Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37355 del 02/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37355 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da BRESCIANI Alessandra, n. a Torino il 12.5.1979,
avverso la sentenza del 29 novembre 2011 del tribunale di Torino
Udita la relazione fatta in camera di consiglio dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Mario Fraticelli che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
la Corte osserva:

Data Udienza: 02/05/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Bresciani Alessandra, n. a Torino il 12.5.1979, era imputata:
a) del reato di cui all’art. 256 comma I lettera a) del D.Igs 152/06 poiché,
nella sua qualità di amministratore unico della ditta BRESCIANI Bruno S.r.l. con
sede a Toritto (TO) in Strada Bellacomba s.n., avente per oggetto sociale la posa
di asfalti, la costruzione di strade, fognature e lavori in terra e murari, i
movimenti di terra, la produzione e stesa di asfalti e conglomerati bituminosi, la
costruzione di giardini, le opere di sistemazione agraria e forestali e le

proprie attrezzature, ometteva di versare i diritti di iscrizione ex D.M. 350/98
negli anni 2007/2008 per cui veniva a decadere il titolo alla gestione dei rifiuti;
b) del reato di cui all’art. 256 comma 4 del d.lgs. 152/06 poiché, nella sua
qualità di amministratore unico della ditta BRESCIANI Bruno Sir.l. con sede a
Torino (TV) in Strada Bellacomba s.n., avente per oggetto sociale la posa di
asfalti, la costruzione di strade, fognature e lavori in terra e murari, i movimenti
di terra, la produzione e stesa di asfalti e conglomerati bituminosi, la costruzione
di giardini, le opere di sistemazione agraria e forestali e le impermeabilizzazioni
varie di tetti e capannoni industriali e il noleggio delle proprie attrezzature,
effettuava le operazioni di messa in riserva e avvio al recupero di cui agli art.
214 e 216 del D.Igs. 152/06 senza aver effettuato i test di cessione previsti ogni
due anni in carenza quindi dei requisiti e delle condizioni richieste per le iscrizioni
o comunicazioni richiesti al punto 9 del D.M. 05.02.98 Fatto accertato in Torino,
in data 25/08/08.
2. A seguito di opposizione al decreto penale di condanna n. 906 emesso
dal GIP presso il Tribunale di Torino il 1.4.2009, si svolgeva l’istruttoria
dibattimentale, nella contumacia dell’ )4imputata, previa revoca del decreto
penale citato, mediante l’esame del testimone Brossa Antonio, UPG dell’ARPA
Piemonte, e la produzione di documenti.
Con sentenza del 29.11.2011, il tribunale di Torino assolveva l’imputata
dal reato ascrittole sub capo a) perché il fatto non sussiste; e dichiarava
l’imputata colpevole del reato ascrittole sub capo b) e la condannava alla pena di
euro 3000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

3. Avverso questa pronuncia l’imputata propone ricorso per cassazione
con due motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è articolato in due motivi.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità del decreto di
citazione a giudizio per violazione dell’articolo 552, numero 1, lettera B), codice
procedura penale. La ricorrente lamenta l’incertezza assoluta in merito a chi
27573 12 r.g.n

2

up. 2 maggio 2013

impermeabilizzazioni varie di tetti e capannoni industriali e il noleggio delle

fosse il suo difensore che ebbe a sostituire l’avvocato Tommaso Servetto
difensore di fiducia.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione ed errata
applicazione dell’art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006. Sostiene che
l’attività svolta dalla società era solo quella di messa in riserva, ossia di
stoccaggio, attività che, essendo preliminare alla successiva attività di recupero,
non richiedeva i test di cessione prescritti dall’indicato decreto ministeriale.
2. Il ricorso è inammissibile.

Nel verbale di udienza si legge che il giudice aveva dato atto dell’erronea
indicazione dell’aula d’udienza (nel decreto di citazione a giudizio era indicata
con il numero 54 del palazzo di giustizia di Torino mentre per l’udienza del 28
aprile 2011 l’udienza veniva tenuta nell’aula 52 del medesimo palazzo di
giustizia), ma aveva aggiunto che la difesa dell’imputata nulla aveva eccepito
dichiarando che la sua assistita non era presente in tribunale e che la cancelleria
l’aveva avvisata dell’errore relativo alla diversa aula d’udienza.
La circostanza poi che non risulti la delega del difensore di fiducia non
inficia la dichiarazione del difensore stesso che ha dichiarato in udienza di essere
tale ed ha operato come difensore della ricorrente. In ogni caso nessuna
violazione del diritto di difesa è ravvisabile atteso che il difensore di fiducia, non
presente in udienza, non ha allegato alcun legittimo impedimento.
Anche il secondo motivo è inammissibile atteso che si tratta di una
censura in fatto. Il tribunale ha puntualmente motivato facendo riferimento alla
documentazione acquisita dai funzionari dell’agenzia regionale per l’ambiente (in
particolare il teste Brossa) e ai registri di magazzino, da cui emergeva che i rifiuti
non pericolosi recuperati venivano avviati all’esterno per essere reintrodotti nel
ciclo produttivo.
3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.
Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere
delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di euro mille alla Cassa delle
ammende.
27573_12 r.g.n

3

u.p. 2 maggio 2013

Tale è il primo motivo.

Così deciso in Roma, il 2 maggio 2013

Il Consigliere estensore

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