Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37352 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37352 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AVANZO CARMELA N. IL 04/04/1951
DE ANGELIS MICHELE N. IL 22/02/1948
avverso la sentenza n. 10224/2007 TRIB.SEZ.DIST. di SORRENTO,
del 12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
2
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‘
k
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 24/04/2013

6189/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 giugno 2012 il Tribunale di Torre Annunziata ha condannato
D’Avanzo Carmela e De Angelis Michele alla pena di euro 300 di ammenda ciascuno per il reato
di cui agli articoli 110 c.p., 93 e 95 d.p.r. 380/2001 e 2 L.R. 7 gennaio 1983 n.9 per avere
eseguito lavori edilizi in zona sismica senza depositare prima del loro inizio gli atti progettuali
presso l’Ufficio del Genio Civile competente.

motivazione apparente e contraddittoria sulla sussistenza degli elementi probatori; il secondo
violazione degli articoli 93 e 95 d.p.r. 380/2001 e 2 L.R. 7 gennaio 1983 n.9, adducendo che il
fatto non sussiste o comunque non costituisce reato per cui gli imputati meritano assoluzione,
quantomeno ex articolo 530, secondo comma,c.p.p.; il terzo chiede la revoca della concessa
sospensione condizionale della pena, poiché il beneficio non era stato richiesto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo adduce vizio motivazionale in ordine alla sussistenza di un compendio
probatorio adeguato in ordine alla responsabilità dei ricorrenti per il reato per cui sono stati
condannati. In particolare, lamenta il ricorrente che non sarebbe stato fatto riferimento al titolo
di proprietà dell’immobile (per cui non è comprensibile dalla sentenza chi sia effettivamente il
proprietario) né alla committenza delle opere in questione; né sarebbe chiaro il ragionamento
che ha condotto alla condanna di entrambi gli imputati. La doglianza non corrisponde
all’effettivo contenuto della motivazione della sentenza impugnata, che pur sinteticamente si
richiama, da un lato, all’acquisizione del titolo di proprietà (pagina 1) e dall’altro al verbale di
sequestro e alle dichiarazioni testimoniali di Milano Saverio dell’Ufficio Tecnico comunale,
concludendo nel senso della “accertata qualità di proprietari e committenti” di entrambi gli
imputati (pagina 3).

2. Ha presentato ricorso il difensore, fondandolo su tre motivi: il primo motivo denuncia

Il secondo motivo, pur rubricato come violazione di legge, patisce un contenuto puramente
fattuale, asserendo carenze probatorie e proponendo quindi una versione alternativa dei fatti,
soprattutto quanto alla proprietà delle opere; ne discende una evidente inammissibilità.
Infine, il terzo motivo chiede la revoca della sospensione condizionale della pena pecuniaria
perché il beneficio, che non era stato richiesto, potrebbe risolversi “nella malaugurata ipotesi di
commissione di un successivo reato” nell’impossibilità di fruirne di nuovo, anche per reati
sanzionati più gravemente. Non può valere come interesse giuridico qualificato l’eventualità
della commissione di ulteriori reati, solo una lesione di interesse giuridico qualificato,
d’altronde, legittimando l’imputato a impugnare la concessione del beneficio (cfr. Cass. sez.III,

02

6 dicembre 2012 n. 47234; Cass. sez.III, 13 aprile 2012 n. 24356; Cass. sez.III, 13 luglio
2010 n. 27039; Cass. sez.I, 18 febbraio 2009 n. 13000; Cass. sez.I, 9 gennaio 2001 n. 9515).
In conclusione, da quanto esposto emerge la inammissibilità del ricorso, cui consegue la
condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente
grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data
13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si

favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 24 aprile 2013

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

dispone che ogni ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in

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