Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37343 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37343 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
HOXHA Adrian, nato in Albania il 10/1/1976
avverso la sentenza del 17/11/2010 della Corte di appello di L’Aquila, che ha
confermato la sentenza con cui in data 14/11/2007 il Tribunale di Teramo lo ha
condannato alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione e 3.000,00 euro di multa,
pena condizionalmente sospesa, perché colpevole del reato previsto dall’art.73,
comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, commesso in data 11/5/2007;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;

í.41,10-eat
4 Vgi,
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,, che
ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17/11/2010 la Corte di appello di L’Aquila ha
confermato la sentenza con cui in data 14/11/2007 il Tribunale di Teramo ha
condannato il sig. Hoxha alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione e 3.000,00
euro di multa, pena condizionalmente sospesa, perché colpevole del reato
previsto dall’art.73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, commesso in
data 11/5/2007, per avere detenuto circa 20 grammi di cocaina in concorso con
altro connazionale.

Data Udienza: 18/04/2013

I giudici di appello hanno ritenuto non credibile né provato che l’imputato
fosse dedito all’uso di cocaina, che la somma di 670,00 euro trovata sulla sua
persona fosse ricompresa in quella consegnatagli dal datore di lavoro, che la
sostanza fosse destinata ad uso esclusivamente personale.
2. Avverso tale decisione il sig. Hoxha propone ricorso tramite il Difensore,
in sintesi lamentando:
a. errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per avere la
Corte di appello erroneamente escluso la destinazione della sostanza a uso

prova esiste che altra sostanza sia stata ceduta a terzi; il teste Di Paolantonio ha
dichiarato di avere pochi giorni prima consegnato al ricorrente la somma di
1.200,00 euro; il ricorrente ha prodotto una dichiarazione dei redditi da cui
risulta un imponibile di circa 65.000,00 euro; gli esiti delle analisi prodotte sono
compatibili con un utilizzo saltuario di cocaina;
b. vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere i
giudici di merito: a) in modo improprio ed erroneo utilizzato elementi di prova
formatisi nel separato giudizio a carico del coindagato e acquisiti ex art.238 e
511-bis cod. proc. pen., norme che se interpretate nel senso seguito dalla Corte
di appello devono essere considerate costituzionalmente illegittime; b) non
valutato che l’avvenuta restituzione della somma di 650,00 euro dimostra
l’assenza di condotte di “spaccio”; c) omesso di fornire adeguata argomentazione
sull’entità della pena inflitta
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

La Corte ritiene di prendere le mosse dall’esame della questione di

illegittimità costituzionale, che deve essere considerata generica e manifestamente infondata. Difettano, infatti le stesse premesse in fatto che fondano
l’intera argomentazione difensiva, posto che il sequestro del bilancino venne
operato nell’unico procedimento, con la conseguenza che i diritti della difesa non
possono certo dirsi violati a seguito della successiva separazione degli atti con
formazione di autonomo procedimento.
2.

Meritano, invece, accoglimento le censure relative al ragionamento che

ha condotto all’affermazione di responsabilità penale.
Va premesso che non risulta logicamente immune da vizi l’affermazione dei
giudici di merito secondo cui le dichiarazioni del sig. Di Paolantonio circa la
consegna di denaro all’imputato a fronte della fattura da lui emessa (e prodotta
in giudizio dalla difesa) non giustifichino la presenza della somma di oltre 600
euro sulla persona dell’imputato stesso e non siano compatibili con l’acquisto

2

personale: la sostanza era contenuta in due confezioni di uguale peso e nessuna

della sostanza, riferita come corrispondente a un costo di circa 500-660,00 euro
per ciascuno dei detentori. L’argomento secondo cui il datore di lavoro ha riferito
di una causale (pagamento di affitto) diversa da quella dichiarata dal sig. Hoxha
all’autorità giudiziaria è argomento che prova troppo; se davvero l’imputato
avesse avuto necessità della somma per procurarsi la sostanza stupefacente,
certo non avrebbe riferito tale causale al sig. Di Paolantonio, così che si è in
presenza di contrasto solo apparente che non può essere addotto per respingere
la versione difensiva.

la somma di 650,00 euro appare palesemente incoerente con la ricostruzione che
ha condotto alla condanna per essere provata l’esistenza di una condotta di
detenzione finalizzata allo “spaccio” della sostanza stupefacente. Se si ritiene che
per detta somma non vi è prova di illecita provenienza, non può concludersi che
gli importi oggetto di dichiarazione annuale dei redditi e la prova della ricezione
del denaro da Di Paolantonio risultano ininfluenti rispetto alla genesi e alla
destinazione della sostanza sequestrata.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono la Corte ritiene che la
sentenza debba essere annullata e gli atti rinviati al giudice di merito che, alla
luce dei principi affermati con la presente decisione, procederà a nuovo giudizio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia.
Così deciso il 18/4/2013

3. A ciò di aggiunga che la decisione dei giudicanti di restituire all’imputato

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