Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37343 del 15/06/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37343 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TRONCONI GIANFRANCO nato a CESENA il 24/02/1993

avverso l’ordinanza del 06/02/2018 del TRIBUNALE di FORLI’
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUS PE
lette/sentite le conclusioni el PG

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Data Udienza: 15/06/2018

Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Forlì, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di
Gianfranco Tronconi di dichiarazione della illegittimità degli ordini di esecuzione di pene
concorrenti emessi dalla locale Procura della Repubblica il 26 settembre e il 17 ottobre 2017. Il
fatto che il condannato si trovasse in regime di arresti domiciliari per una sola delle condanne di
cui al cumulo e in stato di libertà in relazione agli altri reati oggetto delle condanne non giustifica
la scissione del cumulo per la predisposizione di un diverso provvedimento di esecuzione in
riguardo a tali ultimi reati, onde consentirgli di attendere in stato di libertà la concessione di una

due e giorni cinque di reclusione, stabilendo espressamente la sospensione dell’esecuzione,
proprio per realizzare lo stesso intento perseguito dal condannato, ossia la possibilità di ottenere
i benefici indicati nell’articolo 656, comma 5, c.p.p., trattandosi di pena complessivamente
inferiore a tre anni.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di Gianfranco Tronconi, che ha
dedotto vizio di violazione di legge. Il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto disporre la scissione
delle pene concorrenti di cui alle condanne oggetto degli ordini di esecuzione emessi il 26
settembre e il 17 ottobre 2017, disponendo la permanenza agli arresti domiciliari esclusivamente
per la condanna per il reato di furto aggravato, per il quale era ancora in regime di arresti
domiciliari all’atto del passaggio in giudicato, e la sospensione dell’ordine di esecuzione in
relazione alle pene irrogate per l’altra condanna, al fine di consentire al condannato di proporre
istanza per ottenere una misura alternativa alla detenzione. Non risponde al vero che una tale
soluzione non comporterebbe alcun vantaggio, dato che Gianfranco Tronconi ha comunque fruito
della sospensione di tutte le pene detentive oggetto degli ordini di esecuzione. Infatti, la scissione
delle pene concorrenti gli avrebbe consentito di attendere in stato di libertà la decisione del
Tribunale di sorveglianza in merito alla concessione delle misure alternative in relazione alle
condanne per i reati in relazione ai quali non si trovava agli arresi domiciliari al momento del
passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del
ricorso.

Considerato in diritto
Il ricorso non merita considerazione per le ragioni di seguito esposte.
Il principio dell’unitarietà del rapporto esecutivo, anche a fronte di più condanne per reati
commessi in diversi periodi temporali, è stato più volte affermato nella giurisprudenza di
legittimità, con il richiamo alla necessità di emanare un unico provvedimento di esecuzione delle
plurime pene concorrenti.
Questa Corte ha a tal proposito stabilito che “ai fini dell’esecutività di una condanna a
pena detentiva, il pubblico ministero è tenuto ad emettere immediatamente ordine di
carcerazione e, quando esistano o sopravvengano più condanne per reati diversi, è tenuto altresì
a determinare la pena complessiva. Ne consegue che, anche nel caso di concorso di pene
1

misura alternativa. Infatti, il provvedimento impugnato computa una pena espianda pari ad anni

detentive brevi, ciascuna delle quali, singolarmente considerata, darebbe luogo a sospensione
del provvedimento di carcerazione in vista della possibile applicazione di benefici penitenziari,
non viene meno l’obbligo di provvedere al cumulo, con l’ulteriore conseguenza che, unificata la
pena, ove questa risulti superiore ai limiti di legge cui è subordinata la concessione delle misure
alternative richiedibili, la sospensione dell’esecuzione prevista dall’art. 656 c.p.p., come
modificato dalla legge n. 165 del 1998, non può essere più disposta” – Sez. I, 11 aprile 2017, n.
25483, Fontana, C.E.D. Cass., n. 270618 -.
In specifico riferimento al caso in cui il condannato, raggiunto da più condanne per reati

precisato che “la disciplina dettata dall’art.656, comma 10, c.p.p. (secondo cui, sussistendo le
condizioni indicate nel precedente comma 5, qualora il condannato si trovi agli arresti domiciliari
per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l’esecuzione
dell’ordine di carcerazione e trasmette gli atti al tribunale di sorveglianza per l’eventuale
concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare), non può trovare applicazione
nel caso in cui la pena da eseguire sia cumulata con altre; e ciò senza che in contrario possa
invocarsi il principio della scindibilità del cumulo ogni qual volta possa da ciò derivare un
vantaggio per il condannato, atteso che la sospensione dell’ordine di carcerazione, ai sensi della
disposizione normativa sopra citata, è funzionalmente preordinata al possibile conseguimento di
una misura alternativa alla detenzione, e una tale misura non può operare su una soltanto delle
pene concorrenti, ma esclusivamente sulla pena unica determinata sulla base di tutti i titoli
contemporaneamente esecutivi nei confronti del medesimo soggetto” – Sez. I, 21 gennaio 2000,
n. 440, De Pasquale, C.E.D. Cass., n. 215947 -.
È quindi del tutto infondata la pretesa di scissione del provvedimento di unificazione delle
pene concorrenti, correttamente emesso nel caso in esame anche alla luce della non trascurabile
considerazione che la pena da espiare complessivamente determinata è pari ad anni due e giorni
cinque di reclusione e che è stata espressamente stabilita la sospensione del provvedimento di
esecuzione in ragione appunto del quantum di pena espianda.
Il motivo di ricorso è, pertanto, manifestamente infondato, con conseguente
inammissibilità del ricorso.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma, equa al caso, di euro 2000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 g i uoinp_29118

Il consi li re estensore
Giuses

• antalucia

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

Depositata in Cancelleria oggi
Roma, n
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a punzionarAga , 9E-LLIERE

Il presidente
Adriano Iasillo

2

diversi, si trovi agli arresti domiciliari soltanto in riguardo a talune di esse, questa Corte ha

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