Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37346 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37346 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
MARZO Graziano, nato a Polistena il 21/1/1987
avverso la sentenza del 12/4/2012 della Corte di appello di Reggio Calabria, che
ha confermato la sentenza emessa a seguito di rito abbreviato dal Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Locri in data 24/11/2011, con la quale il
sig. Marzo è stato condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti
generiche, delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di tre anni e otto
mesi di reclusione e 16.000,00 euro di perché colpevole del reato previsto dagli
artt.110 cod. pen. e 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, accertato il 23/7/2011,
per avere coltivato 1.522 piantine di canapa indiana;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 12/4/2012 la Corte di appello di Reggio Calabria ha
confermato la sentenza emessa a seguito di rito abbreviato dal Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Locri in data 24/11/2011, con la quale il
sig. Marzo è stato condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti

Data Udienza: 18/04/2013

generiche, delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di tre anni e otto
mesi di reclusione e 16.000,00 euro di perché colpevole del reato previsto dagli
artt.110 cod. pen. e 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, accertato il 23/7/2011,
per avere coltivato 1.522 piantine di canapa indiana.
2. Avverso tale decisione il sig. Marzo propone personalmente ricorso, in
sintesi lamentando:
a. Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b), c) e d) cod. proc. pen. con
riferimento all’art.192 e all’art.360 cod. proc. pen. e vizio di motivazione ai

operazioni di consulenza, effettuate con modalità irripetibili in assenza del
difensore e senza il rispetto delle forme previste dall’art.83 disp. att. cod.
proc. pen. in ordine alle attività di campionatura;
b. Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento
all’effettuazione di sequestro probatorio senza il rispetto delle garanzie
previste dalla legge in favore dell’indagato;
c. Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riferimento
all’art.192 cod. proc. pen. sia sotto il profilo dell’assenza di prova del
rapporto fra il ricorrente e la coltivazione, essendo puramente casuale la sua
presenza sul luogo al momento dell’intervento, sia sotto il profilo dell’assenza
di maturazione delle piante e del formarsi del principio attivo, la cui sola
presenza giustifica la sanzione penale, così che deve ritenersi carente ed
errata la motivazione della sentenza, che non risponde alle censure mosse
coi motivi di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene che tutti i motivi di ricorso siano manifestamente infondati.
1. In primo luogo deve considerarsi che l’assenza di motivazione in ordine
alla applicazione al caso in esame dell’art.83 delle disp. att. cod. proc. pen. non
comporta un vizio radicale della decisione, trovando applicazione i principi fissati
da questa Corte in ordine a tale profilo, principi che conducono alla manifesta
infondatezza della interpretazione sostenuta dal ricorrente.
2. In effetti, con ordinanza an.7676 del 16/2/2005, ricorrente Villella,
questa Corte ha affermato il principio secondo cui “La distruzione delle cose
sequestrate di cui sia pericolosa la custodia, secondo il combinato disposto
dell’alt. 260 comma terzo cod. proc. pen. e dell’art. 83 del D.Lgs. 28 luglio 1989
n. 271 (disp. att. cod. proc. pen.), non costituisce accertamento tecnico non
ripetibile, come tale soggetto alla disciplina dell’art. 360 del codice di rito, ma
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sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riguardo alla nullità delle

semplice adempimento esecutivo, che può essere attuato senza particolari
formalità. (Fattispecie relativa alla distruzione di esplosivi. In motivazione la
Corte ha precisato che per l’omissione dell’avviso al difensore, previsto dall’art.
83 disp. att. con riguardo alle sole ed eventuali operazioni di campionatura, non
è prevista alcuna sanzione processuale).
3.

Venendo ai successivi profili di censura, va rilevato che la polizia

giudiziaria ha proceduto a precisi rilevamenti dello stato dei luoghi, supportati
anche da immagini fotografiche, e ha dato luogo a un campionamento effettuato

così da raffigurare le caratteristiche dell’intera coltivazione. Tale documentazione
ha consentito alle parti e al giudicante di avere una rappresentazione delle
premesse in fatto della decisione.
Quanto al tema della mancata presenza del difensore, la Corte ritiene che
alla luce dei contenuti dei verbali redatti dalla polizia giudiziaria nel
contraddittorio con il ricorrente risulti corretta l’applicazione dell’art.356 cod.
proc. pen. in relazione al disposto degli artt.352 e 354 del medesimo codice. La
nomina di difensore di fiducia è avvenuta solo in un secondo momento ed è da
tale momento che operano le garanzie legate all’espletamento del mandato
fiduciario.
4. In conclusione deve escludersi che si sia in presenza di prove formate o
acquisite con modalità vietate dalla legge.
5.

Una volta esclusa l’esistenza di nullità che investano il materiale

probatorio, la Corte ritiene che l’impugnazione del ricorrente non prospetti alcun
effettivo interesse a una pronuncia di annullamento della decisione. E, invero, gli
accertamenti tossicologici condotti sulle sole quindici piantine sequestrate hanno
dato risultati in termini di presenza di principio attivo che rientrano fra quelli per
cui risulta integrata la fattispecie di reato; ciò indipendentemente da una
valutazione di maggiore quantità ottenibile attraverso la proiezione del dato
quantitativo accertato sul numero complessivo di piantine sequestrate e
distrutte, operazione cui il giudicante non ha proceduto e di cui il ricorrente non
può dolersi. Inoltre, la mancata applicazione dell’ipotesi attenuata prevista dal
quinto comma del citato art.73 non trova fondamento nel solo dato quantitativo
del principio attivo rilevato in sede tecnica, ma in una valutazione complessiva
della fattispecie storica, ivi comprese le modalità dell’azione e la potenzialità
offensiva di una condotta di coltivazione non occasionale o marginale, ma
effettuata su scala dimensionale come quella accertata. Si tratta di valutazione
che il giudicante ha effettuato in modo coerente coi dati processuali che è stata
sorretta da percorso motivazionale non manifestamente illogico, il che sottrae la
decisione a censure di fatto che sono precluse a questa Corte.

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secondo modalità che rispettassero le diverse dimensioni delle piante presenti,

6. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il /4/2013

P.Q.M.

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