Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37383 del 12/05/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37383 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PANTANO GIUSEPPE N. IL 11/04/1962
avverso l’ordinanza n. 1745/2016 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 01/07/2016
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/05/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 1 luglio 2016 il Tribunale di sorveglianza di Roma
ha respinto il reclamo proposto da Pantano Giuseppe avverso il decreto del 2
marzo 2016 del Ministro della Giustizia, con cui era stata disposta nei suoi
confronti l’applicazione del regime penitenziario differenziato previsto dall’art.
41-bis Ord. Pen.

sottoposto a custodia cautelare in carcere con ordinanza del 30 ottobre 2014 del
G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria, per associazione di tipo mafioso con ruolo
qualificato e condannato in primo grado alla pena di anni venti di reclusione con
sentenza del 26 aprile 2016 del G.u.p. dello stesso Tribunale- il disposto regime
differenziato era giustificato da plurimi elementi, che illustrava, emergenti dalle
informative degli organi competenti in materia di criminalità organizzata ed
evidenzianti l’attuale pericolosità del predetto e la sua capacità di mantenere
contatti con i sodali in libertà, che poteva essere agevolata dal regime detentivo
ordinario.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con atto
personale, l’interessato Pantano, che ne ha chiesto l’annullamento, denunciando,
ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.

b)

ed e),

cod. proc. pen., erronea

interpretazione della legge penale sostanziale e mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione, deducendo la insussistenza dei presupposti
legittimanti l’applicazione del regime penitenziario differenziato e dolendosi
dell’erroneo apprezzamento delle censure svolte con riguardo alla contestata
valutazione dei contenuti delle conversazioni intercettate e alla lamentata
violazione del diritto di difesa quanto alla richiesta di ascolto e trascrizione delle
stesse.
3. In esito al preliminare esame presidenziale il ricorso è stato rimesso a
questa sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’ambito del sindacato devoluto a questa Corte con riguardo al regime
detentivo differenziato è segnato dal comma 2-sexies dell’art. 41-bis legge n.
354 del 1975, a norma del quale il procuratore generale presso la corte di
appello, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla sua

9

Ad avviso del Tribunale -che premetteva che il reclamante era stato

comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale per
violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre
che alla inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla
mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei
quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente o

di merito per ritenere giustificato il regime differenziato, ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei
necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato
la decisione (tra le altre, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv.
224611; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).
3.

Nella specie, il Tribunale di sorveglianza ha proceduto, con corretta

interpretazione ed esatta applicazione dei principi di diritto in materia, come
interpretati dalla giustizia costituzionale, anche a seguito della riforma dell’art.
41-bis Ord. pen. con legge n. 94 del 2009, e fissati da questa Corte, alla verifica,
con esito positivo, delle condizioni giustificative del decreto ministeriale,
rappresentando gli elementi sui quali è stata fondata la valutazione della
pericolosità del ricorrente e della legittimità e fondatezza dell’applicazione della
misura in oggetto.
Il Tribunale ha, al riguardo, congruamente motivato -sottoponendo a vaglio
critico, in alcun modo solo apparente, il contenuto del decreto ministeriale
reclamato, cui ha rinviato, e i dati nello stesso rappresentati, e richiamando i
plurimi elementi di fatto disponibili, che ha sintetizzato- sia in ordine al profilo
criminale del reclamante e alla imputazione posta a fondamento della misura
cautelare custodiale eseguita a suo carico e della intervenuta sentenza di
condanna; sia in relazione al ruolo qualificato rivestito dal reclamante nella
omonima cosca di appartenenza, operate in San Ferdinando e comuni limitrofi,
strettamente collegata alla famiglia Pesce di Rosarno, contrapposta alle famiglie
alleate Cimato e Bellocco; sia con riguardo alla concretezza del pericolo, fondata
sulla coerente illustrazione di elementi fattuali, che il reclamante potesse
mantenere, se detenuto in regime ordinario, utili contatti con i sodali liberi.
4. A fronte di tali considerazioni, esenti da vizi logici e giuridici, il ricorrente
ha opposto non fondate quanto generiche censure, che ripetono in questa sede
di legittimità le osservazioni e le deduzioni, già enunciate in sede di merito, di
diffuso dissenso rispetto al contenuto del decreto reclamato, denunciando, senza
opporre una condivisibile diversa interpretazione dei principi normativi,

3

assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice

l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime differenziato,
reiterando le già esaminate questioni relative alle utilizzate conversazioni
intercettate, e segnalando, con inammissibili incursioni nel merito, in ogni caso
ostacolate dalla limitazione normativa del sindacato di legittimità, la non
condivisa interpretazione del valore attribuito a circostanze di fatto che si
assumono non correttamente valutate.
5. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,

escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità- al
versamento della somma, ritenuta congrua, di duemila euro alla cassa delle
ammende.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/05/2017

nonché -valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a

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