Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37361 del 15/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37361 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ESPOSITO ELISA N. IL 10/10/1964
avverso la sentenza n. 160/2009 TRIBUNALE di CROTONE, del
18/02/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
osd),
ch„e ha concluso per (
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Esposito Elisa è stata tratta a giudizio davanti al Tribunale di Crotone per
rispondere del reato di cui all’ad. 256 del D. Lvo n. 152/2006.
Con sentenza 18.2.2011, il Tribunale ne ha accertato la responsabilità penale e
l’ha condannata alla pena di e. 3.000 di ammenda, salvi gli obblighi di bonifica e
ripristino dello stato dei luoghi.
La Esposito propone, tramite difensore, ricorso per cassazione denunziando due
motivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo denunzia la violazione del principio di correlazione tra accusa
e sentenza (521 comma 2 cpp e 24 della Costituzione) rilevando che nel capo di
imputazione le era stata contestata la violazione dell’ad. 256 del D. Ivo 152/2006 (per
avere svolto abusivamente attività di raccolta e smaltimento di rifiuti speciali non
pericolosi nell’area sita in località Formicusa di Mesoraca in particolare depositando una
rilevante quantità di pneumatici e la carcassa di un’autovettura), mentre invece in
sentenza era stata iritenuta responsabile del reato di cui all’ad. 257 del citato decreto,
che punisce chiunque cagiona l’inquinamento del sito se non provvede alla bonifica
secondo la relativa procedura prevista. Secondo la ricorrente, dunque, la condanna è
stata pronunciata per un fatto diverso in violazione non solo dell’ad. 521 comma 2 cpp
ma anche dell’ad. 24 Cost. perché da tale diversa accusa non si è potuta difendere.
Il motivo è manifestamente infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di correlazione tra
imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una
trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella
quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri
un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei
diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del
principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente
letterale fra contestazione e sentenza perché, vedendosi in materia di garanzie e di
difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del
processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine
all’oggetto dell’imputazione. (cfr. Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010 Ud. dep.
13/10/2010 Rv. 248051; cass. Sez. 4, Sentenza n. 16900 del 04/02/2004 Ud. dep.
09/04/2004 Rv. 22804).
Nel caso di specie, alla Esposito era stata contestato il reato di cui all’ad. 256
comma 1 lett. a) del decreto legislativo n. 152/2006 “perché, senza la prescritta
autorizzazione svolgeva abusivamente attività di raccolta e smaltimento di rifiuti, in
particolare, raccoglieva, nell’area sita in Mesoraca, località Formicusa, rifiuti speciali

2

non pericolosi; in particolare, vi depositava una rilevante quantità di pneumatici e la
carcassa di un’autovettura”.
Il Tribunale, all’esito di una valutazione di merito, ha affermato che “i fatti
accertati corrispondono alle violazioni contestate”

(raccoglimento, nel fondo di

proprietà dell’imputata, di rifiuti speciali non pericolosi e in particolare pneumatici
nonché la carcassa di un veicolo). Per giungere a tale conclusione, il giudice di merito
ha considerato la deposizione dei Carabinieri da cui risultava, tra l’altro, che l’accesso

attraverso una stradina interpoderale che passava davanti all’azienda agricola gestita
dal marito Parise Alfonso e che il terreno era parzialmente recintato.
Ha quindi ritenuto la Esposito colpevole del reato “ascrittole”, cioè della violazione
dell’art. 256 comma 1 lett. a del D. Ivo n. 152/2006.
Trattasi di accertamento in fatto, e come tali insindacabile in questa sede, anche
perché non risulta dedotto alcun vizio attinente alla logicità e contraddittorietà della
motivazione, essendo la censura incentrata esclusivamente sulla violazione del
principio di correlazione tra accusa e sentenza.
E’ vero che nel corpo del provvedimento impugnato (precisamente a pag. 3) il
Tribunale di Crotone ha svolto ulteriori affermazioni richiamando la contravvenzione di
cui all’art. 257 del D. Lvo n. 152/2006 (che punisce chiunque cagiona l’inquinamento
del sito se non provvede alla bonifica secondo la relativa procedura prevista), ma
trattasi di argomentazioni inopportune, superflue ai fini dell’avvenuto accertamento del
reato come contestato nel capo di imputazione e per il quale è stata pronunciata
condanna (come si evince chiaramente dal richiamo, contenuto in dispositivo, alla
responsabilità per il “reato ascrittole” e non già per la diversa contravvenzione di cui
all’art. 257).
2. Le osservazioni che precedono assorbono logicamente l’esame della seconda

censura che investe invece l’erronea applicazione dell’art. 257 del D. Lvo n. 152/2006,
norma soltanto richiamata, ma non applicata in concreto nel caso di specie.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle A
Così deciso in Roma, il 15.5.2013.

alla discarica non era facile per gli estranei, in quanto avveniva esclusivamente

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