Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37347 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37347 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CAVAZZA Claudio, nato a Castelfranco Emilia il 21/10/1958
avverso la sentenza del 7/5/2012 della Corte di appello di Venezia, che, in
parziale riforma della sentenza emessa ex art.442 cod. proc. pen. dal Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Vicenza in data 28/6/2001, ha escluso la
circostanza aggravante prevista dall’art.80 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e
ridotto nei confronti del sig. Cavazza la pena a sei anni di reclusione e 28.000,00
euro di multa in relazione ad attività di detenzione e cessione continuata e in
concorso di circa 2,2 chilogrammi di cocaina, fatti commessi nel giugno 1996;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Gianpaolo Verna, che ha concluso chiedendo
accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7/5/2012 la Corte di appello di Venezia, in parziale
riforma della sentenza emessa ex art.442 cod. proc. pen. dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Vicenza in data 28/6/2001, ha escluso a carico del

Data Udienza: 18/04/2013

sig. Cavazza la circostanza aggravante prevista dall’art.80 del d.P.R. 9 ottobre
1990, n.309 e ridotto nei suoi confronti la pena a sei anni di reclusione e
28.000,00 euro di multa in relazione ad attività di detenzione e cessione
continuata e in concorso di circa 2,2 chilogrammi di cocaina, fatti commessi nel
giugno 1996.
2. Avverso tale decisione il sig. Cavazza propone ricorso tramite il
Difensore, in sintesi lamentando l’esistenza di una manifesta illogicità della
motivazione nella parte in cui ritiene che le dichiarazioni dei coimputati

l’inverosimiglianza del racconto e l’assenza di elementi di riscontro effettivi e
convincenti, così omettendo di dare effettiva risposta alle questioni prospettate
con l’impugnazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il contenuto dei motivi di ricorso impone alla Corte di ricordare in via
preliminare che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo
della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può
costituire un terzo grado volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di
contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla
sentenza delle Sezioni Unite Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio
1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno
definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
(n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può
essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007 della
Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica
introdotta dalla legge n.46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico
ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello
costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni
giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è “rimedio (che) non
attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece)
dall’appello”.
Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha “la
pienezza del riesame di merito” che è propria del controllo operato dalle corti di
appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art.606, lett. e) c.p.p. non
autorizzi affatto il ricorrente a fondare la richiesta di annullamento della sentenza
di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione
della vicenda oggetto di giudizio.

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consentano di ricostruite i fatti in modo lineare e non apprezza, invece,

Ancora successivamente alla modifica della lett.e) dell’art.606 c.p.p.
apportata dall’art.8, comma primo, lett.b) della legge 20 febbraio 2006, n.46,
l’impostazione qui ricordata è stata ribadita da plurime decisioni di legittimità, a
partire dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n.23419 del 23 maggio-14
giugno 2007, P.G. in proc.Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n.
24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto
convincente la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è “preclusa al
giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della

valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006,
Bosco, rv 234148).
2. Così fissati i principi che presiedono all’esame dei motivi di ricorso, la
Corte rileva come i giudici di appello abbiano evidenziato che le dichiarazioni
accusatorie sono state raccolte nel contraddittorio davanti al giudice che aveva
ammesso il rito abbreviato “condizionato”, e in quella sede sottoposte a critica,
ed abbiano poi illustrato le ragioni che conducono a ritenere le accuse credibili e
sorrette da profili di compatibilità coi dati storici della vicenda. Sulla base di
questi elementi i giudici di appello hanno confermato il giudizio di responsabilità
operato dal primo giudice e ritenuto non convincenti le prospettazioni
dell’imputato.
3. Si tratta di valutazioni di merito che, logicamente motivate, sono
sottratte alla censura di questa Corte, dovendo trovare applicazione i principi
interpretativi in tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione dei
concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché in
tema di travisamento del fatto che sono contenuti nelle sentenze delle Sez.Un.,
n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e n.47289
del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva di ordine generale va, dunque,
seguita la costante affermazione giurisprudenziale del principio secondo cui è
“preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di

3

decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e

inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
4/2013

Così deciso il

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