Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37352 del 21/06/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37352 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
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1) Guarinolearnieloi nato il 14/06/1983;

Avverso l’ordinanza emessa il 04/04/2017 dal Tribunale di sorveglianza di
Trieste;

Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della dott.ssa
Felicetta Marinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 21/06/2018

RILEVATO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Trieste rigettava
l’impugnazione proposta da Giuseppe Guarino avverso il provvedimento con cui il
Magistrato di sorveglianza di Udine aveva respinto il reclamo con cui venivano
censurate le modalità di controllo della corrispondenza da parte della direzione
della Casa circondariale di Tolmezzo, presso la quale il reclamante – soggetto
sottoposto al regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen. – risulta

Tali censure venivano proposte dal ricorrente con specifico riferimento a una
missiva che era stata indirizzata al reclamante da un altro detenuto, Alessio
Attanasio.

2. Avverso tale ordinanza Giuseppe Guarino ricorreva personalmente per
cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, conseguenti al
fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo
che desse esaustivamente conto delle ragioni per cui venivano limitate le
esigenze di riservatezza, costituzionalmente garantite, in materia di
corrispondenza dei detenuti, che non potevano essere compresse nemmeno per i
detenuti sottoposti al regime speciale previsto dall’art. 41-bis Ord. Pen.
Secondo il ricorrente, l’illegittimità delle attività di controllo sulla
corrispondenza eseguite nei suoi confronti era resa evidente dal fatto che le
verifiche in questione venivano eseguito con la collaborazione del Gruppo
Operativo Mobile in servizio presso la Casa circondariale di Tolmezzo, tra i cui
compiti istituzionali non vi era quello oggetto di vaglio.
Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da Giuseppe Guarino è inammissibile, risultando
basato su motivi manifestamente infondati.

2. In via preliminare, deve rilevarsi che il controllo affidato al giudice di
legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale
e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere
ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo
logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee argomentative del
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detenuto.

provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici
da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. U,
28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
Alla luce di tali parametri ermeneutici, questa Corte osserva che il ricorso di
Guarino non individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre
a censura giurisdizionale, ma tende a provocare una nuova e non consentita
valutazione nel merito dei presupposti applicativi del provvedimento tit
t212~ adottato dal Magistrato di sorveglianza di Udine, che appare emesso

Osserva, in proposito, il Collegio che, come costantemente affermato da
questa Corte, non sussiste alcuna posizione di diritto soggettivo del detenuto
tutelabile con lo strumento del reclamo giurisdizionale in relazione alle questioni
che coinvolgono, come nel caso in esame, la sicurezza dei soggetti sottoposti al
regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis Ord. pen. In questi casi, infatti, la
posizione soggettiva del detenuto risulta cedevole rispetto al preminente
interesse dello Stato alla tutela della collettività sotto il profilo della sicurezza
pubblica (Sez. 1, n. 39966 dell’11/06/2014, Pariante, Rv. 260357; Sez. 1, n.
32842 del 04/06/2014, Licciardi, Rv. 260808).
L’insussistenza di una posizione di diritto soggettivo del detenuto deriva
dall’insindacabilità delle determinazioni adottate dell’Amministrazione
penitenziaria nell’esercizio dei poteri discrezionali funzionali alla tutela delle
esigenze di sicurezza e ordine interno dell’istituto di pena, che assumono un
rilievo valutativo ancor più rilevante laddove le pretese azionate dal detenuto
riguardino, come nel caso di Guarino, un soggetto sottoposto al regime detentivo
speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen.
In questa cornice, deve rilevarsi che, nel caso di specie, il controllo sulla
corrispondenza di Guarino veniva svolto nel rispetto del dettato normativo,
atteso che il direttore della Casa circondariale di Tolmezzo, delegato dall’autorità
giudiziaria a eseguire le verifiche di cui all’art. 18-ter, comma 1 Ord. Pen. – a
tenore del quale: «Per esigenze attinenti le indagini o investigative o di
prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto,
possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un
periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi
[…]» – si avvaleva legittimamente della collaborazione del Gruppo Operativo
Mobile in servizio presso la stessa struttura penitenziaria, che non operava
autonomamente ma nel contesto della delega che il responsabile della struttura
penitenziaria in esame aveva ricevuto dall’autorità giudiziaria.
Tale collaborazione, invero, risponde a esigenze di efficienza del controllo
eseguito, pienamente rispettose della previsione dell’art. 18-ter Ord. Pen., atteso
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nel rispetto delle risultanze processuali.

che il personale del Gruppo Operativo Mobile risulta dotato di un bagaglio
professionale e conoscitivo che, come correttamente osservato nel
provvedimento impugnato, lo rende «idoneo a fornire un significativo contributo
nella parte valutativa del controllo […]».
Si consideri, in proposito, che il funzionamento del Gruppo Operativo Mobile
è stato definito normativamente con decreto ministeriale emesso il 14 febbraio
1999. Tale organismo – che ha sede a Roma e dispone di 12 reparti operativi
periferici costituiti all’interno degli istituti penitenziari – è chiamato a vigilare

opera alle dirette dipendenze del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria.
Né la composizione professionale del Gruppo Operativo Mobile appare
ostativa allo svolgimento dei compiti oggetto di vaglio, atteso che, secondo
quanto espressamente previsto dall’art. 3, comma 1, del D.M. 4 giugno 2007,
tale organismo è esclusivamente composto da personale appartenente ai ruoli
dirigenziali del Corpo di polizia penitenziaria, che opera, all’interno degli istituti
penitenziari, in stretto collegamento con i vertici delle singole strutture.
Non sussistono, inoltre, dubbi in ordine alle competenze assegnate al
Gruppo Operativo Mobile, certamente pertinenti alla materia che si sta
considerando, tenuto conto del fatto che Guarino risulta sottoposto al regime
speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen., che risultano espressamente disciplinate
dal D.M. 4 giugno 2007.
Tale decreto, secondo quanto previsto dall’art. 2 del D.M. 4 giugno 2007, ha
attribuito all’organismo penitenziario in questione la custodia dei detenuti
sottoposti al regime speciale previsto dall’art. 41-bis Ord. Pen. e dei detenuti che
collaborano con la giustizia di maggiore esposizione a rischio; la gestione, la
traduzione e i piantonamenti dei detenuti ad altissimo indice di pericolosità, che
possono essere effettuati, per motivi di sicurezza e riservatezza, con modalità
operative derogatorie delle vigenti disposizioni amministrative; lo svolgimento di
interventi straordinari, effettuati, su disposizione del Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria, in ogni altro caso determinato dall’esigenza di
fronteggiare gravi situazioni gestionali.

3. Per queste ragioni, il ricorso proposto da Giuseppe Guarino deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 2.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

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sulla corretta applicazione del regime speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen. e

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila alla Cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Ale7n ro Centonze

Adriano Iasillo

CORTE SUPREMA D! CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

Depositata in Cancelleria oggi
Roma, lì

AGO. 2018

Così deciso il 21/06/2018.

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