “error in iure trasmodato in violazione di legge”. Si sostiene che -essendo la PE.CO . s.r.l. una
società a responsabilità limitata unipersonale, facente capo formalmente a Perilli Antonio ma
“alimentata” dal socio di fatto Stramaglia Michelangelo (o Angelo Michele?), almeno per euro
142.025,64- nel provvedimento impugnato erroneamente si era affermato che la quota societaria
della PECO s.r.l. riconducibile allo Stramaglia quale socio di fatto nella misura del 50% (oggetto
della disposta confisca, come limitata all’esito dell’appello) era pari ad euro 25.000,00, quindi alla
metà dell’intero capitale sociale pari a 50.000,00 euro. Secondo il pubblico ministero ricorrente
invece la “quota societaria” corrispondeva al valore del conferimento operato anche dal socio
occulto Stramaglia, che aveva conferito oltre 150.000,00 euro “in nero” allo scopo di acquisire un
terreno ubicato in Valenzano in vista di una speculazione edilizia. La Corte territoriale avrebbe
sostanzialmente “svuotato” il contenuto patrimoniale della confisca di prevenzione. Il ricorrente si
duole, infine, che nella motivazione del decreto impugnato non vi sia traccia del contratto
societario, del verbale costitutivo e dello statuto, al fine di individuare il capitale versato.

Angelo Michele, deceduto prima della proposta di applicazione della misura di prevenzione

Con il ricorso presentato nell’interesse del terzo interessato Perilli si deduce:
1)

la violazione di legge in relazione all’art.2 ter comma 4 1.31 maggio 1965 n.575 in

relazione alla confisca della villa sita in Cassano delle Murge, disposta sul presupposto di una mera
soggezione, rispetto al proposto Stramaglia, del Perilli il quale secondo il giudice di merito
avrebbe stipulato il contratto preliminare nell’anno 2005 per l’acquisto dell’immobile al fine di
consentirne tre anni dopo, peraltro previo il pagamento documentato di una caparra confirmatoria,
immobiliare sito in Cellamare, vi era stata una distorsione dei dati investigativi e non si era tenuto
conto del fatto che il Perilli dall’anno 2007, dopo aver versato allo Stramaglia 60.000,00 euro in
contanti, doveva ritenersi unico ed effettivo intestatario del bene; anche in relazione al fondo
rustico sito in Valenzano la confisca era stata disposta sull’indimostrato presupposto che il Perilli ne
fosse l’intestatario fittizio;
2)

la contraddittorietà della motivazione quanto alle ragioni della disposta restituzione

degli immobili di Triggiano al Perilli e la conferma, per contro, della confisca degli altri immobili
allo stesso Perilli sequestrati sulla base di un’indagine poco rigorosa circa l’ipotizzata interposizione
fittizia.
E’ stata presentata nell’interesse del Perilli una memoria con la quale si chiede il rigetto del
ricorso del pubblico ministero.

I ricorsi sono inammissibili.
Quanto al ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bari, la Corte
osserva che nel provvedimento impugnato la limitazione a 25.000,00 euro, pari al 50% del capitale
sociale, della confisca relativa alla quota societaria della PE.CO . s.r.l. riconducibile al proposto
Stramaglia Angelo Michele (lo Stramaglia -esponente di spicco della criminalità organizzata di
stampo mafioso e, segnatamente, del clan Parisi- era deceduto il 24 aprile 2009) è giustificata con
riferimento alla circostanza che lo Stramaglia aveva rilevato il 50% delle quote della società quale
contropartita del finanziamento al Perilli della somma (125.000,00 euro) da costui dovuta per il
pagamento del residuo prezzo relativo all’operazione commerciale volta all’acquisto di un terreno
sito in Valenzano, operazione realizzata mediante l’integrale acquisizione delle quote della I.C.S.
sii., proprietaria del terreno, che veniva successivamente denominata PE.CO . s.r. 1.. In tal modo la
società PE.CO . s.r.l. era divenuta esclusiva proprietaria del terreno che interessava allo Stramaglia

l’acquisizione da parte di Giangregorio Filippo, cognato del proposto Stramaglia; quanto al cespite

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nella prospettiva, una volta superati gli impedimenti amministrativi all’edificabilità, di realizzare
una speculazione edilizia. La Corte territoriale ha ritenuto “provato, per stessa ammissione del
Peri/li nel suo interrogatorio, che il passaggio di proprietà dell’anzidetto terreno avvenne mediante
l’acquisizione della quota societaria della PE. CO. s.r.1., proprietaria effettiva dello stesso; ragion
per cui promanando dallo stesso Peri/li tali dichiarazioni autoconfessorie, anche in mancanza della
produzione dell’atto pubblico di vendita, deve ritenersi provata la corresponsabilità del proposto,

del terreno sito in Valenzano alla via Vecchia Montrone, con la conseguente corretta confisca della
sola quota societaria allo stesso riconducibile nella misura del 50%”. La limitazione della confisca

in tali termini corrispondeva, del resto, a quanto era stato richiesto nell’originaria proposta del
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari e a quanto era stato disposto nel
provvedimento presidenziale di sequestro anticipato e della successiva convalida, che avevano
riguardato le sole quote societarie della PE.CO . s.r.l. nella misura del 50%, e non anche il 50% del
patrimonio sociale. Nella motivazione del provvedimento impugnato si è ritenuto che il Tribunale
avesse effettuato una “non giustificata estensione della confisca”, in considerazione delle modalità
di acquisizione della comproprietà del terreno da parte dello Stramaglia attraverso l’ottenuto
riconoscimento del 50% delle quote della neocostituita società di cui risultava in definitiva un socio
occulto.
Le doglianze del pubblico ministero ricorrente riguardano essenzialmente, come esplicitato
peraltro nel ricorso, la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione che non sono
deducibili con il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione. Infatti, come più volte
affermato da questa Corte (Cass. sez.V 8 aprile 2010 n.19598, Palermo; sez.VI 8 marzo 2007
n.35044, Bruno; sez.VI 17 dicembre 2003 n.15107, Criaco; sez.VI 23 maggio 2003 n.34021,
Largo), nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per
violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4, comma decimo, dalla legge 27 dicembre 1956, n.
1423, richiamato dall’art. 3 ter, comma secondo, della legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue
che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di
legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi
esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione di legge e
segnatamente dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono
comma del predetto art. 4 legge 1423/56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente.
Non è questo il caso del provvedimento impugnato in cui la Corte territoriale ha dato adeguato
conto del parziale accoglimento, quanto alle quote societarie della PE.CO . s.r.1., dell’appello del
Perilli ponendo l’attenzione, con un argomento peraltro non manifestamente illogico, sul veicolo

1A.

quale socio di fatto della PE. CO., nell’anzidetta transazione avente ad oggetto la compravendita

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formale di acquisizione del bene da parte dello Stramaglia costituito dall’acquisizione della quota
societaria della PE.CO . s.r.1., proprietaria effettiva del terreno.
Il ricorso del Perilli è del pari inammissibile.
Con il secondo motivo si denuncia, peraltro genericamente, la “contraddittorietà della
motivazione” e va ribadito, relativamente al contenuto della doglianza, quanto detto nell’esaminare

che non consente di dedurre il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e),
c. p. p..
Con il primo motivo, pur deducendosi formalmente la violazione di legge, si contesta nella
sostanza la coerenza logica della motivazione del provvedimento impugnato nel quale -in relazione
alla confisca della villa di Cassano delle Murge, al cespite immobiliare sito in Cellamare e al fondo
rustico sito alla via Montrone di Valenzano- si fornisce un’approfondita ricostruzione delle
procedure di acquisto dei beni e dei rapporti tra il Perilli e Stramaglia Angelo Michele emersi
anche dalle dichiarazioni dello stesso Perilli, ripetutamente e consapevolmente prestatosi a
realizzare gli interessi immobiliari del proposto.
Alla inammissibilità del ricorso del Perilli consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle
ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale e dichiara inammissibile il ricorso del
Perilli, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla
Cassa delle ammende.
Roma 5 luglio 2013
il cons. est.
sidente

il ricorso del pubblico ministero circa la riserva del sindacato di legittimità alla violazione di legge

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