Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37368 del 10/07/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37368 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

BRANDOLI Francesca, nata il 07/06/1973

Avverso il decreto n. 9472/2017 del Presidente del Tribunale di Sorveglianza di
Venezia in data 14/12/2017;

Visti gli atti e il ricorso;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Antonio Minchella;

lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. Ferdinando Lignola,
che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato;

Data Udienza: 10/07/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento in data 06/09/2017 il Direttore della Casa Circondariale di
Milano – San Vittore disponeva la sospensione provvisoria dell’ammissione al lavoro
all’esterno ex art. 21 Ord.Pen. disposto a favore della detenuta Brandoli Francesca: si
rilevava che la detenuta, benchè non avesse commesso alcuna irregolarità nello
svolgimento del suo lavoro, aveva preso a frequentare un soggetto condannato ed
ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale, così violando una prescrizione.

Sorveglianza di Milano, considerato il rapporto disciplinare relativo ai fatti de quibus,
approvava la revoca.
La detenuta proponeva reclamo avverso tale decisione.
Con decreto in data 14/12/2017 il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di
Milano dichiarava la inammissibilità del reclamo, affermando che «il reclamo contro
revoca art 21 è previsto dalla legge».

2. Avverso detto decreto propone ricorso l’interessata a mezzo del difensore Avv.
Gaetano Bosco: sostiene che il reclamo, per quanto non espressamente previsto dalla
legge, doveva considerarsi rientrante negli artt. 35 e 14 ter Ord.Pen. poiché
riguardava diritti fondamentali da trattarsi con garanzie giurisdizionali; rimarca che il
provvedimento del Magistrato di Sorveglianza si poneva in calce ad un anomalo
provvedimento che non disponeva una revoca del beneficio, limitandosi ad una
sospensione: peraltro il Magistrato di Sorveglianza aveva approvato una revoca mai
disposta e

, che nemmeno veniva espressamente disposta; nonostante ciò

l’Amministrazione Penitenziaria aveva inteso quel provvedimento come una revoca,
con il risultato che la ricorrente aveva perso il lavoro, era stata allocata in un altro
Ittl’èr
Istituto di Pena ed aveva erging la speranza di tornare libera; ciò aveva reso
necessario proporre reclamo al Tribunale di Sorveglianza, poiché il Magistrato di
Sorveglianza era l’unico organo che aveva espressamente menzionato la revoca in un
provvedimento, seppure una revoca non fosse mai stata adottata dall’unico organo
legittimato e cioè l’Autorità Penitenziaria. Quanto alle ragioni della decisione
sfavorevole, la ricorrente era stata colpita per la frequentazione di soggetto
pregiudicato, ignorando che si trattava di una relazione affettiva, per cui non veniva
in rilievo la finalità di evitare contatti impropri o rischi di recidivanza.

3. Il P.G. chiede l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.

2

Ricevuta notizia del provvedimento, in data 07/09/2017 il Magistrato di

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio, per le ragioni
di seguito esposte.

2. Appare opportuno premettere che, in relazione all’istituto del lavoro all’esterno,
il Regolamento di Esecuzione dell’ordinamento penitenziario, al comma 15 del suo
art. 48, prevede che:

«Le eventuali modifiche delle prescrizioni e la revoca del

dell’amministrazione penitenziaria, al provveditore regionale e al magistrato di
sorveglianza, per i condannati e gli internati, o alla autorità giudiziaria procedente,
per gli imputati. La revoca del provvedimento di ammissione al lavoro esterno diviene
esecutiva dopo l’approvazione del magistrato di sorveglianza. Il direttore dell’istituto
può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione dell’efficacia
dell’ammissione al lavoro all’esterno, in attesa della approvazione da parte del
magistrato di sorveglianza del provvedimento di revoca».
Dunque l’ordinamento non riconosce al Magistrato di Sorveglianza né il potere di
concedere né quello di revocare, in autonomia, il provvedimento di ammissione al
lavoro all’esterno del detenuto: questa facoltà è espressamente riservata
all’Amministrazione, ma è previsto un intervento del Magistrato di Sorveglianza in
termini di “approvazione” di tale decisione; in attesa della richiesta “approvazione” il
Direttore dell’Istituto di Pena può disporre la sospensione dell’efficacia del lavoro
all’esterno.
Nella fattispecie, il provvedimento che aveva dato origine all’intero procedimento
aveva avuto un andamento poco lineare: espressamente in esso veniva disposta una
sospensione del lavoro all’esterno, apparentemente da intendersi come modifica
temporanea, atteso che il provvedimento non faceva menzione della revoca del
beneficio. Tuttavia, lo stesso provvedimento, nella parte finale della sua motivazione,
faceva poi cenno alla necessità di un ulteriore periodo di osservazione scientifica della
personalità in vista di una «nuova ammissione» al beneficio.
Tale espressione non può avere altro significato che quello di una revoca del
beneficio, espressa in modo poco esplicito: ed infatti, a fronte di quella decisione, il
Magistrato di Sorveglianza, preso atto del contenuto della revoca del beneficio, aveva
approvato la stessa.
Correttamente, dunque, la detenuta aveva proposto impugnazione avverso il
provvedimento del Magistrato di Sorveglianza.
Questa impugnazione è stata dichiarata inammissibile dal Presidente del Tribunale
di Sorveglianza: la motivazione del decreto emesso ex art. 666, comma 2,
cod.proc.pen., (e cioè perché «il reclamo contro revoca art 21 è previsto dalla legge»)
va necessariamente integrata nell’unico modo in cui, all’evidenza, può darsi
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provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno, sono comunicate al Dipartimento

significato alla decisione e-cioè «il reclamo contro revoca art 21 (non) è previsto dalla
legge». In tal modo, la decisione emessa de plano trova la sua giustificazione nella
ritenuta non impugnabilità del provvedimento del Magistrato di Sorveglianza.

3. Su questo punto reputa il Collegio che la decisione non sia stata corretta, nel
senso che il provvedimento de quo era impugnabile: il diritto al lavoro costituisce
diritto fondamentale e tale deve ritenersi anche per il detenuto, per il quale il lavoro
costituisce altresì componente essenziale del trattamento rieducativo (Corte Cost. n.

presenta – sia per i profili di accesso sia per gli aspetti organizzativi e disciplinari inevitabili peculiarità, che giustificano varianti o deroghe rispetto al rapporto di
lavoro in generale, è tuttavia principio consolidato che né tale specificità né la
circostanza che il datore di lavoro possa coincidere con il soggetto che sovrintende
alla esecuzione della pena o sia alle determinazioni di questo comunque sottoposto,
“valgono ad affievolire il contenuto minimo di tutela che, secondo la Costituzione,
deve assistere ogni rapporto di lavoro subordinato” (Corte Cost. n. 158 del 2001).
Sicché, come “non v’è dubbio che il detenuto abbia diritto a far valere-in giudizio le
pretese nascenti dalla prestazione di attività lavorative”, e cioè dal rapporto (Corte
cost. n. 341 del 2006, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69,
comma 6, lett. a, della Legge n. 354 del 1975, perché dettava “regole processuali
inidonee, se riferite alle controversie di lavoro, ad assicurare un nucleo minimo di
contraddittorio e di difesa, quale spetta a tutti i cittadini nei procedimenti
giurisdizionali”), così non può esservi dubbio che un controllo giurisdizionale effettivo
e regole processuali idonee devono essere assicurati anche in relazione ai
provvedimenti idonei ad incidere sul titolo, ovverosia sui provvedimenti che
consentono o revocano l’ammissione al lavoro (come ricorda Corte Cost. n. 526 del
2000, “sarebbe … vano rinvenire-nel sistema legislativo il riconoscimento dei diritti
del detenuto, se non sussistessero forme di tutela giurisdizionale degli stessi, o
queste non risultassero efficaci per mancanza dei presupposti necessari all’esercizio
del controllo giurisdizionale”). A ragione occorreva perciò fare applicazione nella
situazione in esame dei rimedi giurisdizionali previsti dall’ordinamento nei confronti
degli atti della amministrazione penitenziaria lesivi di diritti di coloro che sono
sottoposti a restrizione della libertà personale (Sez. 1, n. 20171 del 10/02/2009,,Rv
244066).

4. Ed allora, stabilità l’impugnabilità del provvedimento, non poteva il Presidente
del Tribunale di Sorveglianza dichiarare inammissibile l’impugnazione per la ritenuta
ragione opposta.
Il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de
plano, ai sensi dell’art. 666 cod.proc.pen., comma 2, soltanto con riguardo ad una
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532 del 2002). E se è vero che il lavoro del detenuto, intramurario o esterno,

richiesta identica, per oggetto e per elementi giustificativi, ad altra già rigettata
ovvero priva delle condizioni previste direttamente dalla legge e non con riferimento
al reclamo al Tribunale di Sorveglianza avverso le decisioni del magistrato di
sorveglianza, che è riconducile al genus dell’impugnazione, sicché la dichiarazione di
inammissibilità è di competenza del giudice dell’impugnazione e, quindi, dell’organo
collegiale e non del presidente del Tribunale di Sorveglianza (Sez. 1, n. 53017 del
02/12/2014, Borachuk, Rv. 261662).

Gli atti saranno trasmessi al Tribunale di Sorveglianza di Milano per l’ulteriore
corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti
al Tribunale di Sorveglianza di Milano per l’ulteriore corso.
Così deciso il 10 luglio 2018.

Il Consigliere estensore
ott. Antonio inch II

Il Presidente
(dott. Adriano Iasillo)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penale
Depositata in Cancelleria oggi
Roma, lì

z» , 1 A60. 2018

Pertanto il provvedimento impugnato deye essere annullato senza rinvio.

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