Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37351 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37351 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ROSI ELISABETTA

Data Udienza: 24/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LIMATA SALVATORE N. IL 30/09/1942
MENICHETTI RICCARDO N. IL 29/11/1953
avverso la sentenza n. 667/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
05/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
sona del Dott.
Udito il Procuratore Ge rale in
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Uditi difensor Avv.

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RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 5 marzo 2012, in parziale
riforma della sentenza del 12 novembre 2010 del Tribunale di Macerata ha
assolto Lepore Pasquale dal reato ascritto per non avere commesso il fatto e ha
confermato la condanna di Limata Salvatore e Menichetti Riccardo per il reato di
cui all’art. 1, c 1 e 3 legge n. 401 del 1989, perchè il primo in qualità di
allenatore, il secondo quale proprietario della scuderia Razza dell’Olmo,
compivano atti fraudolenti volti a raggiungere un risultato diverso da quello

somministrando al cavallo River Madness, partecipante alla competizione
sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dall’UNIRE, la sostanza
proibita denominata Flunixin, influendo anche sulle scommesse regolarmente
esercitate, in quanto detto animale arrivava primo alla competizione, fatto
accertato in Corridonia, il 25 luglio 2005.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, tramite il loro
difensore, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi: 1) Violazione di
legge per mancata ammissione della prova decisiva a discarico ai sensi dell’art-.
495, c 2 c.p.p., in relazione alle testimonianze sulle circostanze riferite nella
dichiarazione autografa di Daniel Favriaux , del medico veterinario Iannarelli di
Roma e di Polini Silvano consegnatario del cavallo, dal quale sarebbe emerso che
il proprietario effettivo del cavallo era il Favriaux stesso e che la
somministrazione delle sostanze al cavallo, all’insaputa di Menichetti e Limata,
era opera sua; mentre il Polini avrebbe potuto testimoniare che Menichetti non
era presentepGrridonia il giorno della gara; 2) Inosservanza ed erronea
applicazione e della legge penale in quanto la fattispecie contestata prevede il
dolo specifico mentre la decisione di condanna ha ritenuto sussistente l’elemento
psicologico sotto l’aspetto del dolo eventuale; inoltre mancherebbe l’elemento
della frode, che richiede nel caso specifico la consapevolezza degli effetti del
farmaco; 3) Erronea applicazione della legge penale in quanto i giudici avrebbero
ritenuto integrato il fatto tipico sulla base del risultato positivo delle analisi
dell’urina del cavallo, senza alcuna prova quanto agli effetti del farmaco sull’esito
della gara; 4) Manifesta illogicità della motivazione sul medesimo punto, per
mancanza di esame delle tesi scientifiche relative agli effetti del farmaco
antinfiammatorio; 5) Difetto assoluto di motivazione circa gli specifici motivi di
appello; 6) Vizio di motivazione in relazione alla posizione di Limata, in quanto lo
stesso aveva delegato la gestione dei cavalli a Mtnichetti, suo allenatore di
fiducia e procuratore della scuderia.
3.

Per la posizione di Limata ha proposto ricorso anche altro difensore

lamentando: 7) Nullità della sentenza per difetto e contraddittorietà della
motivazione con riferimento alla sentenza ed alle testimonianze acquisite in

P

conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione Premio di Chieti,

primo grado, essendo la responsabilità fondata solo sulla qualità di proprietario
dell’animale; 8) Nullità per mancata assunzione di una prova decisiva, connessa
al fatto che non era stato possibile risalire al tempo della somministrazione della
sostanza ed al quantitativo del farmaco somministrato; 9) Violazione della legge
penale, in quanto la sentenza avrebbe affermato la responsabilità per un delitto
doloso in base al criterio di verosimiglianza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

condotte alternative: quella di chi “offre o promette danaro o altra utilità o
vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata
dalle federazioni riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale, CONI, dall’Unione
italiana per l’incremento delle razze equine, UNIRE, o da altri enti sportivi
riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad esso aderenti, e quella di chi
commette “altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo”, che è quello di
“raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale
svolgimento della competizione”. Pertanto, la condotta di somministrazione di
sostanze dopanti ad un cavallo prima della partecipazione ad una delle gare
organizzate dall’UNIRE o da altra associazione ad esso aderente può rientrare
nella fattispecie criminosa, così come, in diversa ipotesi, la somministrazione di
altre sostanze che possano indurre la debilitazione di uno dei cavalli partecipanti
alla gara, trattandosi in entrambi i casi di condotte in linea teorica idonee ad
alterare fraudolentemente i risultati della gara stessa; naturalmente è necessario
che gli elementi probatori acquisiti nel corso del giudizio consentano di ritenere
riferibile agli imputati

sia la condotta fraudolenta di somministrazione del

farmaco con determinate modalità ed effetti, che l’intenzione di alterare con tale
attività di doping il risultato della gara.
2. Orbene nella sentenza impugnata non emerge un apparato argomentativo che
dia conto della sussistenza di tali elementi e che sia quindi idoneo alla pronuncia
di responsabilità dei ricorrenti, neppure all’esito di una lettura congiunta con la
sentenza di primo grado, pur possibile in questa sede, poiché è stato affermato
che quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella
valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni,
la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella
precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo (Così, tra le
altre, Sez. 2, n. 5606 dell’8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181; Sez 1, n.
8868 dell’8/8/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997,
Ambrosino, Rv. 209145).
3. Piuttosto l’esame della sentenza mostra, innanzitutto, la mancata assunzione
di alcune prove, ritenute dai ricorrenti determinanti, che erano state richieste ai

1. Va premesso che l’art. 1 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, prevede due

giudici di secondo grado attraverso la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale,
e, soprattutto, l’assenza di una specifica motivazione sul punto. Se è ben vero,
infatti, che il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla
richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento e
quando ritenga invece di respingerla, può anche motivarne il rigetto in maniera
implicita, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o
negare la responsabilità penale (cfr. Sez. 3, n. 24294 del 25/6/2010, D.S.B., Rv.
247872; si veda anche Sez. 4, n. 47095 dell’11/12/2009, Sergio e altri, Rv.

prove testimoniali presentate con i motivi di appello (come del resto sintetizzate
nella parte del “Fatto” della motivazione sentenza a pag. 12), i giudici di secondo
grado, nelle due cartelle di motivazione, per esercitare il loro potere
discrezionale ex art. 603, c 1 c.p.p., si sono limitati a sottolinearé che “la
irrilevanza della dichiarazione di esclusiva responsabilità (assunta da tale Daniel
Favriauz) di terzi nella somministrazione del farmaco all’insaputa del proprietario
e dell’allenatore”, ancorando tale deduzione al valore dell’animale e quindi alla
circostanza che lo stesso fosse vigilato da possibili contatti da parte di terze
persone, e non hanno fornito alcuna spiegazione in ordine alle altre circostanze
addotte dagli imputati nell’atto di appello, quanto alla necessità o meno di
ascoltare gli altri testi; una compiuta motivazione era nel caso di specie
necessaria proprio perché il corpus motivazionale, per la sua lacunosità, non
consente di cogliere una motivazione implicita di rigetto della richiesta di
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Deve perciò essere accolto il primo
motivo di ricorso.
4. Risultano peraltro fondati anche il quinto ed il settimo motivo, con i quali si è
lamentato il difetto di motivazione in relazione agli specifici punti sottoposti alla
valutazione del giudice di secondo grado, difetto peraltro immediatamente
evidente anche perché a fronte di una sintesi del fatto estesa ed articolata in ben
15 pagine, ove sono ampiamente riassunti numerosi motivi di appello, la
motivazione del Collegio di secondo grado risulta condensata in sole due cartelle,
nelle quali è arduo cercare la risposta ai corposi motivi di gravame proposti, e le
cui argomentazioni includono anche le ragioni dell’assoluzione del fantino
Pasquale Lepore.
5. Anche le altre censure vanno accolte. In tema di sindacato del vizio della
motivazione, il compito del giudice di legittimità, che non deve certo sovrapporre
la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, è quello di stabilire
se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se
abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e
convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente

245996), nel caso in esame, a fronte delle articolate richieste di assunzione di

applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno
giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
Dalla verifica condotta sulla compattezza logica dell’impianto argomentativo della
motivazione, emerge, invece, che la sentenza impugnata non solo non è
sufficientemente motivata sui punti che erano stati sottoposti a censura con
l’atto di appello (compresi quelli relativi alla sussistenza degli elementi costitutivi
del reato ascritto), ma contiene delle deduzioni logiche del tutto discutibili,
soprattutto

se

si

considera

l’utilizzo

di

termini

quali

“verosimile”,

titolo di dolo, tanto più, in quanto la fattispecie contestata richiede la sussistenza
del dolo specifico. Infatti la giurisprudenza ha evidenziato che il reato di cui si
discute tutela la genuinità del risultato delle competizioni sportive, nel rispetto
dell’alea che alle predette competizioni è correlata, e richiede il “dolo specifico,
consistente nel fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al
leale e corretto svolgimento della competizione” (cfr. Sez.2, n. 21324 del
29/3/2007, dep. 31/5/2007, P.G. in proc. Giraudo, Rv. 237030).
Pertanto la sentenza va annullata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per
un nuovo esame .

PQM

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per
nuovo esame

Così deciso in Roma, il 24 aprile 2013.

“probabilmente”, che non possono far parte di una valutazione di colpevolezza a

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