Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37348 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37348 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CASTORINA Salvatore, nato a Catania il 11/6/1983
avverso la sentenza del 4/6/2012 della Corte di appello di Catania, che
sull’appello del Pubblico ministero e dell’imputato avverso la sentenza emessa al
termine di rito abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Catania in data 8/7/2011, ha escluso la circostanza prevista dal comma 5
dell’art.73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e, concesse le circostanze attenuanti
generiche con giudizio di equivalenza, ha fissato la pena in 4 anni di reclusione e
18.000,00 euro di multa;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Maria Grazia Ciaramitaro in sostituzione dell’avv.
Giuseppe Rapisarda, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 4/6/2012 la Corte di appello di Catania, sull’appello del
Pubblico ministero e dell’imputato avverso la sentenza emessa al termine di rito
abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania in data

Data Udienza: 18/04/2013

8/7/2011, ha escluso la circostanza prevista dal comma 5 dell’art.73 del d.P.R. 9
ottobre 1990, n.309 e, concesse le circostanze attenuanti generiche con giudizio
di equivalenza, ha fissato la pena in 4 anni di reclusione e 18.000,00 euro di
multa.
2. Avverso tale decisione il sig. Castorina propone ricorso tramite il
Difensore, in sintesi lamentando:
Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento

1990, n.309, difettando in atti la prova della tipologia e quantità della sostanza e
non ponendosi la condotta dell’imputato al di fuori di quei parametri di “minima
organizzazione” necessaria per procedere alla cessione della sostanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene che il ricorso sia infondato e vada rigettato.
1. Premesso qualora difettasse in atti la prova circa la natura e la quantità
della sostanza si sarebbe in presenza di carenza probatoria che attiene alla
stessa sussistenza del reato, mai contestata dal ricorrente, e premesso che tale
censura viene oggi solo genericamente prospettata, la Corte rileva che la Corte
di appello ha tenuto conto delle modalità del fatto come elemento dirimente
rispetto alla questione avanzata dal Pubblico ministero impugnante. Le modalità
di confezionamento e occultamento della sostanza e del bilancino utilizzato e la
presenza di sostanza stupefacente allo stato grezzo sono stati ritenuti, non
illogicamente, elementi che depongono, da un lato, per la non occasionalità
dell’attività di cessione e per una sua attenta programmazione e, dall’altro, per
l’inserimento dell’imputato in un contesto di commercio di droga non marginale.
2. La diversa valutazione operata dai giudici di appello si fonda sui medesimi
elementi di fatto che il Tribunale aveva apprezzato in termini più favorevoli
all’imputato per quanto riguarda la gravità della fattispecie storica. Dal momento
che la Corte di appello ha fornito di tale valutazione una motivazione coerente e
immune da vizi logici, debbono trovare qui applicazione i principi interpretativi in
tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione dei concetti di
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché in tema di
travisamento del fatto che sono contenuti nelle sentenze delle Sez.Un., n.2120,
del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e n.47289 del
2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva di ordine generale va, dunque,
seguita la costante affermazione giurisprudenziale del principio secondo cui è
“preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a
2

all’esclusione della circostanza prevista dall’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre

fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
3. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
respinto, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al
pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Così deciso il 18/4/2013

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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