Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37393 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37393 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

del Tribunale di Messina
salita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
santite le condusioni del P. G., dr. Nicola Lettieri, che ha
chiesto l’annullamene, con rinvio dell’ordinanza impugnata
limitatamente ai beni delle sodetà terze
satiti i difensori, aw.ti Isabella Barone e Alberto Gullino,
die hamo conduso per raccoglimento del ricorso

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Data Udienza: 04/07/2013

1. Con ordinanza in data 10.1.2013 il Tribunale di Messina rigettava la richiesta di riesame,
proposta nell’interesse di Giordano Antonino, avverso il provvedimento di sequestro preventivo
emesso dal GIP del Tribunale di Messina ed avente ad oggetto la somma di euro 1.880.797,38
nella disponibilità dell’indagato per il reato di cui all’art.10 ter D.L.vo 74/2000.
Dopo aver prtmesso che, secondo ormai giurisprudenza pacifica della Corte di cassazione, in
relazione ai reati tributari può essere disposto il sequestro per equivalente anche del profitto
del reato, rilevava il Tribunale che il provvedimento impugnato era stato emesso sussistendo i
presupposti di legge.
Quanto al fumus, dalla documentazione in atti ed in particolare dalle C.N.R. del Nucleo Polizia
tributaria di Messina emergeva che la società “Pro.co.ge s.p.a.”, nella quale il Giordano ed il
coindagato Carpita si erano avvicendati come rappresentanti legali, aveva omesso il
versamento del debito IVA nei termini di legge per il periodo di imposta rispettivamente del
2009 e 2008 (circostanza peraltro non contestata dalla difesa, che si era limitata a dedurre
l’accoglimento delle sue istanze di rateizzazione).
L’adesione dell’amministrazione finanziaria al piano di rateizzazione proposto, anche se
intervenuta prima dell’apposizione del vincolo, non aveva incidenza sulla configurabilità né del
fumus né del periculum in mora, in quanto, secondo la più recente giurisprudenza di
legittimità, il versamento successivo (anche se spontaneo) dell’imposta rileva soltanto se
abbia i requisiti per determinare l’estinzione del reato oppure ai fini dell’applicabilità della
circostanza attenuante di cui all’art.13 D.L.vo 74/2000.
La sanatoria della posizione debitoria con l’amministrazione finanziaria fa venir meno gli scopi
che intende conseguire il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente soltanto all’esito
della procedura di accertamento con adesione e quindi con l’integrale pagamento dell’imposta
evasa.
Trattandosi, poi, di confisca per equivalente non era necessario il requisito della pertinenzialità
al reato di quanto sequestrato.
E, non essendo configurabile alcun rapporto di sussidiarietà tra il patrimonio della persona
fisica indagata e quello della società che ha conseguito il profitto, la misura cautelare può
essere eseguita indifferentemente sull’uno e sull’altro.
2. Ricorre per cassazione il Giordano, a mezzo dei difensori.
Dopo una premessa in fatto, denuncia la erronea interpretazione ed applicazione degli artt.321
c.p.p., 322 ter c.p., arti co.143 L.244/2007 in relazione all’arti° ter D.L.vo 74/2000, nonché
la carenza assoluta ed illogicità di motivazione equiparabile alla violazione di legge.
Il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente ha riguardato non solo beni di esclusiva
pertinenza dell’indagato e della società Pro.co.ge . s.p.a., ma anche beni appartenenti a
persone giuridiche terze in base alla mera ipotesi della riconducibilità delle stesse alla persona
fisica del Giordano per il solo fatto di esserne il rappresentante legale.
La giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità di sottoporre a sequestro conti correnti
cointestati, ma mai in danno di soggetti terzi anche in considerazione della natura
sanzionatoria della confisca.
Peraltro, trattandosi di persone giuridiche, la giurisprudenza più recente ha ritenuto che non è
consentito estendere la responsabilità alla persona giuridica a favore della quale il reato è
stato commesso; a maggior ragione tale principio deve valere per persone giuridiche terze.
Il disposto sequestro è quindi illegittimo sia con riferimento ai beni riconducibili alla Pro.co.ge .
s.p.a. sia soprattutto in relazione a beni di altre società terze.
Tali rilievi, pur dedotti davanti al riesame, sono stati disattesi con argomentazioni inconferenti,
essendosi il Tribunale limitato a far riferimento alla qualità di rappresentante legale del
Giordano delle società i cui beni erano stati colpiti dalla misura cautelare.

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Come affermato reiteratamente da questa Corte, ai fini del sequestro preventivo, funzionale
alla confisca di cui all’art. 322 ter cod. pen., non occorre provare il nesso di pertinenzialità

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3. Per quanto riguarda poi le persone giuridiche, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Il
sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall’art.19 del D.Lgs. 8
giugno 2001 n.231, non può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si
proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso
che gli artt.24 e ss. del citato D.L.gs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di
giustificare l’adozione del provvedimento, con esclusione dell’ipotesi in cui la struttura
aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato per commettere gli illeciti” (cfr. Cass.pen.
sez. 3 n. 1256 del 19.9.2012; conf. Cass. Sez. 3 n.25774 del 14.6.2012; Cass. Sez. 3 n.15349
del 23.10.2012).

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della res rispetto al reato, essendo assoggettabili a confisca beni nella disponibilità
dell’indagato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato (cfr.
ex multis Cass. sez. 6 n. 11902 del 27.1.2005). Il sequestro preventivo, funzionale alla
confisca per equivalente, può ricadere quindi su beni, comunque, nella disponibilità
dell’indagato. Sulla nozione di “disponibilità”, però, non sempre le decisioni sono univoche. Con
la sentenza di questa Sezione 3 n.15210 dell’8.2.2012 veniva confermato il principio già
enunciato dalla sentenza della sez. 1 n. 11732 del 9.3.2005, secondo cui per “disponibilità”
deve intendersi la relazione effettuale del condannato con il bene, connotata dall’esercizio dei
poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. “La disponibilità coincide, pertanto,con la
signoria di fatto sulla res indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato,
riguardo al quale il richiamo più appropriato sembra essere quello riferito al possesso nelle
definizioni che ne dà l’art. 1140 cod. civ. Non è necessario, quindi, che i beni siano nella
titolarità del soggetto indagato o condannato, essendo necessario e sufficiente che egli abbia
un potere di fatto sui beni medesimi e quindi la disponibilità degli stessi.
Ovviamente tale potere di fatto può essere esercitato direttamente o a mezzo di altri soggetti,
che a loro volta, possono detenere la cosa nel proprio interesse (detenzione qualificata) o
nell’interesse altrui (detenzione non qualificata). Sicché la nozione di disponibilità non può
essere limitata alla mera relazione naturalistica o di fatto con il bene, ma va estesa, al pari
della nozione civilistica del possesso, a tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricada
nella sfera degli interessi economici del prevenuto, ancorché il medesimo eserciti il proprio
potere su di esso per il tramite di altri (cfr. Cass. pen. sez. 1 n. 6813 del 17.1.2008). Viene,
cioè, in rilievo e legittima il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente la interposizione
fittizia, vale a dire quella situazione in cui il bene, pur formalmente intestato a terzi, sia nella
disponibilità effettiva dell’indagato o condannato. Si è così ritenuto che, ai fini dell’operatività
della confisca per equivalente prevista dall’art. 322 ter cod. pen. e, di riflesso, della possibilità
di adozione di un provvedimento di sequestro preventivo dei beni che possono formarne
oggetto, il requisito costituito dalla disponibilità di tali beni da parte del reo non viene meno nel
caso di intervenuta cessione dei medesimi ad un terzo con patto fiduciario di retrovendita
(Cass. pen. sez. 2 n. 10838 del 20.12.2006); che le somme di denaro, depositate su conto
corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, sono soggette a sequestro
preventivo funzionale alla confisca per equivalente, in quanto quest’ultimo si estende ai beni
comunque nella disponibilità dell’indagato, non ostandovi le limitazioni provenienti da vincoli o
presunzioni operanti, in forza della normativa civilistica, nel rapporto di solidarietà tra creditori
e debitori (art. 1289 c.c.) o nel rapporto tra istituto bancario e soggetto depositante (art. 1834
c.c.) Cass. pen. sez. 3 n. 45353 del 19.10.2011); che il sequestro può riguardare anche un
bene in comproprietà tra l’indagato ed un terzo estraneo (Cass. sez. 3 n. 6894 del 27.1.2011)
o un bene facente parte del fondo patrimoniale familiare (Cass. sez. 3 n. 18527 del 3.2.2011).
È necessario, però, che venga dimostrata la disponibilità, secondo la nozione sopra delineata,
del bene da parte dell’indagato e che quindi vi sia discrasia con la intestazione formale.
Incombe al P.M., poi, l’onere di dimostrare l’esistenza di situazioni che avallino siffatta
discrasia (Cass. sez. 2 n. 17287 del 23.3.2011). La possibilità, ai fini della sussistenza del
periculum di cui all’art. 321 c.p.p., di sottoporre a sequestro preventivo beni formalmente
intestati a terzi estranei al procedimento penale, impone una pregnante valutazione, sia pure
in termini di semplice probabilità, sulla base di elementi che appaiono indicativi della loro
effettiva disponibilità da parte dell’indagato, per effetto del carattere meramente fittizio della
loro intestazione (Cass. pen. sez. 6 n. 27340 del 16.4.2008).

4. Il Tribunale, pur nei limiti dei poteri del riesame, ha omesso ogni indagine in proposito,
anche se, con la memoria in data 10.1.2013, era stata dedotta la illegittimità del sequestro
non solo in ordine alle somme di denaro riconducibili alla Pro.co.ge srl ma soprattutto a
soggetti terzi.
Si è limitato, infatti, a far derivare la “disponibilità” dalla mera rappresentanza legale delle
società e ad affermare che “non è configurabile alcun rapporto di sussidiarietà tra il patrimonio
della persona fisica alla quale è addebitato il reato e quello dell’ente..”.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Messina limitatamente al sequestro dei
beni delle società. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 4.7.2013

4.1. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame, al Tribunale di
Messina, che, alla luce dei principi e dei rilievi sopra enunciati, accerterà quali siano i beni
assoggettabili a sequestro finalizzato alla confisca per equivalente.

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